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150 tavoli crisi aziendali al Mise, 140mila addetti coinvolti

Fonti, casi difficoltà sono molti di più, ma in ultimi mesi segnali positivi da investitori.

Il ministero dello Sviluppo economico
Il ministero dello Sviluppo economico
11 luglio 2014 | 18.37
LETTURA: 3 minuti

"Le situazioni di difficoltà delle aziende in tutta Italia sono molte di più di quante noi riusciamo a seguire. Attualmente, abbiamo circa 150 tavoli di crisi aziendali 'attivi', per i quali cioè abbiamo avuto almeno una riunione negli ultimi 12 mesi qui al ministero dello Sviluppo economico, per un totale di circa 140mila lavoratori. E' il numero massimo di tavoli che riusciamo a gestire. Ma le vertenze di aziende in difficoltà in Italia sono molte di più". Così fonti qualificate del ministero dello Sviluppo economico spiegano, a Labitalia, i 'numeri' dell'attività della Struttura per le crisi d'impresa del ministero di via Veneto, che, dalla sua attivazione nel 2008 ad oggi, ha 'aperto' oltre 700 tavoli di crisi aziendali.

L'obiettivo della struttura, spiegano le fonti, è "risolvere le crisi, rilanciare le aziende". "I tavoli più importanti al momento aperti - riferiscono - sono quelli su Termini Imerese, la Lucchini di Piombino e a quella di Trieste, fino ad arrivare alla vertenza 'sarda' con Alcoa, Euroallumina e il Sulcis. E poi ancora l'Ast di Terni per la quale la prossima settimana avremo un incontro importante con Thyssen".

Negli ultimi mesi al Mise si registrano segnali positivi. "La cosa importante in questa fase è che rispetto ai mesi scorsi -spiegano ancora le fonti- notiamo più interesse da parte di potenziali investitori per le aziende in difficoltà, come ad esempio sta avvenendo per un'azienda del Reatino che produceva pannelli fotovoltaici, la Solsonica. In precedenza passavano mesi senza che nessuno si facesse avanti".

Fondamentale, per l'attività della struttura di crisi, è il rifinanziamento della cassa in deroga. "La cassa in deroga -concludono le fonti- è necessaria per sostenere quei processi di reindustrializzazione che stiamo sostenendo. Ci sono lavoratori, a Termini Imerese, come in altre realtà, che non hanno più ammortizzatori sociali e quindi la cassa in deroga resta l'ultimo modo per tenerli 'attaccati' al sito produttivo mentre si opera per la reindustrializzazione".

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