Un seno nuovo più morbido al tatto e dall'aspetto più naturale, grazie a un gel dinamico che cambia forma in base alla posizione assunta, scongiurando in poche parole il temuto 'effetto boccia'. Sono solo alcuni plus delle protesi ergonomiche, l'ultima generazione hi-tech di 'rinforzi' al décolleté che, "dopo un dovuto collaudo e un tempo di osservazione sufficiente successivo al debutto (esistono da 5 anni, da un paio in Italia), si possono oggi considerare vantaggiose e sicure contro il pericolo di complicanze come incapsulamento e sieromi", spiega all'AdnKronos Salute il chirurgo plastico Paolo Santanchè.
Garantite per 10 anni, le nuove protesi sono tracciabili e riconoscibili per via di una 'carta d'identità' racchiusa in un microchip leggibile attraverso un apposito scanner. Un elemento che appare importante soprattutto considerando che, segnala l'esperto, "il Registro nazionale delle protesi mammarie, previsto da una legge del 2012, di fatto non esiste", non funziona.
Ma soprattutto, tiene a sottolineare Santanchè, "le protesi ergonomiche rendono possibile un intervento più soft, ossia mininvasivo. Delicatissime e sottilissime, quasi sempre possono essere impiantate a livello retroghiandolare invece che sottomuscolare, dimezzando la convalescenza e riducendo anche di 3 volte i tempi di recupero: dopo una settimana la paziente può riprendere la sua vita normale e dopo 2 può tornare in palestra, mentre con le protesi precedenti la convalescenza durava circa 15 giorni e bisognava attendere un mese, un mese e mezzo prima di riprendere l'attività fisica".
Sul fronte dei ritocchi 'rimpolpa-seno', ricorda il chirurgo, in principio furono "le protesi rotonde con silicone molto liquido, lisce e morbidissime, ma gravate da un rischio di altissimo di incapsulamento". E' uno dei possibili effetti di interventi come la mastoplastica additiva, fra i motivi principali che costringono a rientrare in sala operatoria: la sottile 'sacca' che, dopo l'impianto, il corpo fabbrica per avvolgere la protesi si fa spessa e dura, e contraendosi può deformare il seno provocando dolore. "Siamo negli anni '70-80 del secolo scorso - precisa Santanchè - La superficie liscia di quelle prime protesi stimolava la formazione della capsula, che fra l'altro si presentava porosa con il pericolo di fuoriuscite di materiale".
"Poi sono arrivate le protesi testurizzate, a superficie ruvida, con effetto anti-incapsulamento. La testurizzazione aggressiva era però associata alla probabilità di sieromi", versamenti liquidi all'interno della sacca attorno alla protesi. "Successivamente - prosegue lo specialista - a metà anni '90 abbiamo vissuto la svolta delle protesi anatomiche", quelle 'a goccia', per arrivare alle ergonomiche del Terzo millennio: "Assomigliano alle protesi rotonde - chiarisce Santanchè - ma invece di contenere il gel coesivo di tutte le ultime tipologie, che nel caso delle protesi rotonde è molto statico e può conferire una forma 'a boccia', sono riempite con un gel dinamico che cambia foggia a seconda della posizione della persona, eretta o sdraiata".
Il risultato è perciò "una particolare morbidezza e una naturalezza che si era un po' persa - osserva l'esperto - L'azienda produttrice", per ora una sola, "ha anche brevettato una tecnologia di nano-testurizzazione, finissima, che sembra funzionare molto bene contro il rischio di incapsulamento senza tuttavia stimolare la produzione di sieromi, come apparivano invece fare le testurizzazioni più aggressive". Si tratta insomma di "protesi hi-tech, all'avanguardia, al momento più costose", conclude il chirurgo convinto supporter della teoria del 'prezzo giusto'. "Un buon intervento non può costare poco - sostiene da sempre Santanchè - Servono l'anestesista, la sala operatoria, il tempo di recupero, i prodotti migliori. Si sentono prezzi inspiegabilmente bassi, a discapito del risultato, della sicurezza" e alla fine anche del portafoglio, perché "rifare tutto per riparare all'errore - avverte - costa molto di più".