In collaborazione con Siams, Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità
Le dimensioni del pene, nella storia dell’uomo, sono considerate da sempre un simbolo di virilità e rappresentano, anche nell’immaginario collettivo moderno, l’espressione più tangibile della potenza sessuale dell’uomo. A riprova di ciò, un recente studio di Murat Gül e collaboratori ha analizzato come dal Rinascimento a oggi si sia modificata la rappresentazione del nudo maschile, in cui le dimensioni del pene (valutate in modo obiettivo in rapporto alle dimensioni dell’orecchio o del naso) siano aumentate nel tempo, specialmente dopo il XX secolo. Nonostante sia più probabile che questo fenomeno rappresenti l’espressione del mutamento dei fattori socioculturali avvenuto nei secoli e la conseguente diversa percezione soggettiva delle dimensioni del pene, legata a fattori culturali più che biologici, non è da escludere che ci sia dell’altro.
A questo proposito, lo studio italiano di Belladelli e collaboratori, recentemente pubblicato sulla rivista The World Journal of Men’s Health, ha investigato, attraverso la metanalisi di 75 diversi studi condotti tra il 1942 e il 2022, l’andamento geografico e temporale delle dimensioni del pene, coinvolgendo 55.761 uomini (di età compresa tra 18 e 86 anni) da tutto il mondo. Lo studio, che ha preso in considerazione solo le misurazioni effettuate in modo rigoroso da un medico (escludendo quindi gli studi in cui le misurazioni venivano riportate dal paziente), ha evidenziato una singolare tendenza all’incremento dimensionale del pene in erezione nel corso delle diverse decadi, che ha raggiunto il 24% nell’arco degli ultimi 29 anni. Le motivazioni biologiche dietro a questa osservazione non sono chiare. Da un lato, potrebbe riflettere l’anticipo dell’epoca puberale che si è osservato negli ultimi anni, quest’ultimo legato al miglioramento delle condizioni socioeconomiche della popolazione dopo la metà del XX secolo. Dall’altro, non è da escludere che l’esposizione a sostanze inquinanti ad azione ormonale presenti nell’ambiente (i cosiddetti “interferenti endocrini”), che può avvenire anche in epoca prenatale, possa avere un ruolo in questo fenomeno, come suggerito dall’aumentata incidenza, in epoca recente, di patologie gonadiche come tumore testicolare, infertilità e malformazioni congenite. È opinione degli autori, peraltro condivisibile, che siano condotti ulteriori studi per mettere in luce questi potenziali aspetti negativi.
In aggiunta, sono emersi i limiti della misurazione del pene in condizioni di flaccidità (sia che venga misurato in condizioni basali che “stirato”), condizionate da numerosi fattori legati al paziente (compresa l’età) e all’operatore (es. la forza che viene applicata per “stirare” il pene). Inoltre, la misurazione del pene in erezione spontanea (non stimolata farmacologicamente) appare di difficile applicazione. Emerge pertanto che la misurazione del pene in erezione dopo stimolazione farmacologica rappresenti l’alternativa migliore, quando sia necessario condurre questo tipo di valutazioni.
In conclusione, i risultati di questo studio mettono in luce un’insospettata tendenza all’incremento delle dimensioni del pene osservata nelle ultime decadi che appare meritevole di ulteriori approfondimenti e di eventuali interventi di salute pubblica. Collateralmente, emerge che la misurazione del pene in condizione di flaccidità, per quanto pratica, sia poco riproducibile e non dovrebbe essere considerata a fini di studio.