Slittano i tempi delle votazioni, la relatrice Finocchiaro: "Difficile che iniziamo a votare i 7.800 emendamenti" prima di martedì. Il ministro: "E' il tempo delle scelte". In mattinata gli interventi dei pentastellati e del Carroccio sull'ordine dei lavori per far slittare il via alle dichiarazioni sul disegno di legge del governo. Grasso: "Non facciamo polemiche sterili, andiamo avanti"
Si parte, come promesso. Ma si parte senza votazioni. Il primo passo 'operativo' delle riforme istituzionali in aula al Senato è abbastanza lento. Si è iniziato con l'illustrazione degli emendamenti (7.800). Nel tardo pomeriggio Paolo Romani, alla buvette, ammette: "Se continuiamo così, non ce la facciamo nemmeno se votassimo fino a venerdì".
Non è servita nemmeno la grinta sfoggiata da Maria Elena Boschi nel suo discorso di replica per dare una sferzata a palazzo Madama. Il ministro cita Fanfani e Pratolini, si becca pure un po' di mugugni e un accenno di contestazioni dai banchi del M5S e di Sel quando scandisce: parlare di svolta autoritaria o illiberale è una "allucinazione" e una "bugia". "Fanfani diceva che le bugie in politica non servono. Si possono condividere o meno le riforme, ma parlare di svolta illiberale è una bugia e le bugie non servono" ha aggiunto il ministro. "Ci potrà essere ostruzionismo ci farà perdere tempo, ci farà sacrificare le ferie ma noi manterremo l'impegno di cambiare il Paese". Boschi poi ha ricordato che "siamo chiamati a trovare un accordo alto nell'interesse dei cittadini perché le riforme istituzionali sono la base e la premessa per altre riforme". "Dopo 30 anni è il tempo delle scelte, di decidere, nelle vostre mani non c'è solo la riforma costituzionale ma forse l'ultima chance di credibilità per la politica tutta" ha detto. "La riforma non è frutto di approssimazione casuale, poggia su basi robuste e solide". Per Boschi, "tutto è migliorabile sempre, ma sappiamo che sull'impianto fondamentale della riforma c'è un consenso ampio anche nel mondo accademico".
Diversa la posizione del senatore Corradino Mineo: "Penso che il provvedimento sulle riforme costituzionali sia inconsapevolmente autoritario; nemmeno il governo voleva questo esito, per cui adesso dobbiamo correggere in Aula e speriamo di riuscirci''. ''La nostra posizione è esplicita'' avverte l'esponente del Pd, che aggiunge: ''Vogliamo la fine del bicameralismo perfetto, ma vogliamo che il sistema sia bilanciato, che il Presidente della Repubblica sia garante di tutti, che non ci sia questa sproporzione tra 100 senatori e 630 deputati" e "vedrete che alla fine ci saranno delle sorprese durante le votazioni''.
Intanto il senatore 5 Stelle Vito Crimi ha fatto sapere che il Movimento "è pronto a depositare in Senato un disegno di legge costituzionale già pronto per indire un referendum consultivo d'indirizzo per dar voce ai cittadini" sulle riforme.
Ma alla fine è chi aveva in mente di fare le pulci al provvedimento del governo ad avere agio nel primo giorno di questa ennesima "settimana decisiva" per le riforme. Ci provano già in mattinata M5S e Lega. Subito Vito Petrocelli chiede che fine avesse fatto il provvedimento sulla soppressione delle Province: "E' inammissibile? Ho capito bene?".
Da lì a poco gli fa sponda Vincenzo Santangelo, che ingaggia un duello serrato con Pietro Grasso: "Presidente, le sto gentilmente facendo una domanda. Se mi lascia terminare, se no mi taccio". E Grasso: "Andiamo avanti". Santangelo: "E sono due volte!". Grasso: "Lei ha sbattuto il regolamento sul banco". E Santangelo: "L'ho sbattuto perché lei non mi ha lasciato parlare!". Nonostante gli intoppi, però la prima parte della seduta va in porto. Ma alla ripresa l'aria non cambia. Attacca Maria Mussini, del Misto (MovimentoX): "Ben lungi da me un intento dilatorio...ma sono rimasta estremamente colpita dall'impossibilità di parlare nella seduta di giovedì 17!".
Non l'avesse mai detto, subito Sergio Puglia (M5S) le fa eco: "Anche io il 17 non sono stato ascoltato, volevo intervenire". Ci prova Domenico Scilipoti a governare la questione: "Magari dico cose che non stanno in cielo né in terra (applauso dell'aula)... ma dal punto di vista politico c'è una senatrice che sta facendo riflessioni molto pesanti, serve una spiegazione plausibile". E Grasso, sempre più paziente: "Io ho già dato". Ma a catalizzare l'attenzione è Vincenzo D'Anna (Gal): cita nell'ordine Popper, Locke (testualmente), san Tommaso D'Aquino, Hobbes. Poi si rivolge al ministro Boschi "con questo bel volto angelico" e, tirando in ballo Eduardo in dialetto, consiglia: "Quello di cui dovete aver paura sono i conformisti, chi non ha il coraggio di mostrare le proprie opinioni". Applausi a scena aperta.
Il testuale di D'Anna è memorabile: "Ebbene, se devo richiamare di Tommaso Moro quello che diceva Erasmo da Rotterdam nel 'Morias elogio', evviva Dio che esiste l'elogio della pazzia! Infatti, dal 'Il berretto a sonagli' di Pirandello all''Uomo e galantuomo' di Eduardo sono costantemente chiamati folli tutti coloro che hanno un atteggiamento di schiettezza, tutti coloro che non riescono a percorrere quello che Thomas Mann chiamava 'la via maestra'". Qui, per la precisione, gli applausi arrivano dai gruppi di Gal, M5S, Misto-Ilc e Misto-MovX. Nel dettaglio, poi, quando cita Eduardo il senatore dice: "E pure s'incontr 'a morte a guarde 'n faccia e nun tengo paura 'o stesso, pecché a mme me fa paura sul' 'o fesso!". Citazione colta, secondo fonti ben informate, anche per il ministro Boschi che a un certo punto del suo discorso accenna al concetto di "aspettare domani per avere nostalgia". Si tratta di un verso di 'Se ti tagliassero a pezzetti' di Fabrizio De André.