Le parole del capo del Cremlino puntano a rassicurare i russi e a ridimensionare il peso delle sanzioni occidentali
Il discorso di Vladimir Putin sullo Stato della Nazione è stato intriso di propaganda e di una tensione costante contro il nemico occidentale. Non poteva essere altrimenti. Il capo del Cremlino ha usato tutte le armi retoriche a disposizione, parlando della guerra in Ucraina, del nemico nazista e di che sostiene Kiev, a partire dagli Stati Uniti imperialisti. E' però sul terreno dell'economia che ha giocato il bluff più vistoso. In più passaggi ha insistito sull'effetto limitato delle sanzioni e sulle capacità del tessuto produttivo russo non solo i reagire ma di ribaltare le forze in campo.
"La Russia sta effettivamente entrando in un nuovo ciclo di sviluppo economico, ci sono tutte le opportunità per una svolta in molti settori". La Federazione Russa, ha annunciato, "ha stanziato oltre un trilione di rubli a sostegno della sua economia per contrastare le sanzioni occidentali: fondi che saranno reperiti non con emissione di titoli ma con un forte contributo del mercato". Una frase che vuol dire poco, da un punti di vista tecnico. Se non che finanziarsi attraverso le emissioni di bond è pressoché impossibile e che il forte contributo del mercato, viste le restrizioni, può arrivare solo da Cina, Iran e Corea del Nord. Putin ha aggiunto che molte industrie nell'ultimo anno non solo non hanno diminuito la loro produzione, ma "l'hanno anzi aumentata, e che anche l'agricoltura ha mostrato una crescita a due cifre". Può essere vero solo se si fa riferimento alla produzione finalizzata all'industria bellica, e se si omette la necessità di fare i conti con l'esigenza di sopperire al calo, certificato, di importazioni ed esportazioni.
L'autarchia, tipica di un Paese in guerra, si lega anche all'affondo contro gli oligarchi, ormai un corpo estraneo all'ortodossia putiniana. "Invece che produrre tecnologia e creare posti di lavoro in Russia, i grandi uomini d'affari investivano in yacht all'estero". Putin ha ricordato che si sono arricchiti durante la stagione delle privatizzazioni degli anni '90, quando le aziende dello Stato venivano vendute "quasi per niente". Quindi, l'affondo esplicito. "Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all'estero", ha scandito, rivolgendosi poi direttamente alla cerchia degli oligarchi: "Non supplicate l'Occidente per riavere i vostri soldi. Non investite all'estero ma in Russia. Lo Stato e la società vi sosterranno".
La conclusione a cui arriva il capo del Cremlino è che "l'economia russa ha superato tutti i rischi" e che ci sono le risorse "per garantire la sicurezza e lo sviluppo del Paese". Significativi anche i passaggi in cui Putin si sofferma sulla capacità di produrre nuova tecnologia, proprio il target del decimo pacchetto di sanzioni che sta per arrivare da Bruxelles. La Russia produce nuove tecnologie che "migliorano la preparazione al combattimento dell'esercito e della marina", ha sostenuto, per poi lasciarsi andare a una rassicurazione non richiesta che tradisce l'insicurezza della narrazione: "queste tecnologie esistono, e il ritmo della loro produzione e applicazione sta migliorando".
Come se non bastassero gli sforzi necessari a sostenere la guerra, e quelli per fronteggiare le difficoltà interne, Putin promette anche la ricostruzione in Donbass: la Russia "ripristinerà posti di lavoro e costruirà strade" nelle zone dell'Ucraina sotto il suo controllo. Come dire, una volta che si sceglie il bluff, tanto vale alzare la posta. (di Fabio Insenga)