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Russia, ricercati procuratore e giudici Cpi dopo mandato d'arresto per Putin

Il leader del Cremlino è accusato di aver facilitato la deportazione forzata di bambini ucraini in territorio russo

(Afp)
(Afp)
19 maggio 2023 | 19.27
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Il ministero dell'Interno russo ha annunciato l'inclusione del procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), Karim Khan, nonché di tre magistrati dell'istituzione, nella sua lista di "persone ricercate" per aver emesso un "mandato d'arresto illegale" contro il presidente russo Vladimir Putin, accusato dal tribunale di aver facilitato la deportazione forzata di bambini ucraini in territorio russo.

Il governo russo indica che sia Khan che i magistrati che si occupano del caso, Tomoko Akane, Rosario Salvatore Aitala e Sergio Gerardo Ugalde Godinez, hanno agito "senza motivi di responsabilità penale" agendo contro un capo di stato straniero il cui Paese non riconosce dal 2016 lo Statuto di Roma che funge da base per la Corte penale internazionale (CPI).

Per questo il ministero dell'Interno russo accusa il procuratore capo e i giudici di aver adottato, con la loro ordinanza contro Putin e il Commissario per i diritti dell'infanzia, Maria Lvova-Belova, una decisione illegale, contraria alla Convenzione per la prevenzione e la punizione dei crimini contro le persone protette a livello internazionale, in base alla quale "i capi di stato godono dell'assoluta immunità dalla giurisdizione di stati stranieri", secondo un comunicato del ministero dell'Interno raccolto da Interfax.

Il ministero sostiene che il Tpi abbia commesso un reato accusando persone "chiaramente innocenti" di aver commesso un reato particolarmente grave e "aggredendo un rappresentante dello Stato che gode dell'immunità diplomatica" per complicare le relazioni internazionali.

Era stato nei giorni scorsi il capo del Comitato investigativo della Federazione Russa, Alexander Bastrykin, ad aprire un procedimento penale contro i vertici del Tribunale di primo grado e i giudici responsabili di tale decisione, ritenendo che le loro azioni fossero illegali perché, secondo la Russia, non c'erano motivi per ritenere Putin e Lvova-Belova responsabili del reato di "deportazione forzata di bambini".

Il Cremlino ha costantemente negato la deportazione forzosa di bambini ucraini di fronte alle accuse mosse da Kiev e dai suoi alleati. Secondo il governo ucraino, dall'inizio del conflitto almeno 16mila bambini sono finiti sfollati contro la loro volontà in territorio russo, mentre un recente studio presentato a febbraio dalla Yale University ha denunciato almeno 6mila bambini ucraini distribuiti in 40 collegi russi.

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