Il giornalista di Repubblica racconta l'attacco in cui è rimasto ferito: "I russi sparano su qualunque cosa"
"Sto bene ma sono addolorato per aver perso un amico. Con Bogdan Bitik, il mio collaboratore, ho fatto 5 missioni, lo conosco da quando sono arrivato in Ucraina per la prima volta. Lui era rientrato in Ucraina dall'Indonesia dove ha una moglie e un figlio, con la moglie ho appena parlato. Tutte persone straordinarie, gentili e generose". A Radio Capital, a The Breakfast Club, il giornalista di Repubblica Corrado Zunino racconta l'attacco subito in Ucraina dove è rimasto ferito, ucciso il suo collaboratore Bogdan Bitik.
"Era Bogdan che guidava l'auto quando eravamo in giro, parlava ai check point in ucraino, mi aiutava a tradurre le interviste. Ieri eravamo sul ponte di Kherson dalla parte in mano ucraina, era stato lui a propormi di fare un video. Due militari ucraini all'inizio del ponte ci hanno detto di andare via e siamo andati via subito. Tra loro continuavano a dire 'Press press' - continua a raccontare Zunino - quindi ci avevano identificati come giornalisti. Dopo sei secondi ho sentito bruciare la spalla, ho sentito solo un fischio, lo stesso proiettile che ha sfiorato la mia spalla ha colpito Bogdan, si trovava a solo un metro da me. Bogdan è caduto al suolo, senza un lamento. Mi sono girato per capire se mi stava seguendo ma lui era fermo sul ponte, non si muoveva. In quel momento io sono caduto e mi sono procurato tre piccole ferite. Lì abbiamo sentito un altro sparo".
"Nel mio giubbotto, i medici hanno poi trovato conficcato un terzo colpo, all'altezza della pancia. Non capisco come sia stato possibile. La macchina l'avevamo lasciata nella rampa di accesso al ponte. Io ho un giubbotto blu con scritto molto in grande press e i due militari ucraini che ci hanno detto di andare via avevano capito che eravamo giornalisti. Ma i russi sparano su qualunque cosa, hanno sparato su dottori e ora sparano sulla stampa - conclude Zunino - Ho perso il conto di giornalisti e fotografi scomparsi o morti. Non ci siamo mai esposti a rischi gratuiti. Non c'era un'atmosfera di guerra, su quel ponte c'era silenzio. Ora sono in un ospedale militare al sud del paese, ho 4 ferite lievi. Ma tra poche ore può avviarsi il trasferimento per il mio rientro in Italia".