di Ilaria Floris
Ius soli sì, ius soli no, ius soli addio. All'indomani del dietro front del ministro degli Esteri Angelino Alfano si arroventa la questione dello ius soli, l'acquisizione della cittadinanza di un Paese come conseguenza del fatto di essere nati sul suo territorio, a prescindere dalla cittadinanza dei genitori.
Con la retromarcia di Alfano sembrano dunque chiudersi i giochi sull'approvazione del disegno di legge sulla cittadinanza, almeno in questa legislatura. Forse spaventato dall'ascesa dell'estrema destra anti immigrazione della Germania, il ministro ha ieri manifestato l'intenzione di rimandare la questione alla prossima legislatura perché "i tempi non sono ancora maturi, si tratta di una cosa giusta nel momento sbagliato". La valutazione è soprattutto politica perché, dice, il rischio è quello “di favorire la Lega".
E oggi è arrivato l'endorsement del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che si è detta più favorevole allo 'ius culturae', che coinvolga il sistema scolastico e sia acquisibile solo dopo aver completato un intero ciclo di studi in Italia. Inutile negarlo: il ‘tirarsi indietro’ di Alternativa Popolare incide fortemente nell’equilibrio dei partiti sulla questione, dato che la Lega, Forza Italia e Il Movimento hanno sempre avuto posizioni critiche sul diritto di cittadinanza.
Il Pd resta dunque solo: il portavoce del partito Matteo Richetti ha ribattuto che “non esiste un tempo sbagliato per un diritto sacrosanto”, ribadendo che il Pd e continuerà a cercare “una maggioranza parlamentare”. Lo spettro della caduta del Governo è dietro l'angolo, e il Pd non può ignorarlo: “Non vogliamo mettere in difficoltà il Governo ma la posizione del Pd sullo ius soli non si sposta di un millimetro”, ha detto Richetti.
La questione, spinosa già di per sé per la paura di quasi tutti i partiti di avvallare una legge ritenuta impopolare, si complica ulteriormente dopo l'invito della Cei ad andare avanti sul tema. “Penso che la costruzione del processo di integrazione possa passare anche attraverso il riconoscimento di una nuova cittadinanza -ha detto ieri il Presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti- che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sé".
Insomma, a questo punto appare chiaro il tentativo di aspettare le elezioni, per non imbarcarsi in un tema tanto delicato proprio a fine legislatura. “Aspettare sei mesi non cambia nulla -ha detto il neocoordinatore di Alternativa Popolare Maurizio Lupi. Ci saranno le elezioni e su un tema tanto divisivo come questo potremo tornare a discutere”.
Mentre imperversano infuocate guerriglie politiche, siamo andati in una scuola multietnica di Roma per verificare come i ragazzi e gli insegnanti vivano l'integrazione nella quotidianità.