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Il diario della Parigi-Dakar: Giraldi racconta il 'lato B' del rally

La corsa dal punto di vista degli ultimi: "È dura ma l’organizzazione è molto efficiente per cui è un avventura che nonostante girante dure come quella di ieri ne vale sempre la pena"

Il diario della Parigi-Dakar: Giraldi racconta il 'lato B' del rally
08 gennaio 2025 | 09.32
LETTURA: 5 minuti

"Il lato B della Dakar, la Dakar degli ultimi, un po’ quella che faccio io". E' lei la protagonista oggi del diario giornaliero di Iader Giraldi, che quest’anno partecipa alla Dakar rally in Arabia Saudita.

"Quando partono i primi piloti - spiega -innanzitutto la strada non è segnata e fa tracciata come si dice in gergo... ovvero il primo pilota, attraverso la navigazione con il RoadBook , interpreta quella che è per lui la strada giusta. Da dietro poi arrivano i follower che hanno lo stesso RoadBook ma possono decidere di seguire la traccia o meno. Quando arrivano gli ultimi piloti si vedono le magagne. Si vede se i primi hanno sbagliato. Si vedono più tracce. Allora inizia il casino. Unico modo è quello di fare i follower critici. Si confronta la propria interpretazione con quella che si vede a terra e si decide cosa fare. Comunque questo processo intellettuale toglie energie a chi deve correre per conquistare la vittoria. Poi ci siamo noi, gli ultimi che forse hanno meno problemi di navigazione ma certamente incontriamo strade e sentieri distrutti come nella tappa di ieri.

"Quando passo io sono un po’ come una Motoscopa, trovi il pilota che ha finito la benzina, ma tu non sempre gliela puoi dare perché poi ti trovi nella stessa situazione. Oppure trovi il pilota fermo che gira intorno guardando per terra, oramai lo riconosco, è un classico, anche se la moto è ferma e magari sul cavalletto è appena caduto e in stato confusionale, oppure trovi quello che si è fatto male seriamente e che devi soccorrere, e soprattutto chiamare i soccorsi. Noi nella moto abbiamo già installato un satellitare dell’organizzazione che ci consente di chiamare emergenza, vogliono sapere la situazione e ti danno consigli di primo intervento e mandano subito elicottero".

"L’altro ieri sono arrivato con un pilota in ginocchio che vomitava e urlava come un matto. Si era rotto braccio e spalla e probabilmente era in commozione celebrale. Con le ruote stava nel fosso fatto dalle moto precedenti che era però in parte coperto da una polvere sottilissima, tipo farina che si chiama fesh fesh, e spesso nasconde gradoni alti anche 30 cm che ti spaccano il cerchio e ti fanno volare".

" L’organizzazione della Dakar è efficientissima. Ha una squadra di quasi 20 elicotteri sparsi sul campo e circa 300 persone di primo soccorso aereo, più un ospedale da campo munito di tac, risonanza magnetica e ogni tipo di esame. Il lato B della Dakar è duro ma l’organizzazione è molto efficiente per cui è un avventura che nonostante girante dure come quella di ieri ne vale sempre la pena, in questo senso pena vera, non solo modo di dire".

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