"Sono stato ieri a Irpin" racconta il fotoreporter italiano all'Adnkronos
"Una zona di conflitto è sempre pericolosa. E Irpin, dove sono stato ieri, è la zona più calda nei pressi di Kiev". Lo racconta all'Adnkronos il fotoreporter Fabio Bucciarelli, che dalla capitale ucraina sta raccontando il conflitto per Rai 3, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica e il giornale tedesco Zeit.
Anche Bucciarelli in passato ha collaborato con il New York Times, come aveva fatto Brent Renaud, il giornalista statunitense di 51 anni, ucciso oggi da soldati russi a Irpin, vicino a Kiev.
"Non lo conoscevo", dice il fotoreporter italiano, che ieri è stato a documentare la situazione proprio a Irpin: "È a 25 chilometri dal centro di Kiev. E anche se negli ultimi 5/6 giorni i militari ucraini hanno tenuto le posizioni, l'esercito russo si sta muovendo e si sta diffondendo a macchia d'olio", spiega Bucciarelli, riferendo di "scene pazzesche, di guerra".
"Nelle ultime due settimane sono stato contattato da non so quanti fotografi amateur, che hanno evidentemente preso questo posto come un luna park, senza avere nessun tipo di esperienza di conflitto, senza aver mai documentato, senza magari aver mai neanche avere le protezioni". Da Kiev lancia "un appello a editori, giornali e televisioni a fare tre o quattro controlli prima di prendere lavori o lavorare con una persona. Che controllino che abbiano le protezioni, che controllino che abbiano fatto un training di guerra di primo soccorso medico, che controllino che abbiano il kit medico. Questo è molto importante", dice. Bucciarelli ha una lunga esperienza in zone di conflitto, "ho fatto anche due training di guerra per sapere come reagire, ho l'elmetto, il casco, il kit medico di primo soccorso", racconta.
Nella capitale ucraina "tanti giornalisti se ne sono andati già da un po', quelli rimasti sono per la maggior parte fotografi". Quello che sta andando in scena nel Paese dell'Europa dell'Est "è un conflitto acceso, che sta degenerando giorno dopo giorno. Dopo due settimane abbiamo le fosse comuni a Mariupol, neanche in Siria dopo due settimane c'erano le fosse comuni".
"I fotografi - ribadisce Bucciarelli - se non hanno il training e l'esperienza adeguata stiano a casa, ma anche coloro che gli comprano i pezzi e le fotografie si devono prendere le responsabilità. Non prendi una persona così: può fare le foto belle quanto vuoi, però qui non si parla di qualità di immagini, ma di sicurezza, quindi non ti improvvisare per favore fotografo di conflitto".