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Omicidio Sharon Verzeni, dal delitto alla confessione di Moussa Sangare: cosa sappiamo

Fermato il 31enne cittadino italiano di origini nordafricane: aveva 4 coltelli, per la procura ha agito con premeditazione

Sharon Verzeni
Sharon Verzeni
30 agosto 2024 | 15.09
LETTURA: 4 minuti

Ha visto Sharon Verzeni, l'ha accoltellata e l'ha uccisa senza motivo. A distanza di un mese dall'omicidio della donna di 33 anni, avvenuto tra il 29 e il 30 luglio a Terno d'Isola in provincia di Bergamo, un uomo di 31 anni ha confessato: Moussa Sangare, cittadino italiano, viveva a Suisio, un paese della bergamasca, distante appena cinque chilometri da Terno d'Isola. Era il fantomatico 'uomo in bici' ripreso dalle telecamere di sorveglianza: è stato fermato dai carabinieri nella notte e ha confessato.

Nella mattina de 29 agosto, Sangare era stato portato in caserma come testimone. La sua posizione, sulla base dell'indagini, è stata riesaminata. Quindi, fermato dai carabinieri, prima ha reso dichiarazioni spontanee e poi "in sede di interrogatorio la piena confessione", come ha spiegato la procuratrice facente funzioni di Bergamo, Maria Cristina Rota. Alle 4 di oggi è scattato il fermo, che corona gli ultimi giorni di indagini: "Non prevedevamo di avere un risultato in meno di 24 ore, ma sapevamo di essere sulla pista corretta", ha detto Rota.

Omicidio senza un movente

Ci sono elementi che inducono la procura a contestare la premeditazione: l'uomo "aveva 4 coltelli per colpire qualcuno". Le armi, con i vestiti indossati la notte dell'omicidio, sono stati trovati nell'Adda. Sangare è uscito di casa "con 4 coltelli e quindi l’obiettivo evidente era di andare a colpire qualcuno", ha spiegato Rota. Il reo confesso non ha fornito una motivazione per il proprio atto: "Sentiva l'impulso di accoltellare, sentiva il bisogno di compiere questo gesto. La signora ha avuto la sfortuna di passare di lì, si è trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato".

La ricostruzione, l'incontro e il delitto

Sangare avrebbe scelto Sharon Verzeni in maniera del tutto casuale, dopo aver tentato però di interagire con altre persone. L'uomo, "come da lui stesso dichiarato" avrebbe "puntato il coltello contro due ragazzini di 15-16 anni, minacciandoli". Proprio ai due giovani si è rivolta Rota, invitandoli in caso a"presentarsi in una caserma dei carabinieri o al comando provinciale per riferire se erano presenti e se effettivamente si è verificata questa minaccia". Prima dei due ragazzini - sempre stando a quanto ha confessato dal 31enne - l'uomo avrebbe "individuato un soggetto, a cui non sembra aver rivolto minacce". Dopo le minacce ai giovanissimi, nei cui confronti non ha intrapreso altre azioni, Sangare si è imbattuto nella sua vittima.

L'uomo quando l'ha incrociata su via Castegnate proveniva dalla direzione opposta, "evidentemente ha deciso di fare inversione di rotta e seguire la vittima fino al momento dell'aggressione", che non è stata ripresa dalle telecamere, con l'omicidio compiuto con 4 coltellate. Il 31enne è indagato anche per maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella. A quest'ultima in particolare avrebbe puntato contro un coltello. Dal momento della denuncia l'uomo non viveva più con le due donne.

I testimoni

"Le uniche dichiarazioni utili al fine dell’individuazione le hanno fornite due stranieri", ha detto Rota. "Le uniche dichiarazioni collaborative e spontanee che abbiamo avuto sono state quelle rese dai due stranieri", ha sottolineato.

I due testimoni si erano presentati spontaneamente in caserma due settimane fa per segnalare altri elementi sospetti. Ricostruendo i loro spostamenti nella notte i carabinieri del comando provinciale di Bergamo hanno ricostruito che i due dovevano essersi imbattuti nell’uomo in bicicletta sfrecciato su via Castegnate subito dopo l’omicidio di Sharon Verzeni.

I due sono stati quindi riconvocati e hanno "confermato il dato fornendoci una descrizione" del 31enne, identificato solo ieri, dopo essere stato rintracciato in strada a Chignolo d’Isola e portato in caserma come testimone.

Le parole della famiglia

Il caso è stato risolto anche se manca il tassello del movente. "A un mese dalla morte di nostra figlia la notizia di oggi ci solleva anche perché spazza via tutto le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon e di Sergio (Ruocco, il compagno della vittima, ndr)", le parole di Bruno Verzeni, padre di Sharon, che ha letto un breve comunicato. In queste settimane, Sergio Ruocco ha collaborato all'indagine rispondendo alle domande degli inquirenti e prendendo parte ai sopralluoghi. Solo ieri, accreditava la pista di un killer sconosciuto: "È giusto batterle un po' tutte le piste", diceva. Che l'omicidio fosse opera di qualcuno che non conosceva la vittima, il compagno lo aveva già ipotizzato "all'inizio".

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