Come si è avvicinato ad un ambito complesso e sfidante come la trasformazione digitale?
Per attitudine e scelte illuminate. Queste ultime in realtà sono quelle di mio padre che, venendo da un percorso molto umile, ebbe la lungimiranza di mettermi di fronte al primo computer quando avevo 8 anni. Scherzo sempre con i miei colleghi internazionali del fatto che sono uno dei pochi ragazzi italiani che non ha mai imparato a giocare a pallone, ma ha sempre avuto un’attitudine per hardware e software.
Da piccolo, grazie all’intuizione di mio padre, ho lanciato uno dei siti sui Pokémon più seguiti d’Italia; le competenze acquisite da adolescente mi sono servite all’università, quando mi sono trovato a dover contribuire al bilancio familiare e a cominciare a costruirmi una carriera: potevo scegliere se trovarmi una serie di lavoretti o mettermi “a mercato” e sfruttare quelle competenze sul campo.
Sono partito quindi dalla cosiddetta “Digital Strategy” (marketing & vendite), dopodiché ho integrato le competenze in ambiti maggiormente strategici legati a tecnologie e processi “Digital Transformation”, lavorando con più di 50 clienti, in 13 diverse industrie e per diverse funzioni, sempre al livello dei CXO.