Intervista alla vigilia della sua partenza dopo quasi 10 anni a Roma: "Al mio successore auguro successi nel portare avanti le politiche del presidente Putin"
"Io un falco? Sono un ardente sostenitore della libertà di parola e di stampa, ma tutto ha un limite". Sergey Razov, ambasciatore russo in Italia da quasi dieci anni, prossimo a lasciare l'incarico ad Alexei Paramonov, replica così, in un'intervista all'Adnkronos, all'accusa di aver usato negli ultimi mesi toni troppo alti, contribuendo a deteriorare ulteriormente i rapporti tra Roma e Mosca. Rapporti che, ammette, "sono lontani dalla normalità" e per i quali auspica un ritorno agli "standard storici". E al suo successore a Villa Abamelek, atteso a breve, augura "successo nel portare avanti con coerenza le politiche" di Vladimir Putin.
"Anche senza incarico rimango ambasciatore e quindi mi esprimerò in modo diplomatico - premette Razov, che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina non ha risparmiato attacchi ai giornali italiani e ad alcuni ministri, contestando tra l'altro l'impegno per Kiev - Le relazioni sono purtroppo lontane dalla normalità. Il dialogo ai massimi e più alti livelli è cessato. Molti efficaci meccanismi di consultazione e interazione sono stati congelati. Le sanzioni esercitano un pesante impatto negativo sul commercio e sulla cooperazione economica, finanziaria, scientifica, tecnica e culturale. Auspico vivamente che questo fenomeno sia temporaneo rispetto agli standard storici. Continuo a ripetere che le crisi vanno e vengono, ma gli interessi restano. Sono assolutamente certo che gli interessi fondamentali dei popoli russo e italiano siano affini. Lo testimoniano secoli di simpatia, cooperazione e sostegno reciproci".
Poi, parlando del suo mandato, ricorda i momenti più difficili e le esperienze più significative, non tralasciando il rammarico per la piega che i rapporti hanno preso. "Tutto nella vita ha un inizio e una fine. L’incarico all'estero sta per finire. Il tempo è volato molto velocemente, come accade quando si svolge un lavoro interessante in un luogo interessante - commenta Razov, che si è insediato all'ambasciata a Roma il 6 maggio del 2013, proveniente da Pechino - In questi anni di vita dell'Italia e della Russia, nelle nostre relazioni bilaterali ci sono stati molti eventi memorabili".
"Ho partecipato direttamente all'organizzazione delle visite in Russia del presidente della Repubblica, di tre presidenti del Consiglio, dei presidenti del Senato e della Camera di Deputati e di molti ministri. A sua volta, nel corso degli anni, il presidente russo, Vladimir Putin, ha visitato l'Italia tre volte. Sono stati ricevuti il premier, il ministro degli Esteri e molti altri leader - ricorda il diplomatico - Questo è il lato professionale delle cose. Dal punto di vista umano, mia moglie e io abbiamo visitato la maggior parte delle regioni della bella Italia e soprattutto, abbiamo conosciuto centinaia di funzionari e semplici cittadini del vostro Paese, ai quali abbiamo trasmesso sentimenti di amicizia e dai quali abbiamo sempre riscontrato simpatia. In qualità di ambasciatore non ho avuto altri compiti e incarichi, se non quello di rafforzare il partenariato e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa". Ma Razov ha un "unico rammarico ed è che nell'ultimo anno e mezzo le nostre relazioni, per ragioni ben note, si sono deteriorate".
L'ambasciatore parla poi anche del momento più difficile del suo mandato in Italia, a parte la guerra: "Forse le difficoltà legate alla pandemia di Covid che non ha risparmiato il personale delle istituzioni russe in Italia e le restrizioni dovute al prolungato regime di isolamento. In questo contesto, non posso non ricordare l'assistenza disinteressata fornita dai medici militari russi e dagli specialisti della difesa biologica. Per 46 giorni, nell'epicentro della malattia, a Bergamo e Brescia, hanno combattuto spalla a spalla con i colleghi italiani contro questa malattia fino ad allora sconosciuta".
Ma ci sono anche tanti bei ricordi, prosegue Razov tracciando il bilancio del suo mandato: "La maggior parte riguarda incontri cordiali e affettuosi con cittadini italiani comuni in varie parti del vostro Paese. Colgo l'occasione, tramite la vostra agenzia, per inviare a tutti loro i miei saluti e i miei migliori auguri di buona salute e prosperità". Il diplomatico non vuole invece sbilanciarsi su quali siano state le personalità, politiche e non solo, che in questi dieci anni lo hanno colpito di più: "Durante i miei lunghi anni da ambasciatore, in Italia ci sono stati sette governi, ognuno con le sue peculiarità, anche relativamente all’atteggiamento nei confronti della Russia e alle relazioni con il nostro Paese. Per ovvie ragioni, mi asterrò dall’entrare nello specifico e, a maggior ragione, dall'esprimere valutazioni personali".
Quindi la difesa dall'accusa di essere un 'falco': "Mi sorprende la scarsa conoscenza ornitologica dei critici. Secondo loro o sei colomba o sei falco - replica Razov - Come dovrebbe comportarsi, secondo lei, un ambasciatore quando sulle pagine di uno dei principali quotidiani italiani viene pubblicato un corsivo che discute seriamente della possibilità e dell'opportunità di rimuovere fisicamente il presidente del Paese di cui è il legittimo rappresentante? Ritengo che, nel rigoroso rispetto della legislazione del vostro Paese, sarebbe vostro dovere professionale e civile denunciare l'autore e la redazione del giornale alle autorità giudiziarie. Oppure quando un altro giornale nazionale pubblica un articolo apertamente russofobico che dichiara la leadership russa un 'regime fascista' e il popolo russo niente meno che una 'nazione fascista'".
"Dovete convenire che tutto ha un limite - sostiene l'ambasciatore, al cui successore ieri i direttori di sei giornali italiani hanno inviato una lettera appello per chiedere il rilascio del giornalista americano Evan Gershkovich, arrestato in Russia con l'accusa di spionaggio - Ho dovuto scrivere una lettera aperta al comitato di redazione di questo giornale (che, tra l'altro, pare abbiano avuto paura di pubblicare), ricordando che il popolo sovietico ha perso 27 milioni di cittadini nella lotta contro il fascismo e ha patito sofferenze incalcolabili, mentre la stessa parola 'fascismo', (che, per inciso, è di origine italiana) è odiata dalle attuali e future generazioni di russi. Ci sarebbero anche altri esempi. Sono un ardente sostenitore della libertà di parola e di stampa. Solo che, a mio avviso, questa libertà implica anche l’assunzione di responsabilità per ciò che si dice e si pubblica. Alcuni, tuttavia, sembrano dare valore solo alla propria libertà di espressione, mentre sono impazienti di etichettare gli altri". "Ma del resto e falco sia - rivendica infine - un uccello apprezzato".
Razov si appresta dunque a tornare a Mosca: "Non so ancora cosa andrò a fare. Penso che dopo quasi cinquant'anni di servizio pubblico, di cui trenta come ambasciatore in vari Paesi, troverò il modo di impiegare il mio tempo". Consigli da dare al suo successore? "Credo che non abbia bisogno di alcun consiglio - chiosa - Gli auguro successi nel portare avanti con coerenza la politica del presidente della Federazione russa nei confronti dell'Italia".