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"Con Covid pazienti con psoriasi in gravi difficoltà"

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29 ottobre 2020 | 17.28
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Unghie rigate, forfora, macchie rosse, placche argentate e squamose, pelle secca che tende a rompersi e a sanguinare, prurito, dolore, bruciore alla pelle, in particolare su mani, gomiti e pianta dei piedi. Sono questi i primi segnali con i quali fa la sua comparsa la psoriasi, malattia infiammatoria cronica caratterizzata da una anomalia della crescita dell'epidermide, che può comparire e scomparire spontaneamente. Colpisce in Italia 2,5 milioni di persone (il 3% della popolazione), uomini e donne in egual misura anche se durante la pubertà e la menopausa le donne registrano un picco di incidenza. Di questi 2,5 milioni, il 10% è affetto dalla forma moderata-severa.

"Ma a questi pazienti in molti prestano attenzione solo in occasioni particolari come la Giornata mondiale della psoriasi che si celebra oggi 29 ottobre", afferma Gabriella Fabbrocini, professore di Malattie cutanee e veneree all’Università degli Studi di Napoli Federico II, in occasione del 29° Congresso europeo di Dermatologia, inizialmente previsto a Vienna e poi, a causa delle norme anti-Covid, in modalità virtuale.

"In realtà - prosegue - l'emergenza sanitaria in questi mesi ha reso in alcuni casi ancora più difficile la gestione della malattia, specie per i pazienti con psoriasi moderata-severa, per il mancato contatto diretto con il proprio dermatologo e per le problematiche di aderenza ad alcune terapie. Prima il lockdown, poi la fase due, quindi la situazione attuale hanno messo in seria difficoltà questi persone, a causa della sospensione dei ricoveri e delle attività ambulatoriali".

"In particolare in Campania, dove ci sono 180mila pazienti con psoriasi - aggiunge Fabbrocini - tali sospensioni sono state indette dall’Unita di Crisi, a causa dell’impennata dei contagi. Il momento è delicato ma molti di loro versano in condizioni gravissime e non possono permettersi di sospendere una terapia intrapresa dopo numerosi esami, il peregrinare da un ospedale all’altro e dopo tanti tentativi terapeutici non riusciti. Un calvario infinito".

"Per questo motivo, all’Università Federico II abbiamo monitorato e seguito i pazienti grazie all’utilizzo della telemedicina, che ci ha permesso di attivare una rete ospedale-medici-territorio. In questo modo siamo riusciti a snellire le procedure burocratiche e ad affollamenti negli ospedali dove il paziente è rimasto il meno possibile. Abbiamo anche prolungato l’orario di attività (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19, anziché fino alle 16 come in passato). Ma il Governo - sottolinea l'esperta - più che bloccare i ricoveri e le prestazioni dovrebbe incentivare tali misure e stabilire controlli e premiare chi le attua. Il teleconsulto è una risorsa ma non basta, le attività di accesso alle cure per tali pazienti cronici vanno comunque assicurate”.

Oltre alla comparsa delle grandi chiazze, la malattia ha anche un forte impatto sui disturbi dell’umore. "L’emergenza sanitaria da Sars-Cov-2 - continua Fabbrocini - ha colpito duramente questi pazienti anche dal punto di vista psicologico. La mancata prestazione significa per loro ridurre l’aderenza terapeutica, non saper gestire un effetto collaterale e lo stato di ansia e di stress influisce negativamente sulla malattia. Di qui la necessità di implementare la possibilità di raggiungere il centro di riferimento anche virtualmente. Secondo uno studio condotto dai ricercatori del dipartimento Dermatologia della Federico II lo stress da pandemia ha influito negativamente sul singolo paziente: abbiamo riscontrato un peggioramento della patologia, sia in termini di tipologia di sintomi che di estensione della malattia, nel 27% dei 1300 pazienti intervistati. Ecco perché bloccare oggi l’accesso alle cure nei centri di riferimento universitari a causa della pandemia è sbagliato e pericoloso".

Delle nuove terapie per la psoriasi, malattia che nelle forme più gravi è fortemente invalidante, si è parlato durante il 29° Congresso europeo di Dermatologia, in modalità virtuale. "I pazienti alcune volte si chiudono in un isolamento sociale - afferma Fabbrocini - perché si vergognano del loro aspetto. Se fai il commerciante o il salumiere e servi i clienti al banco, le chiazze psoriasiche sulle mani diventano motivo di grande imbarazzo. Oggi, però, un corretto inquadramento diagnostico e nuove terapie, come il Risankizumab, un anti-psoriasi che si sta dimostrando sicuro, rapido ed efficace rispetto ad altri trattamenti comunque innovativi, ci consentono di intervenire presto e bene dando al paziente spesso una risoluzione completa e un’ottima qualità della vita".

La prevenzione svolge un ruolo fondamentale: "Il dermatologo è un medico sentinella - conclude la docente della Federico II - e prevenire la psoriasi significa anche prevenire la sindrome metabolica. Cogliendo i primi segni dalla giovane età e instaurando terapie a base di vitamina A , prescrivendo lunghi ciclo di elioterapia e promuovendo un corretto stile di vita la malattia si può prevenire".

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