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Caso Moro, "Pieczenik fu l'ispiratore dell'omicidio, gravi indizi sul superconsulente Usa"

Il pg di Roma, Luigi Ciampoli, in audizione presso la Commissione di inchiesta parlamentare, punta il dito contro il funzionario Usa nel comitato di crisi durante il sequestro: "Indagare su di lui". E poi ammette: "Non riusciamo a sapere chi ci fosse sulla Honda in via Fani"

Caso Moro,
12 novembre 2014 | 15.57
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"Ho chiesto di approfondire le indagini nei confronti del consulente Usa Steve Pieczenik come 'possibile ispiratore' dell'omicidio di Aldo Moro". Il pg presso la corte d'appello di Roma, Luigi Ciampoli, lo ha detto durante l'audizione presso la commissione d'inchiesta sul caso Moro riunitasi oggi a Palazzo San Macuto. "Più volte -ha detto- il superconsulente americano ha fatto intendere che la fine del sequestro Moro con l'omicidio era la conclusione prevista per riuscire così a destabilizzare le Br".

Relativamente al giallo della Honda presente in Via Fani, non si sa chi vi fosse alla guida e al posto del passeggero. "Non c'è alcuna certezza sull'identità dei due personaggi", ha detto Ciampoli, continuando la sua audizione sul rapimento Moro, avvenuto il 16 marzo del 1978. L'attenzione sulla moto 'Honda' era stata richiamata da una lettera anonima giunta all'ex poliziotto Enrico Rossi, in attività a Torino nei giorni del sequestro Moro, lettera che ipotizzava come sulla Honda potessero esserci uomini legati ai servizi segreti.

"Abbiamo scartato via via una serie di nomi, da Peppo e Peppa, i due di cui si era parlato inizialmente, allo stesso Antonio Fissore, che nella lettera a Rossi era indicato come uno degli 007 presenti a Via Fani". "L'indagine, meticolosa e approfondita, va dunque archiviata", ha spiegato il magistrato.

"L'uccisione di Aldo Moro non fu un omicidio legato solo alle Brigate Rosse, perché a via Fani c'erano i nostri servizi segreti e quelli di altri Paesi stranieri, interessati a creare caos in Italia", ha detto ancora, riferendosi al gruppo di fuoco in Via Fani e al colonnello dei servizi Guglielmi.

"Nei fatti è dimostrata la presenza di altre persone durante il rapimento di Moro", ha aggiunto Otello Lupacchini, sostituto procuratore generale preso la Corte d'Appello di Roma. "Lo possiamo affermare -ha detto- sulla base di un'induzione fondata su fatti. Resta che il silenzio delle Brigate Rosse, sia dei pentiti, degli irriducibili o dissociati, sulla presenza di altri a Via Fani fa sì che quella mattina possano aver partecipato all'agguato personaggi dei servizi o anche della malavita". "Ma siamo nella deduzione. L'unico elemento 'straniero' era un caricatore perso durante l'agguato e montato su un armamento non italiano". "Questo scenario lascia aperte tutte le ipotesi", ha concluso Lupacchini.

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