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Israele sotto accusa all'Aja per genocidio, oggi la sentenza

Dopo il ricorso, presentato dal Sudafrica, è attesa per oggi la decisione sulle eventuali misure cautelari da adottare nei confronti dello Stato Ebraico. Hamas: "Pronti a rispettare tregua ordinata da Corte se la controparte farà lo stesso"

Raid di Israele nella Striscia di Gaza (Afp)
Raid di Israele nella Striscia di Gaza (Afp)
26 gennaio 2024 | 00.13
LETTURA: 4 minuti

La Corte internazionale di giustizia deciderà oggi, venerdì 26 gennaio, sulle eventuali misure cautelari da adottare nei confronti di Israele nell'ambito del ricorso presentato dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per il crimine di genocidio. Secondo gli osservatori la Corte dell'Aja potrebbe stabilire una serie di misure tra cui anche chiedere lo stop dell'operazione militare nella Striscia di Gaza.

In una dichiarazione, diffusa su Telegram, Hamas si dice pronto a rispettare qualsiasi decisione della Corte Internazionale di Giustizia che richieda il cessate il fuoco a Gaza se lo farà anche Israele. La notizia, rilanciata dal sito di Al Jazeera, in vista dell'udienza con cui la Corte oggi dovrà annunciare se concederà misure di emergenza, Hamas afferma che rilascerà tutti gli ostaggi israeliani se Israele scarcererà tutti i prigionieri palestinesi. "Il nemico sionista deve mettere fine al suo assedio di 18 anni a Gaza e far entrare tutto l'aiuto necessario alla popolazione e alla ricostruzione", conclude la dichiarazione.

La decisione dell'Aja è vincolante e non appellabile, ma non è detto che Israele decida di rispettarla dato che la Corte non ha gli strumenti per far rispettare le sue sentenze.

L'accusa del Sudafrica

Nel ricorso presentato dal Sudafrica si chiede alla Corte di determinare se i comportamenti di Israele rappresentino violazioni della convenzione contro il genocidio di cui fanno parte sia Tel Aviv che Pretoria. Lo Stato sudafricano, nello specifico, accusa Israele non solo di commettere atti di genocidio, ma anche di una mancata prevenzione e repressione di atti di genocidio imputabili alle truppe. La Convenzione, infatti, vieta agli Stati gli atti di genocidio, ma prevede anche il loro obbligo di prevenire e reprimere i corrispondenti atti individuali.

La posizione di Israele

Chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza significherebbe "incoraggiare Hamas" e altri gruppi terroristici, negando a Israele il diritto di difendersi, ha spiegato il team legale d'Israele, davanti alla Corte, respingendo le accuse. Accuse, veniva argomentato, che vengono smentite dagli sforzi per gli aiuti umanitari e si basano su quadro "distorto" delle dichiarazioni del governo israeliano. "Tanto più che è Hamas a volere il genocidio degli israeliani" sottolineano gli avvocati.

La richiesta di cessate il fuoco punterebbe, quindi, a proteggere Hamas dalla risposta d'Israele alle atrocità del 7 ottobre. Accoglierla, ha affermato il giurista Gilad Nolan nelle dichiarazioni finali, "sarebbe un segnale ai gruppi terroristi che possono commettere crimini di guerra e contro l'umanità e poi chiedere la protezione della stessa Corte". In questo modo "s'indebiliscono" gli sforzi della Corte per punire i genocidi, trasformandola "in un'arma nelle mani di terroristi che non hanno nessun rispetto per l'umanità e il diritto internazionale".

"Ogni azione intrapresa da Israele è giustificata al fine di mantenere la sicurezza dei civili dopo gli attacchi del 7 ottobre", aveva affermato Tal Becker, il consulente legale del ministero degli Esteri israeliano all'apertura del secondo giorno di udienze presso la Corte internazionale, sottolineando che i firmatari della denuncia "hanno presentato un quadro manipolativo degli eventi e hanno erroneamente utilizzato il termine 'genocidio', svuotandolo di contenuto".

Quanto alle accuse di volere il genocidio della popolazione palestinese, il team legale ha sottolineato che ciò viene smentito dalle diverse azioni adottate da Israele per ridurre le vittime civili e permettere la distribuzione di aiuti umanitari. Se il genocidio fosse stato lo scopo, "Israele avrebbe forse rinviato le operazioni di terra per settimane", ha chiesto Galit Raguan, alto funzionario del ministero israeliano della Giustizia.

Netanyahu e l'impegno per la 'vittoria totale' contro Hamas

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito soltanto ieri il suo impegno per la "vittoria totale" contro Hamas, nel corso della sua visita alle truppe israeliane al confine con la Striscia di Gaza. "La vittoria totale significa l'eliminazione di Hamas, il ritorno di tutti i nostri prigionieri. Non abbiamo rinunciato a questo obiettivo" ha detto il premier israeliano secondo quanto riferisce 'The Times of Israel'. Netanyahu ha promesso che approfondirà "le radici nella nostra terra" sradicando "i nostri nemici" perché noi saremo qui, loro non ci saranno".

Palestinesi in piazza per chiedere fine guerra

Gli abitanti della Striscia di Gaza sono tornati in piazza, ieri a Khan Younis nel sud dell'enclave palestinese, per chiedere a Hamas e a Israele di mettere fine al conflitto in corso. La Dpa ha parlato di decine di paesone scese in strada a protestare, mentre secondo il quotidiano israeliano Haaretz a manifestare erano in centinaia. I presenti hanno chiesto un cessate il fuoco sia al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sia al leader di Hamas a Gaza Yehya al-Sinwar. Come si vede dal video, condiviso dal sito di Haaretz, alla marcia hanno partecipato soprattutto ragazzi e uomini.

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