L'inchiesta del New York Times con le rivelazioni di oltre trenta tra dipendenti e modelle, nel mirino il top manager 71enne Ed Razek
'Angeli all'inferno: la cultura della misoginia di Victoria's Secret'. S'intitola così l'inchiesta del New York Times sul famoso brand statunitense di lingerie e prodotti di bellezza. Basandosi sulle rivelazioni di oltre trenta tra dipendenti e modelle, il quotidiano statunitense denuncia i presunti comportamenti inappropriati di due top manager di L Brands, la società madre di Victoria's Secret.
Nel mirino dell'inchiesta è finito soprattutto il 71enne Ed Razek, per decenni uno dei massimi dirigenti di L Brands. Diventare 'angelo' per Victoria's Secret è il sogno di molte modelle oltre che garanzia di celebrità. Ma dietro le quinte, stando alle testimonianze raccolte da Times, il potente manager si sarebbero spesso macchiato di comportamenti misogini, bullismo e in alcuni casi vere e proprie molestie. Le modelle hanno raccontato di come Ed Razek abbia chiesto loro di sedersi in grembo e baciarlo. Alcune di loro sarebbero state palpeggiate in occasione delle sfilate, altre invitate più volte a cena e sottoposte a pressioni anche via mail.
La modella Andi Muise ha affermato che Victoria's Secret ha smesso di chiamarla per le sfilate perché aveva respinto le avances di Razek, altre avrebbero subito delle ritorsioni dopo il loro rifiuto. Alle modelle, Razek ricordava che le loro carriere erano nelle sue mani. "La cosa più allarmante è quanto fosse radicato questo comportamento", ha affermato Casey Crowe Taylor, ex Pr presso Victoria's Secret, che avrebbe assistito personalmente alle condotte di Razek. "L'abuso veniva al massimo deriso o accettato come normale. Era quasi un lavaggio del cervello. Chiunque abbia provato a fare qualcosa al riguardo non è stato solo ignorato, ma punito".
L'ex 'angelo' Alyssa Miller ha descritto Razek come un uomo che trasudava "mascolinità tossica" e ha riassunto così il suo atteggiamento: "Io detengo il potere. Posso farti o spezzarti". Qualche dirigente ha spiegato di aver tentato invano di avvertire Leslie Wexner, l'82enne fondatore e ceo di L Brands il cui nome è stato tirato in ballo anche nel caso di Jeffrey Epstein.
Razek si è dimesso da L Brands ad agosto, mentre secondo alcuni rumors non confermati Wexner sarebbe in procinto di andare in pensione e vendere l'azienda di lingerie. Thomas Davies, portavoce di Wexner, si è rifiutato di commentare le accuse del Times, mentre Razek le ha respinte al mittente in una mail: "Le accuse -ha affermato- sono categoricamente false, fraintese o fuori contesto. Sono stato fortunato a lavorare con innumerevoli modelle di livello mondiale e orgoglioso del rispetto reciproco".