L'analisi condotta in Israele sui campioni di 150 soggetti vaccinati e risultati poi positivi
La variante sudafricana del coronavirus appare quella più in grado di 'bucare' il vaccino Pfizer. E' il risultato di uno studio realizzato in Israele dall'università di Tel Aviv e dall'istituto Clalit. Il paese ha usato quasi esclusivamente il vaccino Pfizer per la propria campagna. Le dosi di Moderna, l'altro vaccino mRNA, sono stati impiegate in misura estremamente ridotta. Lo studio (ancora non sottoposto a peer review, ndr) ha preso in considerazione i campioni di 150 soggetti risultati positivi al coronavirus nonostante la vaccinazione. La prevalenza della variante sudafricana nelle persone vaccinate e positive, secondo le analisi, era 8 volte superiore a quella riscontrata nella popolazione non vaccinata. Sebbene il numero di soggetti esaminati sia limitato, il risultato è ritenuto indicativo.
"Ci saremmo aspettato solo un caso di variante sudafricana, ne abbiamo trovati 8", ha detto la professoressa Adi Stern, che ha guidato la ricerca, al quotidiano The Times of Israel. "Ovviamente, il risultato non mi ha fatto felice". La variante sudafricana, paragonata al ceppo originale e alla variante inglese, "è in grado di violare la protezione del vaccino" anche se servono ulteriori studi per un quadro più preciso. Il professor Ran Balicer, direttore delle ricerche al Clalit, ha definito l'indagine "molto importante. "E' il primo" studio "al mondo basato su dati reali e mostra che il vaccino è meno efficace contro la variante sudafricana in confronto" all'efficacia davanti "al virus originale e alla variante britannica". "Questi risultati preliminari -ha aggiunto- rendono necessaria un'attenzione costante alla diffusione di questa variante in Israele e sottolinaeno la necessità di un monitoraggio".