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Coronavirus

"Variante inglese Covid domina già molte aree d'Italia"

L'allarme di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, interpellato dall'Adnkronos Salute

Foto Fotogramma
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17 febbraio 2021 | 12.49
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"La variante inglese di Sars-Cov-2 sta correndo molto veloce" e "in alcune aree d'Italia è già ampiamente prevalente". Praticamente assente fino a un paio di mesi fa, "in poche settimane si è affermata e nel mese di gennaio ha quasi soppiantato il virus originario di Wuhan". Il mutante Gb domina già il nostro Paese secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), intervistato dall'Adnkronos Salute.

"Nella zona bresciana, che ho più sotto controllo - riferisce l'esperto, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'università degli Studi di Brescia, direttore del Laboratorio di microbiologia dell'Asst Spedali Civili - oltre il 60% dei campioni positivi al tampone molecolare per Covid, collezionati random nella popolazione, appartiene ormai alla variante inglese". Anche se in alcune aree della Penisola preoccupano di più altri mutanti, per quello inglese "penso che dati simili al nostro 60% possano essere osservati in diverse zone". E laddove le percentuali attuali restano inferiori, "certamente stanno crescendo rapidamente".

La variante inglese, "molto capace di infettare, di diffondere e di imporsi - analizza Caruso - probabilmente si è già meglio adattata all'uomo rispetto al ceppo originario".

Più contagiosa - e probabilmente anche più letale stando ai dati preliminari che arrivano dal Regno Unito - fa paura, ma non è l'unica da temere: "Il panorama che si sta delineando - avverte infatti il presidente dei virologi italiani - mostra che questi coronavirus", Sars-CoV-2 con tutte le sue 'versioni', "hanno una grande capacità di mutare", e che "accanto alle varianti inglese, brasiliana e sudafricana di cui più si parla sta emergendo una miriade di altre varianti che cominciano a preoccupare". Il pericolo più grande è che sfuggano ai vaccini, quindi anche a farmaci come gli anticorpi monoclonali, e ai test diagnostici attualmente disponibili.

"Al momento - conferma Caruso - possiamo dire con una certa tranquillità che la variante inglese, per come oggi la conosciamo, non resiste ai vaccini anti-Covid sviluppati finora. Un po' più 'sfuggente' sembra essere il mutante sudafricano, che comunque parrebbe ridurre la capacità neutralizzante degli anticorpi senza eliminarla del tutto. Però, se queste varianti continuano a evolvere - ammonisce l'esperto - non sappiamo fino a che punto saranno ancora suscettibili" alle armi che abbiamo per combatterle.

"Allo stesso modo - evidenzia il numero uno della Siv-Isv - se per fare diagnosi si utilizza un tampone antigenico basato sul riconoscimento di una proteina che risulta mutata nelle nuove varianti, questi test di per sé già meno sensibili potrebbero non intercettare il virus". Di fronte alla crescente circolazione di nuovi mutanti, conclude dunque Caruso, "è sempre più importante consigliare a qualsiasi livello il test molecolare".

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