A cura della redazione web
Il tema del vitalizio dei parlamentari è tornato prepotentemente al centro del dibattito politico italiano. Il Movimento 5 Stelle ha presentato una proposta che, tramite una delibera dell'Ufficio di Presidenza di Camera e Senato, mira ad armonizzare il regime previdenziale di deputati e senatori con quello dei lavoratori pubblici e privati, applicando tali disposizioni anche ai parlamentari in carica.
Dal canto suo il deputato del Partito democratico Matteo Richetti già nel 2015 aveva presentato una proposta di legge per abolire i vitalizi destinati agli ex onorevoli e modificare sensibilmente le pensioni dei parlamentari.
Ma come stanno attualmente le cose? Come funziona il sistema dei vitalizi parlamentari? Innanzitutto occorre sottolineare un dato molto importante: quando si parla del trattamento pensionistico di deputati e senatori è giusto parlare di 'pensioni dei parlamentari' e non di 'vitalizi', che sono stati aboliti con la riforma del 2012.
COME FUNZIONA IL NUOVO TRATTAMENTO PENSIONISTICO
Dal 1° gennaio di quell'anno, infatti, è stato introdotto il nuovo trattamento previdenziale dei parlamentari, basato sul sistema di calcolo contributivo (già adottato per i dipendenti della Pa) e non più su quello retributivo.
Per ottenere l'assegno pensionistico occorre aver svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni e aver compiuto 65 anni di età. "Per ogni anno di mandato oltre il quinto - si legge sul sito di Palazzo Madama - il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni".
QUANDO VIENE SOSPESO IL PAGAMENTO DELLA PENSIONE
Il pagamento della pensione viene sospeso qualora l'ex deputato o senatore sia rieletto al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo o a un Consiglio regionale, oppure sia nominato componente del Governo nazionale, assessore regionale o "titolare di incarico istituzionale per il quale la Costituzione o altra legge costituzionale prevede l'incompatibilità con il mandato parlamentare".
La sospensione è prevista anche nel caso in cui l'ex onorevole ottenga un incarico "per il quale la legge ordinaria prevede l'incompatibilità con il mandato parlamentare, ove l'importo della relativa indennità sia superiore al 50 per cento dell'indennità parlamentare".
Va inoltre ricordato che nel 2015 una delibera dell'Ufficio di Presidenza di Palazzo Madama ha disposto la cessazione dell'erogazione degli assegni vitalizi e delle pensioni agli ex senatori condannati in via definitiva per reati di particolare gravità.
LA RIFORMA DEL 1997 E QUELLA DEL 2007
La riforma del 2011 ad ogni modo si inserisce in un solco già tracciato da altre due riforme del trattamento pensionistico degli ex parlamentari. Quella del 1997 ha infatti imposto il limite di età di 65 anni per incassare il vitalizio (prima non era previsto alcun limite), mentre la riforma degli assegni vitalizi del 2007 ha ridotto l'entità di queste prestazioni e "raddoppiato il periodo minimo di mandato richiesto per maturare il diritto all'assegno, portandolo da 2 anni e 6 mesi a 5 anni".