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Influenza e polmoniti virali non Covid, in aumento casi che finiscono in terapia intensiva

Gli anestesisti: "Nella stragrande maggioranza chi ha questo quadro clinico da polmonite non Covid ha un esito positivo"

Terapia intensiva (Fotogramma/Ipa)
Terapia intensiva (Fotogramma/Ipa)
11 gennaio 2024 | 16.04
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"Si conferma ormai la discesa dei ricoveri Covid, ma la pressione sugli ospedali non accenna a diminuire per via dell'influenza. Stiamo purtroppo vedendo polmoniti gravi non dovute all'infezione da Covid, ma alle conseguenze dell'influenza anche nelle terapie intensive". Lo sottolinea Giovanni Migliore, presidente della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere), commentando l'ultimo report settimanale sui ricoveri Covid. "Dobbiamo essere ancora prudenti - raccomanda - perché nelle prossime settimane vedremo anche sugli ospedali gli effetti della riapertura delle scuole".

Gli anestesisti spiegano che sono in aumento i casi che finiscono in terapia intensiva. "Abbiamo nelle terapie intensive un incremento significativamente discreto di polmoniti virali non Covid, un aumento che sta mettendo in minoranza i casi Covid ricoverati nei reparti. Queste polmoniti virali non Covid sono legate al maggior impatto dell'influenza su una popolazione meno coperta dal vaccino. Nella stragrande maggioranza chi entra in rianimazione con questo quadro clinico da polmonite non Covid ha un esito positivo e viene dimesso dalla terapia intensiva. E' chiaro però che questa recrudescenza sta creando non pochi problemi ai pronto soccorso che si ritrovano intasati da casi mediamente gravi", dice all'Adnkronos Salute Alessandro Vergallo, presidente del sindacato degli anestesisti e rianimatori Aaroi-Emac, commentando il report Fiaso che evidenzia come il "Covid lascia il posto letto all'influenza", ma "la pressione sugli ospedali non accenna a diminuire" e "in terapia intensiva" finiscono "pazienti con gravi polmoniti virali".

Secondo Vergallo "ci siamo concentrati con una maggiore attenzione sulla vaccinazione Covid che, seppur non ha comportato un'adesione massiccia, ha però distratto soprattutto nella fascia over 65 dalla vaccinazione per l'influenza. Diciamo - conclude - che la scarsa adesione alla prima ha agito di riflesso anche sulla seconda, o almeno è quello che abbiamo visto noi clinici".

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