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'Ndrangheta e appalti pilotati, cartello fra imprenditori e pubblici ufficiali

Arresti e sequestri dell'operazione 'Waterfront' coordinata dalla Dda di Reggio Calabria

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28 maggio 2020 | 07.24
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Appalti pilotati per agevolare la 'ndrangheta. Oltre 500 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, unitamente al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata ed ai colleghi dei rispettivi Comandi Provinciali, stanno eseguendo dalle prime luci dell’alba di oggi numerosi provvedimenti cautelari personali e patrimoniali nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia, Messina, Palermo, Trapani, Agrigento, Benevento, Avellino, Milano, Alessandria, Brescia, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma. Sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni di euro. Coinvolti 11 funzionari pubblici.

L’operazione “Waterfront”, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, rappresenta l’epilogo delle investigazioni condotte dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, volte a contrastare i profili imprenditoriali della cosca di ‘ndrangheta Piromalli, operante nella piana di Gioia Tauro. Le indagini hanno portato alla luce l’esistenza di un cartello criminale composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta aggravata dall’agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri gravi reati.

63 le persone coinvolte nell’operazione scattata all’alba di stamane: si tratta di imprenditori e pubblici ufficiali accusati di aver agevolato il clan Piromalli. Agli arresti domiciliari sono finite 14 persone, venti gli indagati sottoposti ad obbligo di firma. Emessi dal Gip anche divieti temporanei di esercizio dell’attività imprenditoriale. Sono gli 57 imprenditori ritenuti parte, a vario di un illecito cartello composto da molteplici imprese, capace di aggiudicarsi, attraverso turbative d’asta aggravate dall’agevolazione mafiosa, almeno 22 gare ad evidenza pubblica, in sistematica frode ai danni della Regione Calabria e della Comunità Europea. Oltre alle 63 misure cautelari emesse a carico degli indagati è stato sequestrato un patrimonio di oltre 103 milioni di euro costituto da: 36 imprese, rapporti bancari, finanziari, assicurativi, partecipazioni societarie di 45 indagati; beni mobili, immobili, quote e azioni di società intestati a 7 indagati.

I bandi delle gare d’appalto oggetto d’indagine erano stati pubblicati tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla S.U.A.P. (Stazione Unica Appaltante) di Reggio Calabria e riguardavo lavori per un valore complessivo superiore a 100 milioni di euro. In particolare tra il 2014 ed il 2016 riguardano 15 opere pubbliche da realizzare nei Comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio Morgeto, Siderno, per un valore di oltre 58 milioni di euro. L’operazione Waterfront ha individuato un illecito cartello costituito da 43 imprese aventi sede in diverse regioni articolato in cordate di imprenditori calabresi, romani, toscani, siciliani e campani che hanno partecipato alle gare determinandone l’esito, attraverso la presentazione di offerte concordate, garantendo l’aggiudicazione degli appalti sempre ad una delle imprese del cartello.

Anche laddove il cartello non era vincitore, venivano messe in atto manovre sotto forma del subappalto o nolo al fine di controllare l’esecuzione dei lavori affidata, comunque, alle imprese delle varie cordate. Sono 7 le gare d’appalto pilote, conseguenti allo stanziamento tra il 2007 e 2013 di fondi comunitari per un importo complessivo di circa 42 milioni di euro, destinati alla riqualificazione delle aree urbane di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, e dei relativi lungomare, in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (P.I.S.U.) previsti dal POR Calabria FESR 2007/2013.

L’attività criminale, secondo gli investigatori, sarebbe stata finalizzata ad agevolare la cosca Piromalli di Gioia Tauro tra imposizione ‘ndranghetistica e collusione. Un sistema che ha consentito di garantire al clan il controllo dell’intero sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi. G. M. insieme al 30enne F. B. ed a F. B., classe 1997, sono ritenuti i vertici del sodalizio che ha consentito loro di appropriarsi delle risorse pubbliche destinati alla riqualificazione del waterfronti di Gioia Tauro. Un ruolo già emerso nel 2017 nel corso dell’operazione Cumbertazione.

G.M, arrestato in qualità di imprenditore e procuratore speciale delle ditte romane e siciliane appartenenti al cartello illecito, avrebbe consentito l’assunzione nei cantieri di maestranze segnalate dal referente del clan Piromalli, nonché l’utilizzo di mezzi meccanici e di un deposito riconducibili ad altri imprenditori vicini ad ambienti criminali mafiosi. Durante l’esecuzione materiale delle opere è stata rilevata, sottolineano gli investigatori, "la sistematica frode in pubbliche forniture relative a lavori nel comune di Gioia Tauro ed in quello di Rosarno e la percezione di somme non dovute, per importi quantificati complessivamente in circa 6 milioni di euro. Fondi comunitari incassati grazie a diffuse irregolarità contabili tra le quali l’utilizzo dello strumento delle ‘varianti in corso d’opera'”.

Inoltre, evidenziano, sono state riscontrate difformità nell’esecuzione dei lavori, nei collaudi (spesso omessi), nell’utilizzo di materiali rispetto ai progetti approvati di opere pubbliche quali: il palazzetto dello Sport, il parcheggio interrato ed il Centro Polifunzionale di Gioia Tauro, nonché il Centro Polisportivo di Rosarno. Le indagini hanno palesato la complicità di pubblici ufficiali (dirigenti e direttori dei lavori/collaudatori, tecnici/progettisti e/o responsabili unici pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti) incaricati dalle relative stazioni appaltanti. "Accertato", nel corso delle investigazioni dell’operazione Waterfront, secondo gli investigatori il ruolo svolto dal dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia Tauro, N.A. e dall’architetto F.M. che insieme hanno rivestito la qualifica di direttore dei lavori e responsabile unico del procedimento per la maggior parte degli appalti relativi al waterfront ed alle altre opere pubbliche indetti con i fondi P.I.S.U., "consentendo ai legali rappresentanti delle ditte aggiudicatarie, di poter lucrare ingenti profitti ai danni della Regione Calabria e della Comunità Europea".

I funzionari pubblici indagati per le opere bandite nel Comune di Rosarno sono invece P.G, A.C, M.G e V.B in qualità di direttori dei lavori/collaudatori tecnici/progettisti e/o responsabili unici pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti, oltre ad A.C e M.A rispettivamente, Rup e segretario comunale.

Le attività investigative hanno inoltre "certificato lo stabile rapporto corruttivo tra il funzionario Anas Compartimento di Reggio Calabria G.F e l’imprenditore D.G (titolare di numerose aziende che forniscono bitume e calcestruzzo) finalizzato alla frode nell’esecuzione di diversi contratti di fornitura che celavano tra l’altro subappalti non autorizzati, nonché lavori in regime di somma urgenza sull’autostrada A2 Salerno – Reggio Calabria indebitamente affidati ad imprese riconducibili a G. per 3,5 milioni di euro tra il 2009 e il 2016 ed eseguiti con materiali di qualità inferiore a quella richiesta. In cambio l’imprenditore avrebbe regalato al funzionario Anas beni di lusso, utilità e promesse di incarichi redditizi nelle sue imprese fino ad arrivare ad un bonifico di 94mila euro a favore della moglie di F.".

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