Dario Fo ha scritto un nuovo romanzo e lo presenta domani, a casa sua, a Milano. Una scelta singolare, come la storia che ci vuole raccontare. Si intitola "Razza di zingaro" (edito da Chiarelettere) ed è la storia (vera) eroica e tragica di un pugile, Johann Trollmann, che divenuto un campione di pugilato sfidò il nazismo. Era nato nel dicembre 1907, a Wilsche, nella Bassa Sassonia da una famiglia di etnia sinti, e morì a meno di quarantanni, nel 9 febbraio del 1943, nel campo di concentramento di Neuengamme, vicino Amburgo.
'Zingaro' è qualcuno che appartiene al gruppo etnico migrante, disperso in numerosi paesi d'Europa, nella Turchia asiatica, in Persia, Turkestan, Afghanistan, Belucistan, Siberia, Egitto, sulla costa settentrionale dell'Africa e perfino nell'America Settentrionale e Meridionale. Così, almeno, ci spiega l'enciclopedia Treccani, aggiungendo che "si distingue dai popoli vicini e da coloro che li ospitano per lingua, costumi e caratteri fisici".
Johann Trollmann iniziò la carriera di pugile negli Anni '20 e pian piano divenne famoso per il suo stile particolare, più simile a un balletto per via dei suoi brevi movimenti, che a noi oggi ricordano molto quelli di Muhammad Ali. Fu soprannominato Rukelie ("albero") per la bellezza del fisico. Nell'aprile del 1933, quando furono promulgate le Leggi razziali, gli ebrei non poterono più boxare, così il titolo dei mediomassimi, abbandonato dall'ebreo Eric Seelig, fu conteso il 9 giugno di quell'anno tra Adolf Witt e Trollmann.
Nonostante stesse vincendo, i giudici di gara nazisti, decretarono la fine dell'incontro con un "no decision", ma dopo un'insurrezione del pubblico, furono costretti comunque a dichiarare Trollman vincitore e, quindi, campione. Malgrado ciò la federazione pugilistica gli tolse il titolo, costringendolo a lottare, il 21 luglio, contro Gustav Eder.
Per questo incontro gli fu vietato di muoversi dal centro del ring, pena la revoca della licenza. Trollmann decise di sfidare il suo avversario 'ariano' presentandosi all'incontro con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina. Fu sconfitto in cinque round.
A causa delle persecuzioni razziali verso rom e sinti divorziò, per permettere alla moglie di cambiare cognome. Ricorse alla sterilizzazione per non essere internato e nel 1939 fu chiamato dalla Wehrmacht per combattere al fronte.
Al suo ritorno, nel 1941, la Gestapo lo arrestò e lo deportò nel campo di Neuengamme, vicino Amburgo. Qui, per avere una razione maggiore di cibo, era costretto a combattere contro le guardie del campo, sebbene ormai debole e malato. Morì, ucciso da una pallottola, il 9 febbraio 1943, esplosa da un kapò che, pochi giorni prima, aveva messo al tappeto.
Questa la sua vicenda, ora sentiremo cosa ci narra Fo. Lo sterminio dei rom e sinti rimase sconosciuto e quasi ignorato durante il processo di Norimberga.
Il Dottor Robert Ritter e la sua assistente Eva Justin, tra i principali responsabili delle teorie discriminatorie sugli zingari, non furono condannati a nessuna pena per insufficienza di prove e, nel dopoguerra, continuarono tranquillamente a lavorare. Come psicologi nelle strutture pubbliche.