Un'ora di colloquio al Colle. M5S non vota decreto aiuti ed è incognita Senato
Una giornata sulle montagne russe, in cui il termometro della crisi segna rosso. Salvo scendere precipitosamente in serata, dopo l'incontro culmine con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Mario Draghi arriva di buon mattino a Palazzo Chigi, in agenda una girandola di incontri. Vede dapprima Daniele Franco, poi la ministra Marta Cartabia, quindi il responsabile della Salute Roberto Speranza e infine Andrea Orlando, alla vigilia dell'atteso incontro con i sindacati. Intanto alla Camera i 5 Stelle, come da attese, non partecipano al voto sul dl aiuti, dopo aver votato la fiducia al governo giovedì scorso. "Nulla di nuovo, era una decisione già chiara e già annunciata", una "questione di coerenza e di linearità", taglierà corto Conte con i cronisti arrivando alla sede di via di Campo Marzio.
All'orizzonte si profila l'incognita Senato, dove il voto è unico e non disgiunto, e i senatori grillini sono già sulle barricate, pronti a non partecipare al voto in segno di protesta. Se da Giuseppe Conte dovesse arrivare un'indicazione diversa, ovvero votare attendendo le risposte del premier al documento targato M5S, una decina di senatori, stando a indiscrezioni raccolte dall'Adnkronos, si dichiarano pronti a rompere comunque: "Io la fiducia non gliela voto nemmeno se vengono a prendermi a casa...", il tenore dei messaggi che rimbalza sulle chat interne. E mentre tra Montecitorio e Palazzo Madama ci si interroga sulle prossime mosse del leader grillino, ci pensa Silvio Berlusconi a sparigliare, chiedendo all'ex numero uno della Bce "una verifica della maggioranza" al fine di "sottrarsi a questa logica politica ricattatoria".
E lì che il bollettino della crisi segna un'impennata, mentre rimbalzano rumors sulla volontà di Draghi di salire al Quirinale per riferire al Capo dello Stato la situazione. Un incontro che arriverà alle 18.30 del pomeriggio, quando la Passat Volkswagen con il premier a bordo raggiungerà il Colle. Un'ora di colloquio tra i due, sul quale in realtà trapela ben poco. Salvo "un esame della situazione politica internazionale e nazionale", incluso il punto sul recente viaggio in Africa di Mattarella. Che non ha commentato, puntualizzano dal Quirinale, eventuali scenari legati al dl aiuti. Bocche cucite dunque, anche se la tensione resta alta. Dall'incontro di domani tra governo e sindacati -in agenda alle 11- potrebbero arrivare i 'segnali di fumo' che Conte attende. Tradotto: taglio del cuneo fiscale e accordo sul salario minimo.
Temi, tengono a precisare da Palazzo Chigi, che fanno parte dell'agenda di governo: dunque nessun cambio di rotta innescato da forze esterne, è il normale procedere dell'azione dell'esecutivo. Fatto sta che Conte -se i sindacati dovessero uscire soddisfatti dal confronto- potrebbe metterci il cappello, intestandosi i risultati e innescando una nuova reazione a catena, con Lega e Fi, in particolare, pronte a farsi sentire. Difficile, del resto tenere insieme una maggioranza sempre più friabile, dove l'uno contro l'altro è ormai diventato la norma.
Ammesso e non concesso che l'incontro tra governo e sindacati produca un risultato in grado di calmierare le acque agitate del Movimento. Dove, al momento, la linea da tenere in Senato non è ancora emersa. E' lo stesso Conte del resto a non aver sciolto il nodo, mentre va avanti il pressing dei senatori per l'Aventino parlamentare, costi quel che costi. In ore complesse per il Movimento c'è chi si chiede se l'ex premier riuscirà a tenere insieme i suoi se dovesse prevalere la linea 'governista', allontanando il fantasma dello strappo al Senato. Anche Beppe Grillo, raccontano alcuni beninformati, sarebbe preoccupato, costantemente al telefono con alcuni fedelissimi per capire che aria tira.