"La benzina ha sfondato il tetto dei due euro al litro, il diesel è poco sotto. Ci sono dipendenti pubblici e operai monoreddito che sono costretti ad usare l’auto solo per un periodo del mese, poi per il resto, visto i costi, debbono necessariamente adoperare i mezzi pubblici. Non è una questione di sacrifici e/o compromessi ma di necessità. Il prezzo del carburante così alto abbinato al costo esagerato dell’energia, ovviamente gas ed elettrica, è un mix micidiale che mette praticamente in ginocchio famiglie e imprese". Così, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Luigi Barone, consigliere per il Mezzogiorno e le Zes della Ficei (Federazione Italia consorzi enti industrializzazione) e presidente dell’Asi della Provincia di Benevento.
"L'impatto della guerra sui prezzi dell'energia - sostiene - è drammatico: se importiamo dalla Russia il 40% di gas e con lo stesso produciamo il 60% di energia elettrica significa che i prezzi sono destinati a salire ulteriormente. Quando ci fu nel 2014 la guerra ucraina l'Italia avrebbe dovuto riflettere sull'approvvigionamento di gas, invece nel tempo è addirittura aumentata la fornitura russa e oggi rispetto ad altri paesi europei siamo maggiormente esposti”.
"Il problema finora - spiega - non sono stati i flussi ma l'impennata dei costi di petrolio e gas che poi ha portato ad raddoppio del costo dell'energia elettrica".
"Il prezzo del petrolio poi - aggiunge - ha già raggiunto record mai visti dal 2013, il brent nei primi sette giorni di guerra in Ucraina è salito di oltre 20 dollari, registrando il maggior rialzo settimanale di sempre. Il prezzo unico nazionale dell’energia elettrica ha raggiunto il costo record di 453,51 euro/MWh, insomma siamo alla follia. Speriamo che la guerra termini innanzitutto per i tanti bimbi e civili colpiti. Per l'energia è indispensabile che l'Italia si organizzi con u serio piano energetico nazionale. E' assurdo che tra fine anni '90 e inizi 2000 estraeva 20 miliardi di metri cubi, attualmente meno di 4, a fronte di un consumo di 80 miliardi circa".
"Fortunatamente nelle ultime settimane - avverte - è aumentata la fornitura di gas dall’Algeria ma non basta. L’Italia deve lavorare per evitare dipendenze pericolose che potrebbero portare ad improvvisi blackout. Bisogna accelerare con le rinnovabili, con i rigassificatori e riaprire la discussione sul nucleare. Diversamente saremo sempre soggetti a terzi".
"Nell’immediato però - suggerisce - differenziare i fornitori e soprattutto legarci a paesi ‘democratici’ potrebbe esporci a meno rischi possibili”.
Per Barone "E' necessario da subito avviare nuove politiche energetiche e noi come Ficei siamo disponibili a dare il nostro contributo per organizzare nei nostri agglomerati industriali, dove ospitiamo le più importanti industrie, comunità energetiche di medie e grandi dimensioni, che possano fornire energia a prezzi calmierati". "Gli autotrasportatori - sottolinea - sono sul piede di guerra, numerose aziende energivore hanno rallentato le proprie produzioni per lo sproporzionato aumento energetico".
"E' chiaro - avverte Barone - che i maggiori costi, purtroppo, saranno ribaltati sul consumatore che si troverà un doppio salasso: il raddoppio delle bollette e l'aumento di numerosi generi alimentari sugli scaffali".
"Per risolvere il problema - suggerisce - legato alla forniture di energia attendiamo un confronto con il governo. E’ necessario che nel Pnrr si mettano delle risorse per i consorzi Asi, che sono degli enti pubblici economici, finalizzate a realizzare impianti per produzione di energia da fornire alle aziende".
"Ci sono consorzi - ricorda - dove si possono realizzare impianti fotovoltaici, altri dove si possono installare pali eolici, altri ancora dove addirittura si può immaginare di realizzare centrali termoelettriche. Insomma sarebbe utilissimo un confronto, verificando disponibilità e peculiarità dei singoli consorzi al fine redigere un piano nazionale energetico per le industrie”.
"Serve - auspica Luigi Barone - un nuovo sistema di comunità energetiche. E’ necessario aprire immediatamente un confronto tra la Ficei, la nostra federazione di rappresentanza, e il governo per addivenire ad un piano energetico industriale che porti a produrre l’energia in house. Negli agglomerati Asi sono ospitate le maggiori realtà industriali nazionali e estere che sono in Italia, con consumi di energia miliardari. Se ciascuna Asi, e sono tante quelle che hanno spazi a sufficienza per realizzare impianti, si organizza in proprio è chiaro che si potrebbe fornire, perlopiù con le rinnovabili, energia a un prezzo calmierato alle aziende".
“Per far decollare realmente le zes (zone economiche speciali) servono ancora alcuni miglioramenti. In primis l’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate per il credito d’imposta zes deve prevedere un tempo rapido certo e non essere sine die. E poi la perimetrazione va assolutamente rivista, così come il piano di investimenti va calibrato per le esigenze di ogni singola zona economica speciale altrimenti si rischia, in alcuni casi, di renderle inutilizzabili. Senza dimenticare la poca chiarezza sugli immobili”.
“Non è possibile - sostiene - che si parli di semplificazione quando la norma non prevede tempi certi per l’imprenditore che intende insediarsi in zes e vuole utilizzare il credito d’imposta; ad oggi la risposta potrebbe arrivare anche dopo un anno, al di là dei poteri dei commissari".
"Altro tema necessario da affrontare - continua - è la perimetrazione complessiva da perfezionare ed ampliare per venire incontro alle esigenze di nuovi investitori". Un ultimo tema Barone lo pone sugli immobili: “Non c’è chiarezza sugli opifici, se il credito d’imposta può essere utilizzato solo per nuovi oppure esistenti, oppure per radicali trasformazioni. È necessario che si superi la generale definizione di immobili spiegando bene gli imprenditori che vogliono realizzare un investimento che possono fare. Per cui, è opportuno che si entri nel merito e si trovino soluzioni concrete altrimenti la semplificazione Zes tanto decantata diventa un ulteriore fardello di assurda burocrazia”. Per Barone, finora “l’unica vera sfida vinta finora in termini di concretezza ed operatività è la norma proposta dall’onorevole Piero De Luca e approvata dal Parlamento sul dimezzamento dell’Ires, per ogni nuova attività economica che si avvia. Speriamo si riesca a fare qualcosa in più nei prossimi mesi sulle criticità rilevate ed ancora irrisolte".
"La relazione del governo al parlamento sull’attuazione del Pnrr desta grande preoccupazione per il Mezzogiorno e speriamo che il ministro Carfagna e il governo intervengano per chiarire, con i fatti, che il 40% degli investimenti destinati al Sud sia reale e non virtuale".
"A proposito dal taglio di 17 miliardi - continua - che riguardano l’alta velocità dalle risorse 'territorializzabili' è onestamente assurdo non considerare territoriale un investimento ferroviario visto che il binario e la stazione in un luogo definito o ci sono oppure no. Stesso discorso per la realizzazione di una strada, anche di grande importante".
"E' un ingiusto vantaggio per il Nord - fa notare - che con questo schema recupera quasi 9 miliardi di euro per l’alta velocità a scapito del Mezzogiorno. Noi si può ignorare la diversa dotazione infrastrutturale del Paese che ha creato finora grandi squilibri tra Nord e Sud e dire oggi, rispetto alle risorse Pnrr, che la dotazione ferroviaria dell’alta velocità è un’opera 'non territorializzabile' per cui le risorse destinate al Settentrione debbono essere sottratte anche al Meridione”. Per il consigliere delegato della Ficei “non è possibile sottrarre le opere infrastrutturale al contesto laddove vengono realizzate soltanto per fare la cortesia ad una parte del Paese".