"La normalità è finita da quando è stato reso pubblico quale sarebbe stato il prezzo di vendita del vaccino (2,80 euro a dose, ndr). Da allora abbiamo cominciato a subire attacchi hacker professionali violentissimi, che si sono intensificati quando è stata resa pubblica la quantità di oltre tre miliardi di dosi che sarebbe stata prodotta. Ne abbiamo avuti sette molto pesanti". Lo denuncia in una intervista a 'La Repubblica' Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato dell'Irbm Pomezia, l'azienda che ha collaborato insieme all'università di Oxford alla messa a punto del vaccino anti-Covid prodotto e commercializzato su vasta scala da AstraZeneca.
Attacchi da parte di chi? "Posso solo dire che sono stati lanciati dall’estero", risponde Di Lorenzo. Qual era l’obiettivo? "Entrare nel server dell’Irbm, rubare i dati sensibili dell’operazione vaccino - precisa - Solo grazie agli specialisti e alle difese aziendali, e con l’aiuto delle istituzioni preposte, abbiamo potuto resistere. Ma pensi che ora non possiamo più utilizzare mail e telefoni per tutte le comunicazioni di dati sensibili e le garantisco che è un bel granello di sabbia nell’ingranaggio".
La tempistica fa pensare al movente 'politico', per indebolire la posizione di un vaccino che è economico e facile da trasportare. "Beh, sarei ipocrita se rispondessi che non ho pensato al gioco geopolitico che potrebbe essere dietro a questi fatti, di cui ho sentito parlare da alcuni opinionisti - chiosa Di Lorenzo - Ma, siccome passa un chilometro sopra le nostre teste, preferisco scacciare i brutti pensieri". La sperimentazione del vaccino continuerà, dopo l’approvazione Ema, in Italia? "Tutte le linee di sperimentazione continueranno perché si aspettano ancora risposte in merito al tempo di efficacia del siero - conclude Di Lorenzo - È vero anche che per lo stesso motivo sono in partenza i test in vari altri Paesi nel mondo, compresa l’Italia".