Terapia genica efficace contro l'adrenoleucodistrofia cerebrale (Cald), la forma più devastante della malattia genetica rara che nel 1992 ispirò il film 'L'Olio di Lorenzo'. Protagonista la drammatica lotta degli Odone, una famiglia americana, per salvare il loro bimbo colpito dalla patologia all'età di 5 anni. In uno studio pubblicato sul 'Nejm', ricercatori del Dana-Farber/Boston Children's Cancer and Blood Disorders Center Hospital e del Massachusetts General Hospital hanno dimostrato che il trattamento sperimentale è in grado di frenare la progressione della Cald nell'88% dei pazienti. Nel trial, finanziato dall'azienda Usa Bluebird Bio, 15 bambini su 17 conservavano funzioni neurologiche stabili dopo un periodo medio di 2 anni dalla terapia.
L'adrenoleucodistrofia (Ald) è una patologia legata a un difetto del cromosoma X e colpisce i bambini maschi, lasciando ai malati un'aspettativa di vita di massimo 10 anni dalla diagnosi. Finora l'unica speranza contro la Cald era il trapianto di cellule staminali da donatore, un trattamento con limiti di efficacia e sicurezza. La terapia genica utilizza invece staminali del sangue del paziente, reinfuse dopo essere state modificate attraverso l'inserimento del gene corretto veicolato da un vettore virale Hiv. Il virus dell'Aids inattivato e trasformato in 'navicella'.
"Dobbiamo continuare a seguire i malati per verificare gli effetti del trattamento a lungo termine - afferma David A. Williams, autore principale della sperimentazione - ma la terapia è riuscita a frenare la progressione della Cald in questi bambini", conferma ottimista.
Dal film alla realtà, perché anche dietro la svolta c'è la determinazione di una 'madre coraggio'. Amber Salzman, dirigente dell'azienda farmaceutica inglese GlaxoSmithKline, nel 2000 si trovò ad affrontare una diagnosi di Ald al nipote. "Un bambino splendido e brillante che all'improvviso ti si sbriciola davanti agli occhi", racconta in una testimonianza riportata sul 'New York Times'. Procedendo alle analisi, la donna scoprì che anche suo figlio e l'altro nipote erano portatori del gene malato.
A quel punto si rivolse a Tachi Yamada, responsabile Ricerca e Sviluppo di Gsk. "Gli ho detto che sarebbero trascorsi pochi anni prima che la bomba scoppiasse anche in mio figlio e nell'altro nipote, e gli ho chiesto cosa facciamo?". Yamada le spiegò che la sua scommessa era la terapia genica, un trattamento che però si era arenato dopo la scomparsa di un 18enne morto durante uno studio e dopo che 4 bambini di un trial avevano sviluppato leucemia.
Amber non si è arresa, e insieme alla sorella Rachel e ad altri scienziati ha fatto appello ai ricercatori di tutto il mondo chiedendo loro di studiare un virus diverso per la terapia genica, efficace e sicuro. La scelta è caduta sull'Hiv, che proprio grazie alla battaglia della donna incominciò ad essere usato prima in un piccolo studio in Francia e poi in altre sperimentazioni. Fino al successo pubblicato sul 'New England Journal of Medicine'.