Giugno 1980: autorità ungheresi scrivono che Schnepel, capo di Kram, "prepara azione terroristica" - Documento Sismi segnalava "atteggiamento minaccioso estremisti del Fplp" - Bolognesi (Familiari vittime): "Ennesimo depistaggio"
Ministero degli Interni ungherese. Rapporto, datato 24 giugno 1980, “strettamente confidenziale, particolarmente importante”. Oggetto del ‘Rapporto Budapest’: “Riassunto sul caso ‘C-79’” (dove ‘C’ sta per ‘Carlos lo sciacallo’ mentre 79 è l’anno in cui il terrorista venezuelano filo-palestinese si insedia in Ungheria sotto il patrocinio del regime ungherese dell’epoca): “Le informazioni in nostro possesso ricavate dalle intercettazioni segrete riguardo le indagini sul gruppo ‘Carlos’ – annota il Ministero nel Rapporto - indicano che la persona con lo pseudonimo di ‘Max’ (Waldmann Herbert) su incarico sta preparando una azione terroristica, e che dopo l’atto compiuto verrà aiutato a nascondersi in Messico”. È il contenuto di un documento inedito, redatto 39 giorni prima dell’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, trasmesso nell’ottobre del 2005 dalla procura generale ungherese alla procura di Roma e alla commissione Mitrokhin (coperto dal segreto fino al 31 dicembre del 2015) che l’AdnKronos ha potuto visionare e che potrebbe riaprire, avvalorandola, la cosiddetta ‘pista palestinese’ dietro la strage di Bologna del 2 agosto (insieme a un secondo documento inedito, visionato dall’AdnKronos, in cui il Sismi lancia l’allarme su una possibile ritorsione degli estremisti palestinesi dopo l’arresto di Abu Anzeh Saleh, rappresentante in Italia del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina).
I sospetti che dietro l'attentato che costò la vita ad almeno 85 persone (200 i feriti) ci siano non i neofascisti del Nar ma terroristi tedeschi del Gruppo Carlos collegati coi palestinesi, non sono mai venuti meno, nonostante la ‘verità giudiziaria’ dica altro. Ora il nuovo documento delle autorità ungheresi, che ruota attorno a ‘Max’, contribuisce a illuminare ancora meglio la pista finora giudiziariamente scartata. Dietro ‘Max’, l’uomo che secondo le autorità ungheresi stava preparando un attentato terroristico, si cela, infatti, Gerd Heinrich Schnepel, elemento di spicco delle Cellule Rivoluzionarie (attive in particolare nella Germania dell’Ovest) e ‘capo’, emerge dal Rapporto, del terrorista tedesco Thomas Kram, membro del gruppo Carlos ed esperto di esplosivi, che il 2 agosto si trovava proprio nel capoluogo emiliano (nei documenti della Stasi i due nomi, Schnepel e Kram, sono continuamente collegati).
Secondo il ministero dell’Interno ungherese, infatti, il “probabile nome originale” del cittadino austriaco “Waldmann Herbert”, nato a Vienna il 24 febbraio 1943, è quello, si legge nel Rapporto, di “Gerd (Heinrich) Schnepel (secondo la decifrazione del codice della lista della Germania dell’Ovest)”. Le autorità ungheresi (che tenevano sotto sorveglianza, intercettandoli, i membri del gruppo Carlos) annotano, infatti, che fra i “nomi fittizi usati dal gruppo” c’è anche quello di “Max”. Il ministero dell’Interno ungherese sottolinea anche la “sua occupazione, il suo ruolo vero o presunto nell’organizzazione”, evidenziando che “secondo le nostre informazioni, è il capo del gruppo terroristico Tedesco occidentale” e “collabora con il gruppo di ‘Rote Zollen’ (‘Cellule Rivoluzionarie’, ndr)” ed “ha attività in vari paesi occidentali europei”.
“Max – sottolinea il ministero dell’Interno ungherese – si sta preparando ad effettuare una azione, dopo la quale sarà messo al sicuro in Messico, con l’aiuto del gruppo ‘Carlos’”. Le autorità ungheresi, poi, si soffermano sui “suoi rapporti con l’organizzazione”, e aggiungono: “Negli ultimi tempi il gruppo tedesco occidentale di ‘Max’ cerca la collaborazione con l’organizzazione di ‘Carlos’”. E poi: “Nel novembre del 1980 ‘Max’ ha avuto due volte lunghi colloqui con ‘Carlos’”. Secondo le autorità ungheresi, dunque, Schnepel, proveniente dalle Cellule Rivoluzionarie, uomo del cosiddetto ‘ramo tedesco’ del gruppo Separat e capo di Kram, il 24 giugno del 1980 stava preparando “un’azione terroristica”.
Poco più di un mese dopo una bomba deflagra alla stazione di Bologna. Quel giorno, 2 agosto 1980, Kram si trova a Bologna. Pochi mesi dopo l’attentato, Schnepel, così come avverte il Rapporto del ministero dell’Interno ungherese, viene ritirato dalle operazioni in Europa occidentale e spedito in Sudamerica. Il ‘Catalogo’ Stasi (la polizia politica della ex Ddr), infatti, annota: “Schnepel è un ex membro delle cosiddette ‘Cellule Rivoluzionarie’ nella Rft (Repubblica Federale Tedesca, ndr). In passato ha avuto ampi collegamenti con forze terroristiche nella Rft e a livello internazionale. Dalla metà del 1979 è in stretto contatto con il gruppo ‘Carlos’. Fornisce al gruppo informazioni e materiali e svolge un ruolo importante nel sistema di collegamento delle forze terroristiche nella Rft. Ci sono stati diversi incontri tra membri di spicco del gruppo ‘Carlos’ e Schnepel nella Ddr e nell'Uvr (Repubblica popolare ugherese, ndr).
Nel settembre 1980 fu ritirato dalla zona di operazione e rimase a lungo sul territorio degli Stati socialisti. Nel dicembre 1980 si recò in America Latina con il compito di stabilizzare il sistema di contatti tra il gruppo ‘Carlos’ e gli alleati della regione centroamericana”. Ancora oggi Schnepel vive in Nicaragua. Ma ad avallare l’ipotesi della ‘pista palestinese’ dietro la strage di Bologna concorre, inoltre, il secondo documento inedito visionato dall’AdnKronos, coperto dal segreto di Stato e recentemente declassificato, in cui si legge ciò che il 14 aprile del 1980 il Sismi comunica al governo dopo il sequestro di missili a Ortona e l’arresto di tre esponenti dell’Autonomia operaia e di Abu Anzeh Saleh, rappresentante in Italia dell’Fplp.
Nel documento si chiede di sapere “se, soprattutto in relazione all’asserita totale inefficienza dei due missili Sam-7 – scrive il Sismi - che dovrebbe emergere da una perizia veramente qualificata (…), sia prevedibile una riduzione della pena comminata e tre ‘autonomi’, in accoglimento del ricorso presentato dagli avvocati difensori; se la Corte d’Appello sia orientata a prendere in considerazione gli elementi che il difensore intende addurre per sostenere l’estraneità dell’imputato Sale Abu Anzeh ai fatti addebitatigli e di cui non è stato tenuto conto nel procedimento ‘per direttissima’; se a quelli degli ‘autonomi’ condannati a Chieti ed i cui precedenti lo consentano, possa essere applicato il beneficio previsto dalla legge, di cui hanno recentemente fruito l’on. Mario Tanassi ed i fratelli Lefevbre”.
“L’interlocutore del ‘Fplp’ – prosegue il Sismi - ha fatto presente che gli elementi moderati dell’organizzazione, che sono riusciti a bloccare sino a metà del corrente mese di aprile qualsiasi operazione a carattere intimidatorio nei confronti dell’Italia, voluta dei membri del ‘Politburo’, si trovano attualmente ‘pressati ed in serie difficoltà’ di fronte all’atteggiamento minaccioso degli elementi estremisti del ‘Fplp’. Mentre si ritiene urgentemente necessario fornire, almeno in parte, le risposte sollecitate, anche allo scopo di non porre in difficoltà l’‘l’interlocutore palestinese’ e soprattutto di non compromettere la posizione degli elementi moderati, si rappresenta l’inutilità di un eventuale ricorso alla ‘Olp’, in quanto essa, pur riuscendo forse ad ottenere formali assicurazioni da parte della dirigenza del ‘Fplp’, non sarebbe in grado di prevenire l’effettuazione di un’operazione terroristica che sarebbe probabilmente affidata ad elementi estranei al ‘Fplp’ e coperti da una ‘etichetta’ sconosciuta”.
“A tale riguardo – sottolinea, infine, il Sismi - si ritiene significativa la recente presenza Beirut, negli ambienti del ‘Fplp’, di ‘Carlos’ e si ritiene possibile che l’eventuale operazione in Italia sia avocata dagli stessi ‘autonomi’ o comunque da elementi non palestinesi e probabilmente europei, allo scopo di non creare difficoltà all’azione politico-diplomatica in corso da parte palestinese per il riconoscimento della ‘Olp’ e per l’auspicato invito a Yasser Arafat”.
Anni dopo, l’8 ottobre del 1986, interrogato dal giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni, l’allora numero due della Seconda Divisione del Sismi, tenente colonnello Silvio di Napoli, da indagato confermò tutto riferendo a verbale: “Il giordano palestinese Abu Saleh, arrestato successivamente al contestuale arresto degli Autonomi, era stato sempre protetto dal Giovannone (capocentro Sismi a Beirut, ndr). L’arresto di questo personaggio mise in serio imbarazzo il Giovannone (…). Ricordo che dopo l’arresto degli Autonomi e del giordano, il Giovannone fu veramente preoccupato per le reazioni palestinesi e pervenne a suggerire, dopo che i predetti furono condannati, di adottare forti riduzioni di pena, le stesse che erano state applicate nei confronti dei Lefevbre. Preso atto di tanto, l’Fplp fece richiesta di clemenza, diversamente sarebbero ripresi gli attentati in Italia, anche senza la loro etichetta”.
Dopo la chiusura formale del verbale, il giudice Mastelloni verga a penna un’ultima affermazione, a verbale riaperto, di di Napoli: “Dopo la prima condanna inflitta agli Autonomi e al giordano – afferma -, pervenne da Giovannone l’informativa secondo cui l’Fplp aveva preso contatti con il terrorista Carlos. Ciò avallò la minaccia prospettata da Habbash”, vale a dire George Habbash, leader dell’Fplp.
Sull'argomento è secco il commento di Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione familiari vittime della strage di Bologna. "Ci risiamo. E' l'ennesima sciocchezza tirata fuori dai soliti personaggi che vogliono fare solo confusione e depistaggio", dice all'Adnkronos.