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Caso Scajola, si indaga su omicidio per omissione dopo la revoca della scorta a Marco Biagi

La Procura ha aperto un nuovo fascicolo di inchiesta sul delitto del giuslavorista ucciso dalle nuove Br dopo il ritrovamento, fra le carte sequestrate all’ex ministro Claudio Scajola, della lettera di un parlamentare che sollecitava il ripristino della scorta parlando di concrete minacce al professore. L’ipotesi di reato è omicidio per omissione. Il suo legale: “Nessun coinvolgimento”. Chiara Rizzo nel carcere di Reggio Calabria. Il legale: “E’ stata trattata bene”

Caso Scajola, si indaga su omicidio per omissione dopo la revoca della scorta a Marco Biagi
21 maggio 2014 | 16.27
LETTURA: 4 minuti

Omicidio per omissione. Questa l’ipotesi di reato su cui indaga la Procura di Bologna che ha aperto un nuovo fascicolo di inchiesta sull’omicidio del giuslavorista Marco Biagi, ucciso 12 anni fa a Bologna dalle nuove Br. L’inchiesta, di cui è titolare il Pm Antonello Gustapane, riguarda il nodo della scorta che venne tolta al professore Biagi e prende spunto da alcuni documenti sequestrati nell’ambito dell’indagine che ha portato, nelle scorse settimane, all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola. Nello specifico si tratta di una lettera di un parlamentare vicino a Marco Biagi, inviata al Viminale, in cui si sollecitava il ripristino della scorta per minacce reali al giuslavorista. Un’informativa che smentirebbe le affermazioni dell’ex ministro, che ha sempre sostenuto di non essere stato informato del rischio che correva Biagi.

“Prendiamo atto” ha commentato con l’Adnkronos il legale della famiglia Biagi, Guido Magnisi, in merito all’indirizzo preso dall’indagine dei Pm. Quanto all’ipotesi che la famiglia del giuslavorista possa costituirsi parte civile in un eventuale nuovo processo, l’avvocato risponde che per ora su questo è prematuro esprimersi, poiché aggiunge “non abbiamo elementi” di merito. Al momento comunque, conferma Magnisi, la vedova Biagi, Marina Orlandi, “non è stata chiamata” dagli inquirenti ai quali, comunque, la donna ha espresso tramite il suo legale la propria disponibilità ad essere sentita, qualora i Pm lo ritenessero utile ai fini dell’inchiesta.

”Scajola con quei documenti non c’entra niente”, commenta l’avvocato Giorgio Perroni, uno dei legali che assiste Scajola. “Si tratta di due vicende separate - continua il difensore parlando con l’Adnkronos- non ho notizie di nessun coinvolgimento di Scajola in questa vicenda”.

L’avvocato Perroni è stato a colloquio con Scajola due ore nel carcere di Regina Coeli a Roma. ”L’ex ministro sta bene, abbiamo parlato principalmente del processo e poi del più e del meno - ha detto Perroni dopo il colloquio - Sull’archivio e sulla lettera di cui parlano tanto i giornali io non so niente. Noi conosciamo le vicende che ci sono state contestate a Roma e per le quali si è già svolto l’interrogatorio. Quella lettera non è stata sequestrata a noi e quindi non siamo in grado di fare nessun commento”.

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