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Gender gap, gli uomini escludono le donne?

Fin dalla scuola ci viene insegnato che i maschi fanno squadra mentre le femmine sono in competizione tra loro. E' proprio così? Uno studio prova a rispondere

Colleghi a lavoro
Colleghi a lavoro
15 dicembre 2023 | 18.34
LETTURA: 6 minuti

Fin dalla scuola ci viene insegnato che i maschi fanno squadra mentre le femmine sono in competizione tra loro (e di solito per accalappiarsi un buon partito). Un luogo comune che, come tutti i luoghi comuni, ha un fondo di verità ma che rischia soprattutto di diventare una tipica ‘profezia che si autoavvera’, cioè una credenza che orienta i comportamenti in modo tale che alla fine si arriva proprio al risultato che conferma la credenza stessa. Mentre non sembra che ci siano ragioni biologiche perché le donne non possano supportarsi a vicenda, la questione sembra più che altro culturale, e molto antica.

La prima domanda da farsi è se sia davvero così, specialmente nel mondo del lavoro dove la componente ‘rosa (per rifarci a un altro stereotipo)’ ricopre pochissimi posti dirigenziali e ha a che fare tutti i giorni con il famoso ‘soffitto di cristallo’. La scarsa presenza femminile ai ‘piani alti’ è un fatto, ma lo si può spiegare (anche) tirando in ballo la ‘comunella’ tra uomini, che li spingerebbe a spalleggiarsi, avvantaggiarsi o semplicemente scegliersi fra loro, escludendo più o meno consciamente ogni tipo di alleanza con le donne?

Oppure è tutto un bias, ovvero un pregiudizio mentale, uno di quelli il cervello ama perché gli semplificano la vita, gli consentono di andare ‘col pilota automatico’ e di non doversi sforzare a usare il senso critico?

Uno studio condotto in America ha provato a rispondere a questa domanda, partendo proprio dai nostri preconcetti, e arrivando alla conclusione che bias inconsci ci guidano ogni giorno, uomini e donne, anche sul posto di lavoro.

Lo studio: voce anche agli uomini e microaggressioni sotto la lente d’ingrandimento

Lo studio è stato realizzato dalla Integrating Women Leaders Foundation (IWL), azienda americana con sede nell’Indiana, e aveva l’obiettivo di mettere al centro il tema dell’alleanza tra i due sessi, di misurare la percezione dei dipendenti riguardo soprattutto l’avanzamento di carriera di donne e altri gruppi sottorappresentati, nonché quanto gli uomini siano alleati delle donne. Due le particolarità: la prima è che l’analisi ha dato voce anche gli uomini e al loro punto di vista, la seconda è che sono state prese in considerazioni anche le microaggressioni.

Spoiler: dalla survey in effetti sono emerse delle rilevanti differenze di vedute tra le due metà del cielo, in particolare gli uomini si percepiscono migliori e più proattivi nell’alleanza tra sessi e nel supportare le colleghe di come li vedono invece le donne.

Il concetto di ‘Alleanza’, sempre più importante dopo la pandemia

Lo studio parte da un assunto, che il concetto di ‘alleanza’ sia salito alla ribalta con la pandemia da covid 19, quando la cooperazione, ‘l’unione fa la forza’, e il ‘ce la faremo insieme’ sono stati sentiti come elementi centrali per uscire dalla crisi. Un sentimento che è perdurato anche di fronte alle crisi successive. Sul lavoro, l’alleanza diventa un fattore indispensabile per creare un ambiente più equo per le donne ma anche per altri gruppi marginalizzati e sottorappresentati, perché comprende vari aspetti quali supporto, inclusione, diversity, opportunità ma anche la leadership, che ha un ruolo chiave per realizzare qualsiasi cosa in un’organizzazione.

Fin qui la parte positiva dell’alleanza, ma per gli intervistati si tratta anche di un concetto ancora alla fase iniziale, che spesso nasconde solo un’adesione di facciata, che è faticoso e sfidante (non a caso molti uomini dicono di non aver agito per mancanza di tempo e per i troppi impegni).

Uomini e donne percepiscono le cose in modo diverso

Uomini e donne dunque percepiscono le cose in modo diverso, ma in che cosa nello specifico?

Alla domanda su quanto la loro azienda stesse facendo progressi nell'avanzamento delle donne in ruoli di leadership, il 72% delle donne e l’88% degli uomini si è detto ‘Molto d’accordo’ o ‘D’accordo’. Una differenza di 16 punti percentuali. Inoltre, meno della metà delle donne (46%) vede l’azienda come molto trasparente per quanto riguarda informazioni e metriche sull'avanzamento delle donne e di altri gruppi sottorappresentati, a fronte di un 60% tra i maschi.

Anche sull’applicazione pratica del concetto di alleanza ci sono differenze notevoli: a tutti i livelli dell'organizzazione, gli uomini consideravano gli altri uomini come "attivi" o "sostenitori" quasi il doppio rispetto alle donne:

• Executive/C-Suite: 77% maschi contro 45% donne

• Middle e Senior Management 67% maschi contro 36% donne

• Lower Management 51% maschi contro 28% donne

E ancora: quasi 1 intervistato uomo su 2 (49%) ha riferito di aver visto uomini intraprendere azioni per essere alleati delle donne, un dato che si dimezza nelle risposte delle donne: solo circa 1 su 4 ritiene altrettanto (28%). Un dato interessante è che la percezione è speculare pensando alle donne leader in azienda che sono alleate delle donne: per il 73% delle colleghe hanno l’opportunità di esserlo, una convinzione condivisa solo da poco più di un 1 uomo su 2 (51%).

Scendendo poi ancora più nel pratico, il divario di percezione tra maschi e femmine si allarga ulteriormente. Per quanto riguarda chi ha risposto "sempre" o "frequentemente", è emerso:

• uomini che danno credito alle donne per le loro idee e contributi: 71% uomini, il 90% afferma di averlo fatto in prima persona – 40% donne

• uomini che sostengono la promozione delle donne: 44% uomini - il 57% afferma di averlo fatto in prima persona – 19% donne

• Uomini che difendono le donne, anche quando le donne non sono nella stanza: 44% uomini, il 74% afferma di averlo fatto in prima persona - 13% donne

• Uomini che parlano per le donne nelle riunioni interne: 37% uomini, il 60% afferma di averlo fatto in prima persona – 15% donne

• Uomini che ‘protestano’ se altri uomini stanno svalutando le donne nelle riunioni e in altre interazioni: 15% uomini, il 23% afferma di averlo fatto in prima persona – donne 4%.

Le microaggressioni

Un capitolo molto importante analizzato dallo studio è quello delle microaggressioni, spesso poco considerate ma che invece hanno un impatto notevole sul clima aziendale, sul lavoro e sui percorsi di carriera. Si tratta infatti di messaggi sottili, spesso inconsci o vissuti come qualcosa di culturale (i luoghi comuni, appunto), che svalutano, scoraggiano e compromettono le prestazioni di chi le riceve. Il 65% delle donne intervistate ha riferito di aver sperimentato offese quotidiane verbali, comportamentali o riconducibili all’ambiente in generale.

L’analisi ha proposto 12 diversi tipi di microaggressioni, rispetto alle quali gli intervistati dovevano dire sia quello che vedono accadere nella propria azienda nei confronti delle donne, sia se nell’ultimo anno avessero sperimentato in prima persona una delle microaggressioni.

Secondo gli intervistati di sesso maschile, le microaggressioni più frequenti si verificano con la stessa frequenza tra uomini e donne; inoltre i maschi si sentono personalmente "trascurati per una promozione o un incarico" più spesso di quanto credano che le stesse cose accadano alle donne.

Secondo le intervistate, le microaggressioni più frequenti sono cinque:

• essere interrotti più spesso di altri

• vedere il proprio parere messo in discussione nella propria area di competenza

• non essere accreditati per i contributi apportati

• essere trascurati per una promozione o un incarico

• essere invitati a fare "lavori d'ufficio" (programmare riunioni, prendere appunti, ecc.)

 

Come si vede dalla tabella, anche per quanto riguarda la percezione del fenomeno ‘microaggressioni’ uomini e donne si piazzano su pianeti diversi. Sembra dunque che i maschi si credano colleghi migliori di quanto non siano nella realtà, ma, come affermano gli stessi autori dello studio, occorrerà approfondire come le due metà del cielo si avvicinano al concetto di alleanza sul lavoro e come far sì che da una fase iniziale si passi a un approccio collaborativo più consolidato. In definitiva, i benefici di un ambiente più equo e inclusivo ricadranno sul benessere e la produttività dei singoli e dunque anche sulle aziende e sul sistema economico nel suo complesso.

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