Nella nuova puntata di Minds On, la serie creata e prodotta da Adnkronos e Centro Economia Digitale, Marta Dassù, direttrice di “Aspenia” ed ex sottosegretario agli Affari Esteri, ha discusso con Giorgio Rutelli e Rosario Cerra delle questioni più calde nell’intricato scenario internazionale: dalle imminenti elezioni americane alla complessa situazione della guerra in Ucraina, passando per il crescente isolamento dell'Europa sui tavoli più importanti, cui è dedicato l’ultimo numero di “Aspenia”, dal titolo “L’Europa più sola”. Con uno sguardo disincantato ma una visione strategica chiara, Dassù ha delineato una mappa delle sfide che il mondo – e in particolare l'Europa – dovrà affrontare nei prossimi mesi, un periodo che si preannuncia incerto e potenzialmente destabilizzante.
Le elezioni USA: una scelta che influenzerà l'Europa e il mondo
Con le elezioni presidenziali imminenti, l'attenzione globale è concentrata sugli Stati Uniti. Dassù sottolinea come, a dispetto dei sondaggi che indicano un vantaggio per Kamala Harris, attuale candidata democratica, la corsa alla Casa Bianca rimanga estremamente incerta. L'attenzione non è tanto sul voto popolare, che ha già dimostrato la sua relativa irrilevanza nel sistema elettorale americano, quanto piuttosto sugli esiti nei "battleground states". Nonostante Trump e Harris abbiano approcci completamente diversi, gli esiti per l'Europa saranno significativi in entrambi i casi.
Dassù nota che Trump, durante il suo primo mandato, ha mantenuto un approccio spesso improntato a colpi di scena e tattiche aggressive, come predicato nel suo libro The Art of the Deal. Se venisse rieletto, potrebbe adottare una politica ancora più radicale, cercando di ridimensionare la burocrazia federale rafforzando la sua influenza politica con nomine mirate a rimpiazzare le strutture del cosiddetto "deep state". Quello che temono di qua dall’Atlantico è ovviamente il suo approccio alla politica estera: Trump considera l’Europa irrilevante, e ha già promesso di voler negoziare un accordo con la Russia sull'Ucraina prima ancora di assumere la carica.
D'altra parte, Harris rappresenta una nuova generazione di leadership democratica. Dassù la descrive come una figura che, pur mancando di un'esperienza forte in politica estera, ha dimostrato una crescente competenza durante la campagna elettorale. Sebbene vi sia un certo grado di continuità con la Presidenza Biden, Harris potrebbe adottare un approccio più simile a Obama, con un ripiegamento strategico degli Stati Uniti dalle grandi aree di conflitto e un maggiore focus sull'Asia. Questo spostamento potrebbe segnare una svolta significativa per l'Europa, che perderebbe il ruolo centrale nel rapporto transatlantico.
Un'America meno atlantica e più proiettata verso l'Asia
Dassù sottolinea come Biden possa essere considerato uno degli ultimi presidenti "atlantici", wilsoniani, convinti del ruolo degli Stati Uniti come difensori della democrazia occidentale e della leadership globale. L'idea che il mondo sia diviso tra regimi autoritari e democrazie, con l'America chiamata a guidare il fronte delle democrazie, ha permeato l'azione di Biden, in particolare nel supporto dato all'Ucraina contro l'invasione russa. Tuttavia, Harris, pur credendo nel valore delle alleanze, sembra meno incline a perseguire una visione così manichea del mondo, preferendo una politica di "restraint", ossia di contenimento degli interventi diretti, che riporta alla dottrina Obama.
Va comunque ricordato che il consigliere per la sicurezza nazionale di Harris, Phil Gordon, ha radici nell'era Clinton e Obama, dunque non mancheranno figure con una sensibilità più euro-atlantica, ma con una diversa enfasi sulle priorità geopolitiche.
Ucraina: un conflitto verso il cessate il fuoco
La guerra in Ucraina è stata un banco di prova fondamentale per le relazioni tra Europa e Stati Uniti, e Dassù ritiene che l'esito delle elezioni americane avrà un impatto determinante sul futuro del conflitto. In particolare, la capacità di Kiev di continuare la sua resistenza contro l'invasione russa dipende fortemente dal sostegno occidentale, che però sta cominciando a vacillare. Negli Stati Uniti, il Congresso ha mostrato segnali di fatica nel continuare a finanziare l'assistenza militare e finanziaria all'Ucraina, e una vittoria di Trump potrebbe portare a una significativa riduzione di questi aiuti.
Dassù prevede che entro il 2025 si potrebbe arrivare a un cessate il fuoco, con una soluzione che preveda una perdita territoriale per l'Ucraina. La prospettiva di una riconquista dei confini del 1991 appare ormai remota, e si va verso un compromesso che potrebbe ricordare quello tra la Russia e la Finlandia nel XX Secolo. La questione fondamentale rimane quella delle garanzie di sicurezza. Un'adesione alla Nato da parte dell'Ucraina è vista come il deterrente principale per evitare un nuovo conflitto, ma Dassù sottolinea come vi siano ancora molte resistenze, sia in Europa che negli stessi Stati Uniti.
Il rischio è che l'Ucraina, dopo un cessate il fuoco, possa trovarsi nuovamente vulnerabile a futuri attacchi russi, soprattutto se non riceverà le garanzie necessarie. L'opzione delle garanzie di sicurezza bilaterali potrebbe diventare l'alternativa più realistica, ma resta ancora da vedere quanto queste possano realmente proteggere l'Ucraina a lungo termine.
Il Medio Oriente: un equilibrio precario tra Israele e l'Occidente
Un altro tema centrale dell'intervista a è il conflitto in Medio Oriente, in particolare il rapporto tra Israele, Iran e le potenze occidentali. Dassù sottolinea che la questione è estremamente complessa, con Israele impegnato a neutralizzare i proxy iraniani come Hezbollah e Hamas. Tuttavia, questo sforzo ha esacerbato le tensioni con l'Occidente, in particolare con l'Unione Europea, che appare sempre più divisa nelle sue posizioni sul conflitto.
Netanyahu, dal 7 ottobre a oggi, è riuscito a ricostruire un ampio sostegno interno nonostante le critiche esterne. Questo ha portato a un rafforzamento della sua leadership, rendendo più difficile per l'Occidente esercitare pressione su Tel Aviv. Gli Stati Uniti, anche con Harris alla guida, probabilmente continueranno a sostenere Israele dal punto di vista della difesa, come dimostrato dalle recenti decisioni di rafforzare le capacità difensive.
L'Europa di fronte a sfide globali: più sola che mai
Uno dei temi più ricorrenti nelle analisi di Marta Dassù è la crescente solitudine dell'Europa nel nuovo ordine mondiale. L'Unione Europea, nonostante l'importanza strategica di alcune delle sue regioni, come il fronte orientale e il Mediterraneo, sembra sempre più marginale rispetto alle grandi potenze globali. Il continente non sembra preparato ad affrontare le sfide che emergeranno dopo le elezioni americane, qualunque sia il risultato.
La debolezza tecnologica e militare dell'Europa è un problema che si aggrava di fronte alla competizione strategica tra Stati Uniti e Cina. Il ritardo accumulato dall'Europa in settori chiave, come la difesa e la transizione tecnologica, è evidente, e la mancanza di investimenti sufficienti rende difficile per il continente mantenere un ruolo di primo piano nel nuovo scenario globale. Dassù sottolinea come il dibattito in Europa sia ancora dominato dalle divisioni tra i "falchi" fiscali e i paesi più disposti a investire per il futuro, lasciando poche speranze di un progresso rapido verso una maggiore autonomia strategica.
La guerra in Ucraina ha messo ulteriormente in luce le carenze dell'Europa, incapace di sostenere militarmente Kiev senza il supporto degli Stati Uniti e della Nato. Allo stesso tempo, il Medio Oriente, un'area geografica vitale per l'Europa, è sempre più lontano dall'agenda strategica del continente, mentre l'America sposta la sua attenzione verso l'Indo-Pacifico. Questo isolamento crescente pone l'Europa in una posizione difficile, costretta a fare scelte difficili nei prossimi anni.