Pechino chiede gli Houthi di fermare gli attacchi alle navi
La Cina rilancia la richiesta agli Houthi dello Yemen affinché fermino gli attacchi a mercantili nel Mar Rosso. "Siamo molto preoccupati per le crescenti tensioni nel Mar Rosso", ha ribadito il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, con la rinnovata sollecitazione a "cessare gli attacchi" contro "navi civili" e l'invito "a tutte le parti" a "smettere di alimentare le tensioni". Parole che arrivano nelle ore dei colloqui a Bangkok tra il numero uno della diplomazia cinese, Wang Yi, e il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, al quale il tabloid nazionalista cinese 'Global Times' chiede "gentilezza".
Sul tavolo, secondo il 'Wall Street Journal', anche gli attacchi degli Houthi dello Yemen nel Mar Rosso dopo che nei giorni scorsi il 'Financial Times' ha scritto che gli Stati Uniti hanno chiesto a Pechino di sollecitare Teheran, usando la sua influenza sull'Iran, per tenere a freno gli Houthi dello Yemen, registrando scarsi segnali di aiuto dal gigante asiatico.
Sinora, evidenzia il 'South China Morning Post', la Cina è stata "cauta", manifestando solo "preoccupazioni" per la situazione senza condannare gli Houthi o mobilitare sue forze. Per Jeremy Chan, analista di Eurasia Group citato dal giornale, l'incontro tra Sullivan e Wang è un passo in avanti rispetto a contatti diplomatici a livelli meno alti per chiedere al gigante asiatico di usare le sue leve sull'Iran per 'contenere' gli Houthi.
E la due giorni di colloqui a Bangkok sarà incentrata in buona parte sul Mar Rosso, dossier su cui gli Usa sperano in una "rara occasione di collaborazione". Anche perché, evidenzia il giornale, se è vero che sinora non sono mai state attaccate navi cinesi, è anche vero che le compagnie di navigazione cinesi, compreso il colosso Cosco, hanno modificato le rotte.
Ma, osserva Chan, nonostante l'aumento dei costi di trasporto la Cina è stata comunque riluttante rispetto a una mediazione e "ha invece preferito" collegare gli attacchi degli Houthi al conflitto a Gaza e "criticare i raid aerei anglo-americani contro obiettivi degli Houthi in Yemen", bollati come operazioni che "gettano benzina sul fuoco". Così, "la questione cruciale è se Sullivan riuscirà a convincere Wang a cambiare la posizione della Cina e quali concessioni Pechino chiederà in cambio a Washington".
Secondo Wang Yiwei, docente di relazioni internazionali alla Renmin University of China, Washington vorrebbe anche convincere Pechino a sostenere le risoluzioni proposte in sede di Consiglio di Sicurezza Onu con la speranza che il gigante asiatico usi poi la sua influenza sulla Russia (tra i membri permanenti con Usa, Cina, Regno Unito e Francia). Tuttavia, osserva Chan, gli interessi della Cina in Medio Oriente sono nei Paesi del Golfo e probabilmente, "alla luce di queste dinamiche, il tempo di Sullivan potrebbe esser speso meglio parlando con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti piuttosto che con la Cina".
Pechino e Washington hanno però entrambe interesse alla stabilità nel Mar Rosso e Chong Ja Ian, docente di Scienze politiche alla National University di Singapore, afferma di aspettarsi che Sullivan e Wang possano "trovare aree" in cui è possibile "coordinarsi se non collaborare". Il Dragone è interessato alla stabilità e alla sicurezza dell'intero Medio Oriente, ma potrebbe dover soppesare l'influenza che ha su Teheran con il costo delle pressioni sull'Iran a livello di capitale politico. E, conclude Chong, la Cina potrebbe offrire "qualche mossa" per contenere gli attacchi degli Houthi, "ma, per esser chiari, ha interessi importanti nel Mar Rosso e in Medio Oriente e non sta facendo la carità".
Già mercoledì il ministero degli Esteri di Pechino assicurava che "la Cina è pronta a lavorare con tutte le parti per contribuire a calmare la situazione e tutelare la sicurezza e la stabilità della regione", riferendo che Pechino "è stata in contatto con diverse parti" e di un "lavoro portato avanti in modo attivo per allentare le tensioni".
Oggi il 'Global Times' scrive che "se gli Usa vogliono cooperare con la Cina per promuovere insieme una soluzione pacifica della crisi del Mar Rosso, il loro messaggio verrebbe recepito meglio senza sfumature irritanti o ambigue". E rivendica come l' "approccio" del Dragone nella regione sia "più attraente della prassi americana di creare 'cerchie esclusive'".
Gli Stati Uniti, si legge in un lungo editoriale intitolato 'Se gli Stati Uniti hanno bisogno della Cina nel Mar Rosso dovrebbero parlarle in modo gentile', hanno "sempre riservato attenzione speciale alle relazioni della Cina con l'Iran, ma per la maggior parte del tempo hanno visto i rapporti con una visione distorta" e la "cooperazione" tra la Repubblica Popolare e la Repubblica Islamica è stata "costantemente demonizzata" dagli Usa.
Il 'Global Times' insiste sulla "causa all'origine" della situazione nel Mar Rosso, che "deriva dall'allargamento del conflitto di Gaza", e sulla soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese, ma anche sul fatto che "sin dall'inizio del conflitto russo-ucraino", con l'invasione russa dell'Ucraina che Pechino in due anni non ha mai condannato esplicitamente, gli Stati Uniti "hanno sempre cercato di portare la Cina nella loro agenda strategica in quasi tutti i principali conflitti geopolitici, facendo leva sulla teoria della 'responsabilità cinese'".