La procuratrice: "Il pensiero di uccidere lo aveva da qualche giorno"
Ha confessato tutto e ha ammesso il triplice omicidio il 17enne di Paderno Dugnano accusato di aver compiuto la strage uccidendo il fratello di 12 anni, il papà Fabio, 51 anni, e la mamma Daniela, di 49 anni. "Lui ha immediatamente ritrattato la versione iniziale e ha confessato i tre omicidi" spiega in conferenza stampa la procuratrice del tribunale per i minorenni di Milano, Sabrina di Taranto. "Lui ha parlato di un suo malessere, di un senso di estraneità rispetto al mondo. Si sentiva altro" aggiunge la pm.
Il ragazzo ha trascorso la sua prima notte nel carcere milanese Beccaria. Protetto e sorvegliato, il minore è assistito dagli psicologi per cercare di riportare a galla il movente del triplice omicidio. "ll pensiero di uccidere lo aveva da qualche giorno. Ci è sembrato molto lucido, ha capito che non può tornare indietro da quello che ha fatto", afferma ancora la procuratrice.
Per oltre un'ora, quasi un'ora e mezza tra qualche lacrima e tanta lucidità, il 17enne ha spiegato agli inquirenti e ai magistrati una strage premeditata, messa a segno domenica, poche ore dopo aver festeggiato il compleanno del padre. Con un "grosso coltello da cucina" avrebbe colpito prima il fratello che dormiva nella sua stessa stanza. Il 12enne "si sveglia" e le urla richiamano i genitori quindi, secondo la sua confessione, "colpisce la madre e solo quando lei si accascia inizia a colpire il padre che stava cercando di soccorrere la famiglia".
Gli inquirenti parlano di "tante coltellate, anche al collo" per ciascuna delle vittime, ma sarà l'autopsia a fornire dettagli più precisi. Poi ha chiamato il 118 e all'arrivo dei carabinieri della stazione di Paderno Dugnano lui, all’apparenza "sereno e lucido", era seduto sul muretto di ingresso, con i vestiti ancora sporchi di sangue.
Il post omicidio è "improvvisato": racconta di aver ucciso il padre che aveva accoltellato a morte il resto della famiglia, ma quando la versione scricchiola inizia subito la confessione di un ragazzo descritto come un bravo studente, appassionato di pallavolo: "In ambito familiare nulla era emerso fino a ieri".
“Il perché è la grande domanda di questo caso, ma è anche la risposta più difficile da raggiungere. Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente inteso, dal punto di vista sociologico sono aperte più strade. Anche lui non si dà una spiegazione logica", spiega la procuratrice a chi le chiede se il 17enne ha spiegato i motivi della strage.
Il compleanno del papà, festeggiato in casa solo poche ore prima, "è un elemento che potrebbe aver acuito un problema, può rappresentare un momento critico per chi sta soffrendo" è una sua riflessione. Sul movente, dunque, bisognerà, scavare. ""I giovani manifestano un malessere importante soprattutto negli aspetti che riguarda la socialità e purtroppo possiamo fare molto poco perché non possono rivolgersi direttamente a un consulto psicologo o psichiatrico” aggiunge la pm Ditaranto. Ora, mentre il 17enne - che ascoltava in continuazione “musica triste” - prende consapevolezza di quanto ha confessato, “la famiglia fa quadrato e si conferma molto sana”.
E' la telefonata del 17enne al 118 a spalancare la porta della villetta di via Anzio, dove vive la famiglia conosciuta e considerata assolutamente normale dai vicini. Il ragazzo chiede l'intervento dei soccorsi perché, dice, ha ucciso il padre. I sanitari allertano i carabinieri, quando i militari arrivano trovano 3 corpi: sono morti il padre di 51 anni, la madre di 48 e il fratello di 12. I decessi appaiono provocati da colpi inferti con arma da taglio. Il bambino, a giudicare dal numero di ferite, potrebbe essere stato ucciso per primo. Non ci sono segni di effrazione sulla porta, la casa non appare in disordine. Un coltello da cucina viene recuperato sulla scena del crimine, fuori dalla porta di casa.
Il 17enne, indagato inizialmente per la morte del padre, viene condotto in caserma e interrogato. Qui, confessa di aver commesso il triplice omicidio. Il ragazzo prima prova a scaricare la responsabilità sul padre, poi crolla ammette le proprie responsabilità.
"Gli psicologi che si occupano su quanto accaduto a Paderno Dugnano nei prossimi giorni avranno modo di approfondire le dinamiche che hanno portato questo ragazzo di 17 anni a compiere qualcosa che ci appare inaudito. Anche in questo caso le prime testimonianze parlano di un ragazzo 'normale' e quindi torna in ballo il raptus omicida di cui tanto spesso si parla. In genere la violenza si manifesta come tale in modo che appare improvviso ma ha una genesi che prepara il terreno. E' più facile parlare di 'pazzia improvvisa' ma anche i gesti più estremi ed incomprensibili hanno una storia che è importante capire. E capire non vuol dire giustificare, non si faccia confusione su questo, semmai è l'idea del raptus improvviso che serve a giustificare ed evitare di capire". Così all'Adnkronos Salute David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop), interviene su quanto accaduto a Paderno Dugnano.
Un'altra riflessione fondamentale "è legata al concetto di disagio psicologico, che spesso viene banalizzato - sottolinea Lazzari - si pensa che solo una malattia mentale grave è degna di attenzione e si sottovaluta. Una malattia che manda segnali eclatanti e che tutti possono vedere. Il disagio invece spesso grida in modo silenzioso ma che, se si vuole ascoltare, si può sentire. E può essere la manifestazione non tanto di deviazioni o rotture della psiche ma di una estrema povertà psicologica, una sorta di desertificazione che impedisce la costruzione di identità soggettive adeguate e crea un vuoto interiore a volte insostenibile. Sono temi che noi psicologi denunciamo da anni ma che fanno poco rumore se non in situazioni estreme".
Un "disagio dei nostri giovani che vediamo dappertutto intorno a noi ma sul quale si investe molto poco, basti pensare alla psicologia nella scuola che è ancora un miraggio - fa notare Lazzari - Quando il disagio è così diffuso e così poco ascoltato può capitare che qualcuno arrivi a gesti estremi, contro se stesso, il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani, o contro altre persone, a cominciare paradossalmente da quelle più vicine". Ovviamente "sono questi gesti che spaventano e allarmano, ed è giusto cercare di capire, ma se vogliamo fare qualcosa dobbiamo dare risposte al di là dei singoli tragici casi" conclude.