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Caso Orlandi, quando legale famiglia chiedeva a promotore vaticano di essere ascoltata

Le parole dell'avvocato Laura Sgrò all'Adnkronos

Fotogramma /Ipa
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15 aprile 2023 | 17.14
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Il legale della famiglia Orlandi, l'avvocato Laura Sgrò, ha opposto il segreto professionale al promotore di giustizia che voleva ascoltarla nell'ambito della nuova indagine voluta dal Santo Padre e aperta Oltretevere sulla scomparsa di Emanuela. Un atteggiamento che ha destato stupore nella magistratura vaticana vista la battaglia senza sosta - giudiziaria e mediatica - condotta dalla Sgrò al fianco di Pietro Orlandi proprio per poter essere ascoltati dagli inquirenti: riportando la notizia, Vatican News sottolinea come "inaspettatamente e sorprendentemente" l'avvocato abbia deciso "di non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata", rifiutandosi di "riferire da chi lei e Pietro Orlandi abbiano raccolto le voci sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione 'Di martedì', 'la sera se ne usciva in con due suoi amici monsignori polacchi' e ‘non andava certo a benedire le case’”.

Sgrò, interpellata dall'Adnkronos, ha spiegato: "Ho scritto una mail l’11 gennaio 2023, due giorni dopo la notizia appresa a mezzo a stampa dell'apertura delle indagini da parte del Vaticano, in cui si chiedeva un incontro per portare nuovi elementi ma è chiaro che facevo riferimento a Pietro Orlandi, mio assistito, e non a me, essendo tenuta al segreto professionale".

Tuttavia, questa versione sembra essere in contraddizione con le dichiarazioni rilasciate negli ultimi mesi dal legale della famiglia Orlandi. Proprio l'11 gennaio, infatti, Sgrò, parlando all'Adnkronos, spiegava: "Nell'istanza che ho appena depositato in Vaticano non ho allegato la chat, che chiedo di mostrare da un anno. Quella la consegnerò personalmente al promotore di giustizia Alessandro Diddi. Oggi ho semplicemente consegnato al suo ufficio l'ennesima richiesta di un incontro. Poche righe in cui chiedo un confronto in seguito alle notizie date dalla stampa in merito all'apertura di un fascicolo, uno scambio di informazioni".

Facendo riferimento a una chat su WhatsApp, risalente al 2014, tra due persone molto vicine al Papa che "parlavano della presenza di documenti che riguardavano Emanuela, come di un problema che andava risolto", l'avvocato aggiungeva: "Sono andata proprio nel suo ufficio, di Diddi. Speravo di incontrarlo anche solo in ascensore ma non sono stata fortunata. Mi aspetto un incontro tempestivo. Le chat vorrei consegnarle direttamente a lui".

Dello stesso tenore le dichiarazioni rilasciate a Fanpage l’11 gennaio. "Ho chiesto, per l'ennesima volta, di poter incontrare il promotore di giustizia Alessandro Diddi, in seguito alle notizie date alla stampa sull'apertura del fascicolo. Mi aspetto un incontro tempestivo. Vorrei consegnargli personalmente le chat e altri documenti. Non mi aspetto una risposta immediata da parte di Diddi ma confido che mi convochi quanto prima: perché se io dico che ho delle prove, tu hai il dovere di ascoltarmi".

Anche a "Porta a Porta", la trasmissione di Bruno Vespa su Raiuno, l’avvocato Sgro aveva precisato di voler interloquire direttamente con il promotore di giustizia Alessandro Diddi circa lo scambio di messaggi telefonici tra due persone molto vicine al Papa nel 2014: "Chiediamo al promotore di giustizia che ci chiami quanto prima per fornire loro non solo questo pezzo del puzzle ma anche altri pezzi". Pochi giorni prima a "Di Martedì", su la 7, il legale della famiglia Orlandi affermava: "Siamo contenti che l'indagine sulla scomparsa di Emanuela è stata riaperta, ci piacerebbe avere un confronto con l’ufficio del promotore, ci hanno risposto che saremmo stati convocati dopo la fine delle indagini delegate. Quindi le prove che abbiamo noi in mano debbono aspettare la chiusura delle indagini”.

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