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Coronavirus, 48 laboratori italiani 'a caccia' di immuni con nuovo test sierologico

Progetto sierologia Covid-19 basato su analisi messa a punto da Ieo e università di Pavia

(Afp)
(Afp)
20 maggio 2020 | 12.37
LETTURA: 4 minuti

Quarantotto laboratori italiani di centri di ricerca e cura al lavoro, insieme, per scoprire chi è immune dall'infezione da coronavirus. Le strutture, infatti, hanno unito le proprie risorse per il 'Progetto sierologia Covid-19', con l’obiettivo di valutare se la presenza di anticorpi contro Sars-Cov2 protegge dalla reinfezione e per quanto tempo. Informazione utile non solo sul piano della salute ma anche per la ripresa delle attività lavorativo-sociali e la convivenza con il virus che ci aspetta nei prossimi mesi. L’adesione dei 48 laboratori al progetto parte dall’appello lanciato a Governo e regioni da un gruppo di 290 scienziati il 26 marzo scorso, perché venissero aumentati i tamponi virali e introdotti i test sierologici.

Alla base del lavoro dei laboratori c'è il test sierologico sviluppato dall'Istituto europeo di oncologia a Milano e dall'università di Pavia e messo a disposizione di tutti i laboratori di ricerca italiani. "Un test che non richiede investimenti aggiuntivi in macchinari e materiali rispetto alle dotazioni normalmente presenti nei laboratori di ricerca. E che ha una sensibilità e specificità elevatissima e costi enormemente inferiori rispetto ai test commerciali", spiega una nota.

"Dall’inizio della pandemia abbiamo capito che la mappatura della diffusione del contagio e la ricerca di una possibile immunità sono i pilastri per arginare il virus in attesa del vaccino", spiegano Pier Giuseppe Pelicci e Gioacchino Natoli, ricercatori del Dipartimento di oncologia sperimentale Ieo e coordinatori del progetto.

"Insieme all’università di Pavia - continuano i ricercatori - abbiamo riprodotto e validato il test per la ricerca di anticorpi anti Sars-Cov2 dell’Ospedale Mount Sinai di New York, già approvato dalla Fda per uso di emergenza interno all’ospedale, per farne un test 'aperto', non commerciale, economico, accessibile e facilmente eseguibile da tutti i laboratori di ricerca. Il test genererà quindi dati affidabili e confrontabili tra loro, all’interno di uno studio che ci dirà se il nostro organismo sviluppa una immunità contro Sars-Cov2. Di fatto, fino a quando non sarà chiaro se gli anticorpi presenti nel siero correlano con la protezione dalla reinfezione, le cosiddette 'patenti di immunità' non avranno alcuna validità".

"Già oggi - dichiara Federico Forneris, del laboratorio Armenise-Harvard, Dipartimento di biologia e biotecnologie dell’Università di Pavia - siamo in grado di produrre su larga scala i reagenti necessari per poter effettuare centinaia di migliaia di test in poco tempo e con costi contenuti, ovviando alla scarsità di reagenti di cui spesso abbiamo sentito parlare nelle scorse settimane. Abbiamo capitalizzato su tecnologie di produzione di proteine sviluppate negli anni precedenti e difficilmente disponibili in contesti diversi dalla ricerca specialistica di base. La disponibilità di reagenti in magazzino prima del lockdown ci ha permesso di essere immediatamente operativi di continuare a produrre queste proteine per i prossimi mesi".

"Gli anticorpi che identifichiamo - afferma Federica Facciotti, immunologa dello Ieo - sono quelli che potenzialmente neutralizzeranno il virus, prevenendo seconde infezioni e quindi garantendo immunità nel breve termine. Diversamente dai test commerciali, il nostro esame può rilevare diversi tipi di anticorpi che caratterizzano l’intero spettro della risposta immunitaria all’infezione virale, con una alta sensibilità, cioè anche quando gli anticorpi sono presenti a livelli relativamente bassi, come ci si può aspettare da chi ha contratto la malattia in forma lieve, e con un alta specificità, ovvero escludendo anticorpi diretti contro altri virus della stessa famiglia di Sars-Cov-2, che causano le comuni sindromi da raffreddamento".

"Il progetto Sierologia Covid-19 - commenta Facciotti, insieme a Marina Mapelli e Sebastiano Pasqualato, specialisti in biochimica del Dipartimento di oncologia sperimentale Ieo - ci inserisce all’interno di un contesto scientifico ampio, che include numerosi centri di ricerca europei e mondiali, già impegnati in studi sul virus con lo stesso test. Oltre alla raccolta dei dati sierologici coerenti e confrontabili, creeremo un database centralizzato aperto e consultabile da tutti i centri partecipanti allo studio, che sarà probabilmente collocato all’interno del data-center di Alleanza contro il cancro, la rete in cui operano gli Irccs oncologici, ed eseguiremo studi longitudinali, vale a dire diretti a studiare gruppi specifici di popolazione ad alto rischio di infezione nel tempo".

In Ieo - annunciano - abbiamo disegnato uno studio multicentrico di sieroprotezione, in collaborazione con il policlinico Gemelli di Roma, per valutare la frequenza di reinfezione in soggetti ad alto rischio, come sono i nostri operatori sanitari e i nostri pazienti ricoverati".

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