La senatrice a vita su strage del 7 ottobre: "Non c'è notte che non resti sveglia"
Liliana Segre riceve la laurea honoris causa oggi in Scienze storiche "per aver raccontato con rigore e obiettività l'indicibile". Questa una delle motivazioni che si legge nella pergamena, consegnata alla senatrice a vita, sopravvissuta ai campi di concentramento, dall'Università Statale di Milano in occasione del Giorno della Memoria. Per il ministro dell'Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, che ha partecipato alla cerimonia, la scelta dell'ateneo milanese è un "grande atto di civiltà" e il "riconoscimento della figura di Liliana Segre come grande tedoforo della capacità dell'università di essere universale e luogo, dove qualsiasi cosa può essere discussa".
A introdurre la cerimonia è stato il rettore della Statale, Elio Franzini, che ha ricordato che Liliana Segre era una bimba quando partì dal Binario 21 della Stazione Centrale, "destinata a uno dei più grandi orrori senza riscatto che la storia ha generato. Una storia che continua a generare orrori, a massacrare bambini – da Gaza al Sudan, dal Congo al Mali e all’Ucraina". La laurea honoris causa, attribuita a Liliana Segre, richiama quella che per Franzini è la funzione fondamentale dell'Università: "Tenere viva la memoria, in primo luogo della Shoah, studiarla, coltivarla, trasmetterla – non smettere mai".
La laudatio di Marco Cuzzi, docente di Storia contemporanea, è iniziata con una breve ricostruzione degli eventi che portarono la giovane Liliana Segre a diventare una dei pochi sopravvissuti italiani della Shoah e un passaggio sul "silenzio. Di chi non sapeva, di chi sapeva e taceva, di chi non voleva saperne, di chi non ci credeva". Un silenzio interrotto da Liliana Segre che "dal 1990 ha proseguito il percorso con la sua voce, con il suo ricordo". Da Cuzzi la rassicurazione alla senatrice sul fatto che "gli storici, i giovani storici soprattutto, sapranno strappare la testimonianza tanto alla cristallizzazione meramente celebrativa quanto all'oblio".
"Viviamo un tempo in cui mi è difficile far parte degli ottimisti". Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, in un dialogo con Enrico Mentana in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze storiche dall'Università Statale di Milano in occasione del Giorno della Memoria. "C'è qualche cosa di già sentito, di già sofferto. Ho delle amiche carissime che mi dicono 'in questo momento di forte recrudescenza dell'antisemitismo, stai a casa'. No, non è vero, io non posso rivivere dei tempi in cui nella sala da pranzo piccolo borghese, io bambina sentivo dire 'meglio non uscire, meglio non farsi notare'. 'Perché?', dicevo io, che per carattere ero sempre portata ad andare fuori. E dopo tanti anni sentirmi dire 'non farti vedere'" riporta a "quel 'perché lì, quel perché intimo, umano, tragico, di tempi che credevo perduti, quel perché lì io adesso che sono così vecchia, sono io che lo grido. Ma siccome di solito non grido, sono una persona tranquilla, una donna di pace e sono anche molto vecchia, io lo porto dentro di me quel perché".
Ricordando di essere "nata a Milano in via San Vittore, da genitori milanesi, con un nonno che qualche volta parlava in dialetto dicendo parole che sono stampate nella mia testa, io che sono una milanese da sempre, quando mi sento dire 'stai a casa, non uscire, non farti vedere', mi chiedo 'perché?'".
"Anche quando per trent'anni sono andata nelle scuole, nelle università e nelle parrocchie, io so di non aver mai detto tutto, perché non si può. Non c'è vocabolario ricco in cui ci siano le parole per dire fino in fondo tutta la verità". "Ho letto Primo Levi, ho seguito tanti che hanno scritto e anche molto bene del lager, ma quello che è l'essenza più profonda degli assassini, io non ho trovato mai le parole e non le hanno mai trovate Levi, Wiesel e nessuno. Le parole non ci sono per dire quello che succedeva nei lager ogni minuto e ogni secondo", ha detto Segre.
"Quel che sta succedendo e quel che è successo il 7 ottobre mi hanno messo in una condizione che non avevo vissuto prima" ha detto la senatrice a vita. Raccontando della sua passione per i bambini, Segre, a proposito dei tanti morti in Medio Oriente ha detto che "nella spirale dell'odio più crudele, delle cose più spaventose, dal 7 di ottobre in poi sono i bambini di tutti i colori, di tutte le religioni, di tutte le appartenenze, quelli che mi trovano una nonna disperata a vedere una cosa di questo genere. Che questi bambini vengano uccisi per l'odio degli adulti che non si ferma mai, loro che sarebbero il futuro di popoli fratelli, è una cosa che mi ha dato una forma di disperazione serale". Da qui il racconto di "quando mi trovo da sola ad affrontare la notte. Più si diventa vecchi e più la notte diventa difficile. E non c'è notte dal 7 ottobre che non mi tenga in parte sveglia a pensare a quello che succede. E poiché io sono una donna di pace mi ha sempre fatto soffrire l'odio tra le parti e la vendetta che non concepisco. La notte è come 'La notte' di Wiesel, è la notte nell'indifferenza generale, l'indifferenza non è legata al sole, ma al buio delle menti".
"Mi piacerebbe tantissimo incontrare il signore che è andato a sfregiare la lapide per Liliana Segre" ha detto la stessa senatrice a vita, parlando della vandalizzazione qualche settimana fa nel varesotto di una targa posta a memoria del suo passaggio da lì in cerca di salvezza. "Un signore che dopo 80 anni perde cinque minuti del suo tempo per una che aveva 13 anni, che è stata deportata e che ha perso tutta la famiglia, è interessantissimo, perché non viene studiato un caso come quello? Perché questi si intestardiscono?", si è chiesta Segre, che dopo aver espresso la volontà di incontrarlo, ha detto che gli chiederebbe "perché" lo ha fatto, "è per antisemitismo o per invidia?".
"Mi sono battuta perché sul muro del Memoriale della Shoah si scrivesse la parola 'indifferenza'. Ma l'indifferenza permette anche oggi che quel ciclo non sia chiuso". "Tutto quello che non ci permette di guardare al di là di quel piccolo gruppo affettivo che fa parte delle nostre vite, fa parte dell'indifferenza. Non per nulla il 40% degli italiani non vota", ha osservato Segre, chiedendosi "perché così tante persone delegano a quel gruppo che vota la loro democrazia, che gli permette di scegliere con il voto il futuro dell'Italia? E molti di quelli che non hanno votato sono giovani. Queste sono le cose che non faranno mai chiudere il ciclo. Se il 40% degli italiani non vanno a votare, avendo ottenuto la democrazia con il sacrificio di migliaia di persone che hanno fatto la scelta di non essere indifferenti, come può essere chiuso il ciclo? E' un ciclo che crede di essere alla fine con l'indifferenza dei più", ha detto Segre.
Guardando alla "indifferenza anche di persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene", la senatrice si è chiesta "con quale ottimismo dovrei pensare che tra vent'anni o anche prima, quando tutti i sopravvissuti saranno morti, si dovrebbe ricordare di questa minoranza?". Poi la critica a "personaggi che hanno cariche molto importanti, che dovrebbero essere guide nel nostro Paese attualmente", ma "non hanno idea neanche lontana di quale sia la forza numerica delle minoranze. Quando io ho chiesto 'secondo lei signor ministro quanti sono gli ebrei in Italia?'. Mi ha detto 'un milione e mezzo'. E quando io ho risposto che gli iscritti alla comunità sono 35mila, mancava poco che questo signore mi desse una pacca. Questo mi ha molto preoccupato".
La senatrice a vita risponde, poi, a Enrico Mentana che le chiedeva "se l'Italia abbia chiesto scusa per le leggi razziali e razziste". "Ho incontrato diverse persone che per la loro coscienza, per essere persone sensibili, molti religiosi cattolici, hanno chiesto personalmente a me scusa, ma come in maniera ufficiale, no". "Io non credo", ha detto Segre e alla fine sarcastica ha detto "italiani brava gente...".