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Ostaggi Hamas, Biden invia capo Cia a Gaza per lavorare ad accordo su liberazione

Nei prossimi giorni sarà anche in Europa per colloqui sui possibili negoziati

Manifestazione per la liberazione degli ostaggi in Israele (Afp9
Manifestazione per la liberazione degli ostaggi in Israele (Afp9
25 gennaio 2024 | 19.25
LETTURA: 3 minuti

Per aiutare a mediare un ambizioso accordo tra Hamas ed Israele, che porti alla liberazione degli ostaggi, il presidente Biden intende inviare nei prossimi giorni a Gaza il direttore della Cia, William J. Burns. L'intesa comprenderebbe il rilascio degli ostaggi ancora a Gaza in cambio della pausa dalle ostilità più lunga, registrata dall'inizio della guerra. Lo rivela il Washington Post, citando fonti informate secondo le quali Burns sarà anche in Europa per colloqui e a incontrare i capi dell'intelligence israeliana e egiziana, David Barnea e Abbas Kamel, e il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani.

Le discussioni che Burns avrà in Europa - continua il Post che non specifica in quale Paese europeo avverranno gli incontri, che lo scorso dicembre sono avvenuti a Varsavia - continueranno il lavoro che il diplomatico diventato capo dell'intelligence Usa ha condotto in conversazioni telefoniche con le sue controparti. Egitto e Qatar sono i mediatori chiave tra Israele e Hamas, ed hanno permesso che arrivasse al primo accordo di tregua e rilascio ostaggi lo scorso novembre. A oggi, però, le tensioni tra Qatar e Benjamin Netanyahu sono ora alle stelle, dopo la diffusione di audio in cui si sente il premier screditare Doha, durante un incontro con i familiari degli ostaggi.

La situazione attuale

L'ultima proposta israeliana prevede 60 giorni di pausa del conflitto in cambio di un rilascio graduale degli oltre 100 ostaggi, cominciando da donne e bambini, per passare poi a uomini civili, e poi i militari, prima donne e poi uomini, insieme ai corpi degli ostaggi che sono morti durante la loro detenzione. La pausa non impedirebbe ad Israele di riprendere a combattere dopo i due mesi di tregua, in linea con l'obiettivo dichiarato da Netanyahu della "totale distruzione" di Hamas.

Israele ha anche proposto che i principali leader di Hamas accettino di lasciare Gaza, ma una fonte informata dei negoziati ha spiegato al Post che questa non viene neanche presa in considerazione dal gruppo e dalla sua leadership militare. Inoltre Hamas rifiuta la proposta dei 60 giorni di tregua, affermando che il prossimo rilascio di ostaggi avverrà solo in cambio di un cessate il fuoco permanente.

I nodi ancora aperti

Diverse fonti informate spiegano che ci sono parecchie questioni da sciogliere per i negoziati. Secondo Samir Farag, generale egiziano a riposo, sia Hamas che Israele avrebbero mostrato la disponibilità a tornare al tavolo negoziale: "Tutti vogliono la pace, i palestinesi, Hamas, gli israeliani, ma tutti vogliono vincere nei negoziati, stiamo cercando di trovare un punto d'incontro". Farag sottolinea che il fatto di avere in mano gli ostaggi mette Hamas "in una posizione di forza: credo che Netanyahu sia sotto pressione, perché la gente in Israele vuole il rilascio degli ostaggi. Così deve fare qualcosa, altrimenti, per lui è un grande problema, soprattutto perché ha perso molti militari nella guerra".

Nonostante la situazione sul campo sia sempre più calda, con le forze israeliane che ora circondano Khan Younis dove avrebbero bombardato un compound dell'Onu con 30mila sfollati, e le scintille tra Doha e Netanyahu, Farag ritiene che le parti siano vicine ad un accordo. Ma Hamas "ha chiesto una garanzia perché a volte hanno consegnato ostaggi ma Israele li ha di nuovo attaccati".

E gli Stati Uniti sono l'unico attore in grado di dare questa garanzia, continua l'ex ufficiale della Difesa egiziano, sottolineando che il Cairo crede che Washington possa fare pressioni su Tel Aviv sul tema dell'assistenza militare. "Chi sostiene Israele? gli Stati Uniti, chi gli dà tutte le munizioni? se gli americani dicono no, allora si deve fermare".

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