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Il caso

"Mail a tutti", la rivolta degli avvocati di Roma contro il candidato M5S

Mauro Vaglio e Luigi Di Maio nel corso della presentazione delle liste del M5S (Fotogramma)
Mauro Vaglio e Luigi Di Maio nel corso della presentazione delle liste del M5S (Fotogramma)
01 febbraio 2018 | 12.43
LETTURA: 3 minuti

Una mail per annunciare la sua candidatura al Senato con il M5S. Ma la comunicazione della discesa in campo del presidente dell'Ordine degli Avvocati di Roma, Mauro Vaglio, fa infuriare i legali della Capitale. Il motivo? Per confermare le "ipotesi giornalistiche" che lo volevano candidato con i Cinquestelle, il presidente non si è limitato a inviare la missiva ai contatti più stretti, o a quelli forniti dal Movimento: Vaglio ha infatti deciso di utilizzare la mailing list dell'Ordine regionale di appartenenza, spedendo la lettera a ben 25mila avvocati, che lo scorso 29 gennaio si sono visti recapitare - sotto forma di comunicazione ufficiale - quello che in effetti ha tutta l'aria di essere l'annuncio di un privato cittadino entrato in politica.

Un po' troppo per i legali romani, insomma, che ora sui social accusano Vaglio di fare "campagna elettorale attraverso la mailing list dell'Ordine" e, soprattutto, ne contestano le (almeno finora) mancate dimissioni in seguito all'annuncio. Ma non è tutto: della mail del presidente, infatti, non piace neanche la chiusura, che promette "in successive comunicazioni" la condivisione delle "motivazioni che mi hanno indotto a tale scelta".

E se sono in tanti fra gli avvocati della Capitale a bollare come perlomeno "inopportuna" la mossa del loro presidente, in molti si chiedono se non sia il caso di presentare un esposto sia al Garante per la privacy per quanto riguarda il presunto uso improprio della mailing list sia al Consiglio Nazionale Forense per fare luce sulla vicenda. Tante inoltre fra i commentatori le perplessità sulla scelta di Vaglio, che per candidarsi con il M5S avrebbe quindi accettato di sottoscrivere anche l'ormai famoso 'contratto anti-voltagabbana' che prevede una multa da 100 mila euro per chi cambia casacca. Un contratto giudicato senza mezzi termini dai colleghi del presidente "senza alcun fondamento legale".

Corale infine, almeno stando alle decine di commenti sui social apparsi nelle ultime ore sul caso, la richiesta di dimissioni immediate, comunque considerate tardive perché "dovevano essere presentate prima, contestualmente all'annuncio della candidatura".

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