Settori riservati agli uomini. Ma, per le donne sole, la possibilità di guardare la sfida della Supercoppa italiana tra Juventus e Milan in Arabia Saudita, sedute sugli spalti in uno spazio tutto al femminile del 'King Abdullah Sports City Stadium' di Gedda, non c'è. Le donne infatti potranno assistere all'evento ed entrare allo stadio solo sedendo in settori speciali, quelli riservati alle famiglie. E la decisione presa per il super match tricolore in trasferta dalla Lega Serie A e dagli organizzatori sauditi manda su tutte le furie la politica italiana, con la richiesta ai vertici del calcio italiano di intervenire.
LE POLEMICHE - A sbottare in diretta su Facebook, il ministro dell'Interno e rossonero doc Matteo Salvini: "Che la Supercoppa italiana si giochi in un paese islamico - commenta - dove le donne non possono andare allo stadio, se non accompagnate dagli uomini, è una tristezza, una schifezza. Io - protesta - quella partita, Juve-Milan, non la guardo". "Ditemi voi - aggiunge poi a 'Radio Rai' - se la Super coppa italiana, in nome del business di qualche milione di euro, va giocata a migliaia di chilometri di distanza in un paese che evidentemente ha dei problemi, dove le donne possono andare allo stadio solo se accompagnate. Andare a giocare in un paese irrispettoso, illiberale e retrogrado, dove le donne non possono andare liberamente allo stadio, è davvero imbarazzante''.
Dello stesso tenore il commento della leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni: "Supercoppa italiana Juve-Milan in Arabia Saudita. Le donne possono andare solo accompagnate nel settore famiglie, da sole no, perché l'Islam non lo ammette. Quindi una donna italiana che volesse comprarsi il biglietto per vedere la partita da sola o con un gruppo di amiche, non può farlo. Ma che schifo è? Abbiamo venduto secoli di civiltà europea e di battaglie per i diritti delle donne ai soldi dei sauditi? La Federcalcio blocchi subito questa vergogna assoluta e porti la Supercoppa in una nazione che non discrimina le nostre donne e i nostri valori".
"Il nostro calcio - scrive su Facebook, Paolo Grimoldi, deputato della Lega e Vice presidente della commissione Esteri della Camera - ha chiuso malissimo il 2018 tra gravi violenze, ululati razzisti e vergognose scritte sulle stragi dell'Heysel, di Superga e di Scirea, ma sembra voler iniziare il 2019 ancora peggio, facendosi umiliare dall'Arabia Saudita, svendendo i nostri valori per pochi soldi. Gli organizzatori arabi fanno sapere che per la finale di Supercoppa Italiana del 16 gennaio tra Juventus e Milan, nello stadio di Jedda ci saranno posti per soli uomini e poi posti misti dove le donne potranno vedere la partita accompagnate da uomini. Roba da Medioevo. E il nostro calcio si fa umiliare così per pochi milioni? E il movimento calcistico femminile italiano non dice nulla? La Figc non ha niente da obiettare?".
"Lo sport, e il calcio è lo sport più seguito in Italia, dovrebbe trasmettere valori, ma il nostro calcio quali valori trasmette? La violenza, il razzismo e la rinuncia ai nostri principi pur di monetizzare qualche spicciolo con gli arabi? Juventus e Milan si oppongano a questa vergogna", conclude Grimoldi.
Indignata anche la senatrice di Leu, Laura Boldrini: "Le donne alla Super Coppa Italiana vanno allo stadio solo se accompagnate dagli uomini. Ma stiamo scherzando? I signori del calcio vendano pure i diritti delle partite ma non si permettano di barattare i diritti delle donne!". E duro anche il commento della deputata Pd (e calciatrice) Anna Ascani: "Amo il calcio. Da sempre. Giocavo a calcio da bambina. Gioco a calcio oggi. E tifo la mia squadra. Sul divano e allo stadio. Il fatto che sugli spalti della finale della #supercoppaitaliana ci saranno settori riservati ai 'soli uomini' e che le donne possano entrare solo accompagnate mi umilia. Si tratta di una discriminazione vergognosa e inaccettabile". Aggiunge la deputata: "Non so quanti soldi ci siano in ballo. So che la dignità delle donne non ha un prezzo. E so che la Lega Serie A e la FIGC Federazione Italiana Giuoco Calcio devono fermare questo scempio. Ad ogni costo".
Per il Pd interviene anche l'ex ministro dello Sport, Luca Lotti: "Più di due mesi fa avevo lanciato l’allarme sulla finale di Supercoppa italiana in Arabia Saudita. Oggi non posso che unirmi a quanti, in queste ore, stanno esprimendo la loro preoccupazione. Chi ama il calcio rifiuta tutte le barriere culturali. Sempre. #Supercoppa", scrive su Twitter. "Esprimo il mio più vivo disaccordo per la decisione, da parte della Lega Serie A, di far disputare la finale di Supercoppa italiana in uno stadio dove le donne potranno entrare solo se accompagnate da uomini ed assistere alla partita segregate in appositi recinti", rincara il sottosegretario presidenza del Consiglio con deleghe alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora. "Non è ammissibile - sostiene il Sottosegretario - che il calcio italiano finga di non vedere questa palese discriminazione di diritti. Lo sport deve infatti essere veicolo di diffusione di ben altri valori, come l’uguaglianza e la parità di genere. Venire meno a questi principi cristallizzati anche nella nostra Costituzione - conclude Spadafora - significherebbe perdere molto più che una finale. Gli interessi economici non possono prevalere sui diritti".
LA REPLICA DELLA LEGA SERIE A - Sulla questione interviene anche la Lega Serie A: "La nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo" ribatte il presidente della Lega calcio di Serie A, Gaetano Miccichè.
"Con il benestare di Fifa, Uefa e Confederazione asiatica stiamo andando a disputare una gara di calcio ufficiale in un Paese con proprie leggi sedimentate da anni, dove tradizioni locali impongono vincoli che non possono essere cambiati dal giorno alla notte. Sono ottimista per definizione, e guardo con fiducia al futuro e ai passi già fatti. La volontà in tal senso degli organizzatori locali ci è parsa subito netta, in Arabia Saudita nelle scorse settimane sono stati organizzati una serie di eventi sportivi per aprirsi gradualmente al mondo", ha spiegato il presidente della Lega calcio Serie A. "L’Arabia Saudita da molto tempo non concedeva visti turistici: il calcio ha sorpassato anche questi vincoli, e chi vorrà potrà venire dall’estero a vedere il match grazie a un permesso legato al biglietto della partita. Ogni cambiamento richiede tempo, pazienza e volontà di confronto con mondi distanti. Fino allo scorso anno le donne non potevano assistere ad alcun evento sportivo, da pochi mesi hanno accesso ad ampi settori dello stadio, che hanno iniziato a frequentare con entusiasmo, e noi stiamo lavorando per far sì che nelle prossime edizioni che giocheremo in quel Paese possano accedere in tutti i posti dello stadio. E voglio precisare che le donne potranno entrare da sole alla partita senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema: la nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo".
"Il calcio - aggiunge - fa parte del sistema culturale ed economico italiano e non può avere logiche, soprattutto nelle relazioni internazionali, diverse da quelle del Paese a cui appartiene. L’Arabia Saudita è il maggior partner commerciale italiano nell’area mediorientale grazie a decine di importanti aziende italiane che esportano e operano in loco, con nostri connazionali che lavorano in Arabia e nessuno di tali rapporti è stato interrotto".
"Il sistema calcio non può assurgere ad autorità sui temi di politica internazionale, né - sottolinea ancora - può fare scelte che non rispettino il sistema Paese. Al contrario, è un fondamentale supporto alla promozione del made in Italy e dei suoi valori. Il calcio non fa politica, ma ha un ruolo sociale, in questo caso di veicolo di unione e comunanza tra popoli che non ha uguali in nessun altro settore. In poche ore di prevendita la Supercoppa a Jeddah ha registrato il sold out, un evento di una portata internazionale atteso con grande entusiasmo dai tifosi locali".
"Credo sia doveroso fare il punto sulla decisione della Lega Serie A, e di tutti i Club associati, di disputare la prossima Supercoppa italiana il 16 gennaio a Jeddah. Questo trofeo, fin dal 1993 nella sua prima edizione all’estero, è stato il biglietto da visita per esportare e promuovere il calcio italiano nel mondo", ha spiegato Miccichè, aggiungendo: "Abbiamo giocato questa competizione due volte negli Stati Uniti, quattro volte in Cina, così come in Qatar e in Libia. La scelta di portare il calcio in aree che differiscono per cultura e per tipologie di governo non è una decisione solo italiana, ma ha altri esempi internazionali poiché lo sport ha sempre più bisogno di platee globali per crescere. Il caso Khashoggi, avvenuto lo scorso ottobre, dunque mesi dopo la definizione dell’accordo, ha posto la scelta dell’Arabia Saudita sotto i riflettori e doverosamente la Lega Serie A si è interrogata su cosa fosse giusto fare".
DONNE E CALCIO IN ARABIA SAUDITA - In Arabia Saudita, "le donne possono essere presenti alle partite di calcio negli stadi anche se non sono accompagnate da uomini. Siedono nel 'settore famiglie' che è un'area designata per le donne che non sono accompagnate da uomini o per le famiglie" precisa in un'intervista ad Aki-Adnkronos International la giornalista saudita Lulwa Shalhoub, commentando le affermazioni di Salvini. "Le donne hanno iniziato a recarsi negli stadi a gennaio 2018", aggiunge la giornalista.
Lo scorso 12 gennaio per la prima volta in Arabia Saudita le donne hanno potuto assistere allo stadio King Abdullah di Gedda a una partita del campionato di calcio locale. Le tifose sono entrate attraverso ingressi riservati e sono state 'confinate' nel settore 'famiglie'.
La svolta sui cancelli degli stadi aperti alle donne era stata annunciata a ottobre 2017 dall'Autorità generale saudita per lo Sport che ha autorizzato le saudite a entrare negli impianti King Fahd Stadium, nella capitale Riad, King Abdullah International Stadium, a Gedda, e Prince Mohammed Bin Fahd Stadium, a Dammam.
L'Arabia Saudita resta comunque il Paese della segregazione dei sessi, dove molti edifici hanno ingressi separati per donne e uomini ed è il Paese in cui le donne sono sottoposte al sistema della tutela: i 'guardiani' delle saudite sono i padri, i mariti, i fratelli che devono dare loro il permesso anche per studiare o viaggiare.