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L’Ai distruggerà il 90% dei lavori, parola di Aranzulla

Cosa faremo nei prossimi dieci anni? Secondo l’esperto di coding l’Ai renderà inutile la maggior parte dei lavori

Salvatore Aranzulla - Fg
Salvatore Aranzulla - Fg
04 giugno 2024 | 10.53
LETTURA: 3 minuti

Il 50% dei lavori che viene fatto in ufficio è già inutile. Con l’Ai questa soglia sale al 93%. La domanda vera è capire cosa faranno le persone nei prossimi cinque o dieci anni. Anche un sito come Aranzulla.it potrebbe non avere più senso. Ad affermarlo è Salvatore Aranzulla, il noto blogger di contenuti tecnologici, intervistato al podcast di Bsmt di Gianluca Gazzoli. L’esperto di coding è molto scettico e pensa che con l’Ai i lavori e le persone dovranno essere ripensate: “Finirà malissimo. Non sono per nulla ottimista”.

La preoccupazione di Aranzulla

“Perché dovrei consultare un sito del genere se posso consultare l’Ai per chiedergli informazioni sulla configurazione della stampante – ha risposto l’esperto, interrogato dall’intervistatore sul tema -? L’Ai ti risponderà in maniera puntuale e precisa, piuttosto che leggere un articolone enorme come il mio e cercare la sezione che riguarda il tuo pc”.

Nel caso degli autori di siti internet e blog, Salvatore Aranzulla si domanda: “Nel caso del mio ambito è capire come questa Ai pagherà il nostro lavoro. L’Ai non inventa, ma va a rubare delle informazioni dai siti esistenti. Se Aranzulla.it non esisterà più l’Ai dove prenderà le informazioni?”

Cosa faranno le persone nei prossimi 5-10 anni?

“Su ogni singolo ambito lavorativo ci sono report che stimano quanto siano sostituibili i dipendenti e i professionisti. Riportano dati elevati come l’80% di probabilità di sostituzione. Anche una redazione di un quotidiano, in cui spesso vengono rielaborati i comunicati stampa o le notizie di economia, ad esempio, perché dovrebbero rimanere persone a scrivere un articolo?”, si chiede l’esperto IT.

Quindi cosa faranno le persone nei prossimi anni? “Bisognerà dare uno scopo a chi si sveglia la mattina. Io oggi porto avanti la mia famiglia e il mio lavoro, risolvo i problemi della sera prima, cresco mia figlia. Se la metà di ciò non dovesse più esistere che scopo avrò la mattina? Non sono per niente ottimista. Finirà male”.

L’Ai sostituirà i lavoratori?

Uno degli studi più recenti è quello dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, secondo il quale, da qui a dieci anni, le macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone solo in Italia. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato progetti Ai e lo stesso mercato dell’Ai cresce in maniera veloce: +52% nel 2023, per un valore di 760 milioni di euro. Molto indietro restano, per ora, le piccole e medie imprese: solo il 7% sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha attivato almeno una sperimentazione. Dal punto di vista dei lavoratori, poi, ben il 77% degli italiani guarda con timore all’Ai, soprattutto in relazione ai possibili impatti sull’occupazione.

Un intervento dalle istituzioni si è reso necessario con l’Unione europea precorritrice sulla legislazione legata all’Ai. Ai Act ha definito l’intelligenza artificiale “come un sistema automatizzato progettato per funzionare con livelli di autonomia variabili e che può presentare adattabilità dopo la diffusione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce dall’input che riceve come generare output quali previsioni,

contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. La legislazione Ue segue un approccio basato sul rischio vietando quei sistemi che hanno rischi inaccettabili; requisiti precisi per sistemi ad alto rischio prevedono una valutazione di conformità e una supervisione umana e infine sono ammessi con regole meno stringenti quei sistemi a basso o minimo rischio.

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