"Non è il Paese di bandiera a dover coordinare i soccorsi, abbiamo dovuto aspettare giorni a poche centinaia di metri dalle coste di Lampedusa"
"Le convenzioni internazionali sono molto chiare su questo punto, non è affatto il Paese di bandiera a dover coordinare i soccorsi ma piuttosto lo Stato nelle cui acque avviene il soccorso, il quale Stato, se anche non è in grado di assegnare un porto, deve comunque coordinare l’evento e indicare un porto sicuro, eventualmente sollecitando e coordinandosi con lo Stato più vicino". E' quanto dice Open Arms all'Adnkronos commentando la memoria difensiva presentata da Matteo Salvini.
"Sulla questione del divieto di ingresso in acque territoriali, la sospensione del Tar stabiliva l’incongruenza del divieto stesso - prosegue Open Arms - Non rappresentavamo alcun pericolo per la sicurezza dello Stato e ovviamente una volta stabilito questo, e concessa la possibilità di entrare in acque territoriali, l’assegnazione di un porto sarebbe stata la conseguenza logica. Invece abbiamo dovuto aspettare giorni a poche centinaia di metri dalle coste di Lampedusa con le conseguenze fisiche e psicologiche che troviamo riportate nel provvedimento della Procura".
"I nostri avvocati e il comandante dalla nave in quei giorni reiteravano dunque la richiesta di sbarco senza ottenere alcuna risposta. E’ proprio per questo che la Procura ha deciso di aprire un’indagine per sequestro di persona - spiegano ancora - L’offerta di Madrid inoltre è arrivata dopo 20 giorni di stallo in mezzo al mare. Con le persone a bordo fisicamente e psicologicamente stremate avremmo dovuto affrontare altri 4 giorni di mare per far sbarcare le persone in Spagna, un’opzione inaccettabile e che avrebbe messo in pericolo le persone salvate e l’equipaggio e avrebbe violato ancora una volta i loro diritti".