Il Csc nel Rapporto di previsione: "Pil 2021 a +4,1%, +4,2% nel 2022. Tradurre presto il Recovery in azioni e investimenti"
L’Italia in risalita dalla voragine ma l’esito è incerto. Così il Centro studi Confindustria nella sintesi del nuovo rapporto di previsione. "La priorità assoluta dei prossimi giorni e settimane è il progresso della campagna vaccinale" sottolinea il Centro studi Confindustria. Sullo scenario di base dell'andamento dell'economia "vi è un elevato grado di incertezza - scrive il Csc - dovuto alle difficoltà di prevedere la dinamica della crisi pandemica, da cui dipendono i futuri andamenti economici. L’ipotesi di fondo è che la strada verso l’uscita dalla crisi sia tracciata, con la vaccinazione di massa entro l’estate 2021, precondizione per un allentamento delle restrizioni e una ripartenza dell’economia. La determinazione del governo nel raggiungere gli obiettivi rassicura in tal senso".
Ci sarebbe inoltre una crescita "più debole rispetto a quanto previsto se il tasso di contagio del virus riprendesse a crescere, anche a causa di nuove varianti, prima che i vaccini potessero essere pienamente disponibili o se proseguissero i ritardi nella loro somministrazione, anche a causa della sfiducia presso una parte della popolazione che potrebbe ostacolarne l’adozione", avverte il Csc. Inoltre, "se le scelte di policy finissero per ritirare il sostegno a imprese e famiglie prima che la ripresa economica si consolidi, nel corso del 2021, ciò potrebbe generare una crescita dei fallimenti, ulteriori perdite occupazionali e di reddito".
"A fine 2022 il lungo recupero dell'economia italiana porterà alla completa chiusura del gap generato con la crisi pandemica". Così il presidente di Confindustria Carlo Bonomi sulle stime del rapporto del Csc. "Altri grandi Paesi europei recupereranno prima, la Germania già a fine 2021", osserva Bonomi, sottolineando che per la ripresa dell'Italia sarà fondamentale "la rapidità del piano vaccinale, l'implementazione efficace e rapida del Next Generation Eu e alcune cruciali scelte di politica finanziaria, quali l'allungamento dei prestiti bancari alle imprese e la riconsiderazione dei criteri di sostenibilità".
Gli Stati Uniti e la Cina "hanno ripreso lo sviluppo pre-covid". L'Ue invece "è in ritardo e soprattutto i Paesi del Mediterraneo rischiano una crescita troppo lenta"; l'industria manifatturiera italiana "sta trainando la tenuta economica del nostro Paese" sottolinea il presidente di Confindustria. Quanto al settore del turismo in Italia "richiede la massima attenzione sul fronte della politica economica per assicurarne la tenuta ed il rilancio".
Il Csc prevede un graduale recupero del Pil italiano, concentrato nella seconda metà di quest’anno, arrivando al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022. Secondo l'ultimo rapporto di previsione del Centro studi Confindustria, "a fine 2022 l’economia dovrebbe colmare la voragine aperta nel 2020 dalla pandemia". Rispetto allo scenario di ottobre, per il 2021 si ha una revisione al ribasso di 0,7 punti. Questa previsione, spiega il Csc, è condizionata all’avanzamento della vaccinazione di massa in Italia ed Europa: l’ipotesi è che il Covid sia contenuto in modo efficace dai prossimi mesi. Un importante contributo alla risalita del Pil sarà fornito dagli effetti derivanti dalle risorse europee che spetterebbero all’Italia: secondo una simulazione econometrica Csc, senza il programma Ng-Eu il recupero del Pil sarebbe minore di 0,7% nel 2021 e di 0,6% nel 2022.
Il debito pubblico in rapporto al Pil, dopo il balzo di 21 punti nel 2020, arriverà al 155,7% quest’anno. Poi inizierà a scendere, al 152,9% nel 2022, per il miglioramento del deficit e la risalita del Pil. "Cruciale in questa situazione di alti debiti - sottolinea il Csc - è preservare la fiducia riconquistata dall’Italia sui mercati finanziari. Il tasso di interesse sui Btp decennali è sceso ai minimi storici (0,6% a marzo): un elemento molto favorevole dello scenario". Il deficit pubblico è stimato in graduale calo ma su valori ancora elevati: 7,8% del Pil nel 2021 e 4,8% nel 2022, dal picco di 9,5% nel 2020 legato alla caduta del Pil e alle misure adottate per fronteggiare la crisi pandemica.
Nella risalita dell’economia attesa per il 2021, si avrà un riallungamento delle ore lavorate pro-capite; il numero di persone occupate, invece, è atteso ancora in calo (-1,7%), dopo la flessione limitata al -2,8% nel 2020 (770mila occupati in meno nel quarto trimestre 2020 rispetto a fine 2019). Nel 2022, secondo anno di risalita del Pil, ci sarà spazio anche per un recupero del numero di occupati (+1,4%, pari a +313mila unità).
Le esportazioni italiane, in profonda caduta nel 2020 (-13,8%), risaliranno dell’11,4% nel 2021 e del 6,8% nel 2022, sostenute dalla ripresa della domanda mondiale, prevede il Centro studi Confindustria. Le vendite all’estero di beni sono attese recuperare già nel 2021, grazie al rimbalzo della domanda Ue e Usa; quelle di servizi, invece, zavorrate dalla crisi del turismo, sono attese chiudere il gap solo alla fine del biennio, riprendendo slancio con l’uscita dall’emergenza pandemica nel mondo.
Dopo l’ampia perdita nel 2020 (-9,1%), gli investimenti sono previsti aumentare a ritmi elevati. Nel 2021 del +9,2%, anche se gran parte del recupero è stato già 'acquisito' nella seconda parte del 2020. Nel 2022 oltre i valori pre-Covid (+9,7%), grazie al migliore contesto internazionale. Gli investimenti privati saranno frenati dal debito “emergenziale” delle imprese: secondo una simulazione econometrica Csc, un allungamento del rimborso dei debiti avrebbe un impatto positivo sul Pil di +0,3% nel 2021 e di +0,2% nel 2022. Il recupero degli investimenti sarà sostenuto da quelli pubblici, con incrementi del +19% annuo nel 2021-2022, fino al 3,6% del Pil. La ripartenza dell’economia italiana, secondo il Csc, è complicata dal forte rincaro delle materie prime, accentuatosi a inizio 2021, che riguarda i metalli e gli alimentari, oltre al petrolio. Sebbene in prospettiva alcuni di questi rialzi dovrebbero essere temporanei, eserciteranno una pressione al ribasso sui margini delle imprese italiane e sul loro cash flow nel 2021, che si somma al problema di fatturati già compressi nel 2020.
Il peso del debito emergenziale delle imprese può avere un "impatto negativo" sugli investimenti, "è allora necessario rivedere gradualmente le policy. Oltre ad allungare il periodo di rimborso dei debiti, nel lungo periodo occorre sostenere il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese, con la promozione di canali di finanziamento alternativi, in particolare quelli del capitale azionario". Le imprese italiane, che si erano rafforzate patrimonialmente prima della crisi, hanno fatto un massiccio ricorso ai prestiti 'emergenziali' nel 2020, così come è successo negli altri principali Paesi europei. Lo strumento di policy maggiormente utilizzato in Europa è la garanzia pubblica per prestiti bancari, ma altre misure hanno un ruolo rilevante: in Italia, la moratoria sui prestiti pre-esistenti, specie per le pmi; in Germania, varie misure per la patrimonializzazione delle imprese, che hanno permesso un calo dei prestiti già nella seconda metà del 2020. Il peso del debito, misurato in anni di cash flow necessario per ripagarlo, è salito poco sopra 2 anni in Germania e a quasi 7 in Italia e Francia.
Bisogna "tradurre presto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in azioni ed investimenti, e i progetti di riforma in provvedimenti attuati, per dotare il Paese della Pubblica amministrazione e della qualità dei beni pubblici indispensabili per un’economia avanzata" scrive il Csc nel Rapporto di previsione. "E' necessario liberare il potenziale enorme di alcuni comparti, come quello del turismo, che più di altri hanno sofferto nella pandemia e che hanno tutte le caratteristiche per contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese", si aggiunge.
La spesa delle famiglie italiane resta, anche nel biennio di previsione, la componente più debole della domanda interna. È prevista recuperare del 3,6% nel 2021 e del 4,6% nel 2022, dopo la contrazione del 10,7% registrata lo scorso anno. L’incremento nel biennio non sarà dunque sufficiente a compensare il forte arretramento nel 2020: al 2022 la distanza rispetto al 2019 sarà ancora del 3,2%, pari a circa 34 miliardi di euro in meno. L’ampiezza e la velocità di recupero dei consumi, in questa particolare fase storica, dipendono principalmente da tre fattori: la distribuzione del vaccino e la sua capacità di contenimento del Covid, che ha un effetto decisivo sulle aspettative; l’ampiezza e la composizione dell’eccesso di risparmio; il recupero del mercato del lavoro. Per quanto riguarda il risparmio accumulato dalle famiglie, secondo stime Csc attualmente vi è un eccesso di risparmio “forzato” che ammonta a circa 26 miliardi di euro. Tale risparmio, che è stato indotto dalla chiusura di alcune attività nei servizi e dalle limitazioni agli spostamenti degli individui, rappresenta una risorsa che potrà essere spesa (almeno in parte) quando si comincerà a intravedere la soluzione definitiva alla crisi sanitaria e miglioreranno le aspettative.
"Una strategia di lungo periodo necessita di una più stretta cooperazione degli attori pubblici e privati che operano nel settore". Così il Csc sul settore del turismo in Italia messo in ginocchio dalla crisi economica innescata dal Covid. "I settori più colpiti dalla crisi sono quelli più connessi con le presenze turistiche. Nel 2020 gli arrivi turistici mondiali sono crollati di tre quarti, generando perdite pari al 2% del Pil globale e mettendo a rischio 100 milioni di posti di lavoro. Maggiormente colpite sono le categorie più deboli: giovani e donne, lavoratori meno qualificati, micro o piccole imprese. L’Italia ha una storica specializzazione turistica. Il settore, attraverso i legami con gli altri comparti, vale il 13% del Pil e il 14% dell’occupazione", si legge nel rapporto del Csc. "L’Italia primeggia per arte e cultura, ma è in ritardo nelle infrastrutture di trasporto e digitali e nella capacità dei governi di definire le priorità in materia di turismo, legate alla promozione del brand Italia e all’attrattività del Paese all’estero", si aggiunge.
Le nuove regole impongono forti limitazioni all’ingresso di lavoratori e studenti Ue in Gran Bretagna. Ciò avrà conseguenze rilevanti: il Regno Unito, negli ultimi cinque anni, è stata la prima destinazione degli italiani trasferitisi all’estero. In prospettiva, sono le professioni apicali quelle che saranno sempre più richieste dal mercato inglese. Così il Csc sulla Brexit. L’Accordo commerciale e di cooperazione tra Ue e Regno Unito ha un compito storico: ridefinire i rapporti tra l’Unione e un ex Paese membro. Gli effetti economici saranno profondi, dati i legami tra Ue e Regno Unito. Per l’Italia, le connessioni commerciali sono più forti nei settori di macchinari, sistema moda e alimentari e bevande. Inoltre, sono profondi i legami diretti, in termini di presenza di imprese multinazionali e di integrazione nelle catene globali del valore.