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Accademia della Crusca: "Potenziare l'insegnamento della lingua italiana"

(Infophoto) - PRISMA
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22 novembre 2015 | 17.35
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"La lingua italiana è quella che ci fa popolo italiano, e che fa italiani anche i nuovi italiani che arrivano da altre nazioni e continenti". Lo ha sottolineato il professore Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca, intervenendo sul tema "150 anni della lingua d'Italia", chiedendo alle istituzioni e alla scuola di impegnarsi maggiormente per sostenere e diffondere la conoscenza dell'italiano parlato e scritto.

"Nel 1861 lingua italiana, che pure esisteva ed era servita per produrre capolavori letterari, difettava di popolarità, e quel difetto era segno di un problema politico-sociale enorme, che a stento è stato superato in 150 anni. Ancora oggi il rapporto Piaac dell'Ocse segnala uno scarto tra la capacità di comprendere un testo propria degli italiani e quella della media dei cittadini di altre nazioni d'Europa", ha detto Marazzini.

"La posizione negativa degli italiani nel rapporto dell'Ocse non deve tuttavia essere motivo si sconforto - ha evidenziato l'illustre linguista - ma deve valere come sprone a considerare le ragioni storiche di un divario, e quindi intervenire ancora con decisione sulle strutture scolastiche per potenziare la capacità linguistica dei cittadini nelle forme più utili, non solo per la degustazione raffinata dei testi letterari, ma coltivando la lingua in quanto strumento di comunicazione, di ragionamento, di scambio civile e sociale".

Dopo un lungo excursus storico, Marazzini ha osservato che "discutere di lingua volle dire cercare di organizzare una scuola migliore, riformare le istituzioni per creare un'Italia più moderna, più europea". Il presidente della Crusca si è poi soffermato sul lungo dibattito circa la lingua nazionale che si è svolto tra gli studiosi nell'ultimo secolo e mezzo e quante siano state le iniziative per la sua diffusione e una migliore comprensione. "Possiamo dire che la cultura dell'Italia repubblicana ha realizzato straordinari strumenti di consultazione, relativamente alla lingua, che prima mancavano", ha commentato Marazzini.

"L'italiano moderno ha dunque gli strumenti di consultazione che ci si aspetta esistano per una lingua europea di una nazione ricca di 60 milioni di parlanti, una lingua che è la quarta studiata nel mondo, e a cui ci si accosta non di rado proprio per poter leggere testi di grande peso culturale, che richiedono appunto la consultazione di strumenti raffinati - ha evidenziato il presidente dell'Accademia della Crusca - Una lingua di cultura non si presenta nuda come lingua di popolo, ma va accompagnata dai libri con cui studiosi e ricercatori la fanno crescere, e dai libri che ne illustrano le caratteristiche e ne raccolgono le risorse: il vocabolario, appunto, in cui per quattrocento anni si è distinta la nostra Accademia, dopo che fu suo merito l'aver inventato e realizzato nel 1612 il primo grande vocabolario di una lingua europea".

Per questo tra i progetti dell'Accademia di Firenze c'è il ritorno, dopo le cinque edizioni della Crusca, alla lessicografia generale, "nostra vocazione originaria: non a caso abbiamo messo in cantiere il corpus in vista del nuovo grande vocabolario dell'italiano post-unitario, l'italiano dei 150 anni".

"Allora potremmo chiederci come sia questa lingua d'Italia dopo più di 1000 anni, dopo 154 anni di nazione politicamente unita, da cui si ricava che nella storia della nostra lingua solo il 14% del cammino, e solo nella parte finale, è stato compiuto in una situazione in cui lingua e stato politico formassero un unico binomio".

Il linguista Tullio De Mauro ha ricordato che con il Trecento e con Dante Alighieri il 90% del vocabolario fondamentale dell'italiano era già costituito, e che solo il 14% delle parole della Divina Commedia ha avuto in sorte l'obsolescenza. "Noi parliamo ancora la lingua di Dante, e Dante ci è in questo senso contemporaneo. La lingua italiana risuona oggi nelle fabbriche, nei commerci, nelle industrie, nelle scuole, nei laboratori, nei giornali e periodici, nelle sedi in cui si dibatte di politica e di convivenza civile", ha commentato Marazzini.

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