I contratti a tasso variabile diventano più cari e salgono gli interessi da pagare agli investitori
Salgono i tassi di interesse e cresce quindi il costo del denaro. La decisione del Consiglio della Bce, che ha scelto la linea dura contro l'inflazione aumentando di 75 punti base i tassi di riferimento, porta con sé alcune conseguenze 'automatiche'. Da una parte diventano più pesanti i mutui degli italiani, dall'altra lo Stato paga di più gli interessi sul debito pubblico.
Sul primo fronte, secondo le stime del Codacons, per un mutuo da 150mila euro a 25 anni, la rata mensile passerà da 590 euro a 643 euro, cioè 53 euro in più al mese, 636 euro all'anno. Per un mutuo da 200mila euro sempre a 25 anni, stima poi l'associazione, la rata mensile passerà da 787 euro a 858 euro, +71 euro al mese e +852 euro all'anno. Va peggio a chi ha acceso finanziamenti più pesanti e di più lunga durata: su un mutuo da 250mila euro a 30 anni, la rata mensile sale da 847 euro a 937 euro, con un incremento di 90 euro al mese e un maggior esborso pari a 1.080 euro su base annua.
L’effetto di un aumento dei tassi sulla spesa per interessi dipende invece da quanto rapidamente l’aumento si estende ai nuovi titoli emessi, da come vengono sostituiti i titoli in scadenza e quindi dalla composizione dell'offerta complessiva dei titoli di Stato. Il dato certo è che lo Stato, per finanziarsi, emette periodicamente dei titoli, come i Btp Italia, e se i tassi di riferimento salgono dovrà pagare nei prossimi anni una cedola maggiore agli investitori. Ma non è detto che questo si traduca in un vantaggio per i risparmiatori. Chi ha in portafoglio titoli acquistati in passato ad un tasso di interesse più basso subisce una perdita di valore in conto capitale, perché quei titoli oggi valgono di meno e perché è possibile acquistarne di nuovi, che pagano un tasso di interesse più elevato dei precedenti.
L'altro elemento da considerare è che la parabola di rialzo dei tassi di interesse è solo all'inizio. Le parole della presidente della Bce, Christine Lagarde, sono state in questo senso eloquenti. "Lo zero non è un tasso neutrale, ma non lo è ancora neppure quello dove siamo adesso. Serviranno ancora rialzi in numerosi meeting" del Consiglio direttivo, "ma stiamo andando in quella direzione". La motivazione sta nel mandato principale della Banca centrale, quello di tenere sotto controllo l'inflazione: "Non ci siamo ancora, abbiamo ancora strada da fare", ha sentenziato Lagarde.
Evidente, a questo punto, che su tutti e due i piani, mutui e gestione del debito pubblico, alle conseguenze visibili oggi andranno sommate quelle che arriveranno dopo le prossime, scontate, mosse della Bce.