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A Milano debutta la cybertherapy nei 'Cave', stanze di realtà virtuale

La realtà virtuale entra in ospedale. Un'immagine dei Cave dell'Istituto auxologico italiano
La realtà virtuale entra in ospedale. Un'immagine dei Cave dell'Istituto auxologico italiano
22 giugno 2016 | 16.56
LETTURA: 8 minuti

All'apparenza è una stanza vuota, ma nasconde un mondo hi-tech. I muri e il pavimento sono monitor e basta indossare un paio di occhiali speciali e impugnare un joypad per essere trasportati in una piazza o una strada di città, nella stanza di un appartamento, su un palcoscenico davanti a una platea affollata, in un contesto naturale e rilassante dove scorre una cascata d'acqua. E tutto è talmente realistico che è possibile vedere anche il proprio corpo interagire con l'ambiente, sentire i rumori, gli odori. In realtà il protagonista del viaggio è sempre nello stesso posto: nella stanza di un ospedale di Milano, l'Istituto auxologico italiano. E quello che sta sperimentando non è un nuovo videogame, ma un percorso di riabilitazione o cura personalizzato.

Perché qui l'era della cybertherapy è diventata una realtà. Il cammino è cominciato circa 20 anni fa, quando la tecnologia era ancora embrionale - una promessa più che una realtà - ed è culminato adesso con il debutto di due 'Cave', stanze dove si sperimenta la Telepresenza immersiva virtuale (Tiv). Ambienti avveniristici dedicati all'attuazione di programmi virtuali a sostegno dell'intervento terapeutico. In queste stanze le persone provano a riprendere in mano la loro vita dopo un ictus; i pazienti schiacciati da ansia, fobie o stress si mettono alla prova guardando in faccia le paure e le situazioni che scatenano i loro disturbi; anziani fragili alle prese con difficoltà motorie e cognitive si misurano con le sfide della quotidianità e provano a riavvolgere il nastro di una demenza senile che comincia ad affacciarsi.

Il sogno di un'applicazione clinica della realtà virtuale ha radici lontane. "Questa tecnologia è stata sperimentata in principio per curare i disturbi di ansia dei soldati americani reduci di guerra", racconta Giuseppe Riva, direttore in Auxologico del Laboratorio di tecnologia applicata alle neuroscienze. Lo scienziato italiano culla l'idea da sempre e ci ha investito 20 anni di studi, arrivando ad accumulare il maggior numero di pubblicazioni al mondo sul tema della cybertherapy.

"Oggi - spiega Riva - si parla molto di realtà virtuale, è considerata una tecnologia emergente sulla quale stanno investendo realtà come Facebook, Google, Samsung. Nei prossimi 5 anni avrà un impatto significativo sul settore dell'healthcare. L'Auxologico è all'avanguardia su questo fronte, si pone prima di grandi potenze scientifiche europee e statunitensi. Creare per la prima volta i Cave dentro un ospedale è stato un percorso complesso, come complessa è questa 'macchina' finora presente solo alla Nasa e in qualche università. E' stato un grande risultato in Italia".

Ma le basi sono state gettate anni fa, aggiunge. "Nel '96 ho coordinato il primo progetto europeo sul tema della realtà virtuale in ambito neuropsicologico e riabilitativo. Usavamo i caschi immersivi, la tecnologia allora esistente, che aveva però problemi di utilizzo in un contesto clinico. Il Cave consente di usare il potenziale della telepresenza immersiva virtuale senza indossare tecnologie come il guanto o un casco, il che è perfetto per i pazienti che vogliamo trattare".

Esempi concreti ce ne sono tanti, prosegue Riva: "Li utilizziamo come strumenti innovativi per migliorare la terapia tradizionale. Se pensiamo ai disturbi d'ansia, possiamo esporre i pazienti a uno stimolo ansiogeno in un ambiente controllato e sotto la stretta supervisione dello specialista. Se un paziente ha paura dei cani, ecco che gli facciamo vedere un cane virtuale che possiamo controllare in tutte le sue espressioni. Possiamo far sperimentare alle persone in maniera realistica situazioni in cui possono avere difficoltà, come parlare in pubblico". Nei disturbi alimentari "possiamo intervenire sulla dimensione comportamentale, 'portando' il paziente all'interno di un ristorante, un supermercato o nella cucina di casa e verificando i suoi comportamenti, supportandolo nei momenti di difficoltà".

Lo strumento permette di intervenire anche sulla percezione corporea. "Far entrare una persona nel corpo di un altro, più magro, più grasso, più anziano - elenca Riva - Un collega americano ha sperimentato la realtà virtuale per cambiare i pregiudizi facendo entrare persone con comportamenti discriminatori basati sul colore della pelle nel corpo di un nero. Un altro ambito è la riabilitazione cognitiva: intervenire sulla memoria o sull'orientamento spaziale che in un anziano hanno un declino e l'obiettivo è riuscire a rallentare questo processo".

E' la versione 2.0 della riabilitazione fisica e cognitiva. "Grazie a questa tecnologia è possibile, ad esempio, facilitare il ritorno a casa dell'anziano, simulando situazioni di vita quotidiana ma in un ambiente controllato", riferisce Marco Stramba-Badiale, direttore del Dipartimento geriatrico-cardiovascolare e del Laboratorio sperimentale di ricerche di riabilitazione e medicina cerebrovascolare dell'Auxologico. L'impatto della realtà virtuale in medicina è destinato a crescere. "Per esempio, le nuove linee guida dell'American Heart Association per la riabilitazione dei pazienti colpiti da ictus la inseriscono per la prima volta fra gli strumenti indicati".

Dal punto di vista strettamente tecnologico, il Cave è un sistema integrato che permette di ricostruire una realtà vera, considerando le sollecitazioni cognitive, uditive e visive (e nello sviluppo del progetto pure olfattive e tattili). Grazie alla visione 3D stereostopica, legata a un sistema di tracciamento della posizione, è possibile una corretta lettura degli spazi, dei volumi e delle distanze, dando così la netta sensazione di essere immersi all'interno della scena virtuale proiettata sugli schermi. Il partner tecnologico scelto dall'Istituto è Forge Reply che ha messo a disposizione le sue competenze sull'integrazione di sistemi di realtà virtuale immersiva, declinandole in ambito medicale.

Il progetto del Cave è stato realizzato in intesa con il ministero della Salute e in conto capitale di circa 1 milione di euro (50% a carico della struttura ospedaliera milanese). Nei Cave vengono trattati sia i pazienti ricoverati all'Auxologico che quelli seguiti in regime ambulatoriale (questi ultimi possono accedervi in solvenza e un pacchetto standard di 12 accessi costa circa 2 mila euro, 200 a seduta). "E' ovviamente lo specialista a valutare se il soggetto è indicato - precisa Stramba-Badiale - Il progetto di riabilitazione viene fatto dal fisiatra, dal geriatra o dal neurologo. Si parte con una valutazione approfondita e poi si entra nel percorso che prevede accessi di 45 minuti o un'ora", in cui è presente una figura professionale qualificata, come un terapista occupazionale, un fisioterapista o uno psicologo.

"Possono essere una decina di sedute e poi c'è la valutazione finale". Nei cave tutto è tracciato, ogni movimento, reazione del paziente produce una mole di dati. Persino i parametri vitali possono essere seguiti nel corso della seduta. E queste informazioni diventano una bussola per i medici. A breve, verso settembre, partirà un progetto di ricerca sull'anziano fragile, "un trial clinico per confrontare la terapia occupazionale o cognitiva tradizionale con quella virtuale e anche l'accettabilità della tecnologia da parte di un paziente in età avanzata", spiega Stramba-Badiale. "Arruoleremo un centinaio di persone con problemi cognitivi e fragilità motorie".

Il passo avanti, dice il direttore scientifico dell'Istituto Auxologico Italiano, Alberto Zanchetti, è che mentre "prima dovevamo basarci sul racconto del paziente per inquadrare le sue problematiche, i nuovi strumenti ci permettono di tracciare gli effettivi disturbi e l'impatto dei deficit in contesti reali e di impostare terapie e correzioni in corso d'opera più mirate". Oggi, riflette Stramba-Badiale, "non ci sono molte opzioni per il recupero e la riduzione della fragilità. I Cave sono una possibilità in più. E si può pensare di esportare gli esercizi anche a casa del paziente, trasferendo App e software su dispositivi più semplici come tablet e smartphone, aggiungendo così l'opzione della riabilitazione a domicilio".

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