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Novi Ligure

Pernigotti chiude

(Foto dal sito internet della Pernigotti)
(Foto dal sito internet della Pernigotti)
07 novembre 2018 | 13.19
LETTURA: 6 minuti

La storica fabbrica della Pernigotti di Novi Ligure (Alessandria) sta per chiudere. Sono in 100 a rischiare il posto di lavoro su 200 dipendenti. Ad avvisare i sindacati dell'avvio della procedura di licenziamento collettivo è stata ieri la proprietà, il gruppo turco Toksöz, durante un incontro. La volontà è quella di mantenere in Italia solo la rete marketing volta a sostenere la vendita, tuttavia, dei prodotti fatti in Turchia. "C'erano state delle avvisaglie ma mai avremmo immaginato che si fosse già arrivati a una decisione così grave", spiega all'Adnkronos Deny Vair della Flai Cgil che aggiunge: "Ora si aprono diversi scenari".

In mattinata c'è stato un incontro con il sindaco di Novi Ligure. "L'azienda ci ha chiuso la porta in faccia. Il nostro obiettivo ora è ottenere la Cassa integrazione straordinaria per le imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa che ci darebbe un anno in più e quindi più tempo per cercare di rilanciare l'azienda", dice all'Adnkronos Marco Malpassi, segretario Flai Cgil, presente all'incontro di ieri.

La normativa di riferimento dei licenziamenti collettivi è contenuta nella legge numero 223 del 1991. La procedura dura 75 giorni: nei primi 45 viene fatto un esame congiunto tra i rappresentanti sindacali e quelli aziendali; nel caso in cui non fosse trovato un accordo soddisfacente per entrambi le parti, nei restanti 30 giorni le parti vengono convocate per un ulteriore esame dal direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale può anche formulare delle proposte per la realizzazione di un’intesa. Solo terminata questa fase, a prescindere dal raggiungimento di un accordo sindacale, l’impresa può procedere al licenziamento dei lavoratori. "Noi chiederemo prima di tutto il ritiro della procedura. In ogni caso stiamo ancora decidendo cosa fare", sottolinea Vair affermando ancora: "Non è possibile che una proprietà decida di comprare un marchio italiano (nel 2013, ndr) senza fare investimenti. C'è stato uno sbilanciamento tra produzione e sistema vendita: gli operai sono solo 55 su 200 impiegati (compreso il commerciale). Si è sottovalutata la produzione". E conclude: "Ci si può anche appoggiare ma chi lavora nella fabbrica ha un know how che altri non hanno. La qualità della produzione è migliore se fatta all'interno dell'azienda".

"I turchi avevano già trovato una situazione critica - spiega Malpassi - trattandosi di un'azienda per lo più di ricorrenza", con una produzione legata soprattutto a Pasqua e Natale. "Ma da parte loro non sono mai arrivati gli investimenti promessi, a parte qualcosa nel marketing. E così sono arrivati 10 milioni di perdite all'anno, quindi 50 milioni negli ultimi 5 anni- aggiunge il sindacalista - quindi parliamo di una gestione pessima". "Ora loro si vogliono tenere stretto il marchio - sottolinea il segretario Flai Cgil che si sta recando nella fabbrica di Novi Ligure in assemblea permanente - già producevano la Crema Pernigotti in Turchia, ora vogliono esternalizzare anche il resto. Ci si chiede cosa diventerà a questo punto il prodotto, in cui la materia prima è fondamentale".

La nota dell'azienda - In una nota l'azienda conferma di aver presentato richiesta di cassa integrazione straordinaria per 100 dipendenti per un anno, dal prossimo 3 dicembre al 2 dicembre 2019. "Le cause di tale decisione risiedono, nella situazione di crisi che Pernigotti  sta attraversando, determinata dal calo dei volumi di vendita e dal correlato decremento del fatturato che l'azienda non è riuscita a contrastare nonostante le azioni finora implementate a sostegno del business", si legge.  Il piano, annunciato ieri dall'azienda ai sindacati, prevede interventi sia di carattere economico sia di carattere organizzativo. I primi, spiega la nota, "'consisteranno nell'immediata cessazione di attività inefficienti che hanno finora impattato negativamente sul conto economico dell'azienda e sul fabbisogno finanziario di breve e medio periodo". La seconda tipologia di interventi, invece, riguarderà "la riorganizzazione di alcune attività al fine di ottenere una maggiore efficienza e di conseguenza impatti positivi sia sul risultato economico che sui flussi di cassa". Nel dettaglio, saranno ridefinite iniziative commerciali, verranno centralizzate le attività amministrative e di backoffice e si procederà alla cessazione delle attività produttive presso lo stabilimento di Novi Ligure. A garanzia della salvaguardia del brand, la nota comunica poi che "l'azienda continuerà nella distribuzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, mentre procederà all'individuazione di partner eccellenti a cui affidare la produzione dei propri articoli". Quanto all'occupazione, la nota conclude precisando che l'azienda "intraprenderà tutte le azioni necessarie a limitare quanto più possibile le conseguenze sociali di questo piano. Pertanto  esplorerà e valuterà tutte le ipotesi, adoperandosi affinché il personale possa essere ricollocato presso aziende operanti nel medesimo settore o terzisti durante o al termine del periodo di cigs, nel pieno rispetto della procedura".

La storia - La lunga tradizione Pernigotti inizia nel 1860 con l'apertura a Novi Ligure di quella che presto diventerà una delle drogherie più rinomate del Piemonte, si legge sul sito. La qualità delle lavorazioni proposte porta in soli otto anni il suo fondatore, Stefano Pernigotti, a dare vita alla società Pernigotti & Figlio, aprendo la fabbrica che sarà un simbolo e un punto di riferimento per la città. A conferma del successo e del prestigio della sua offerta dolciaria, nel 1882 la società viene insignita con l’onorificenza dello Stemma Reale che la accredita ufficialmente come fornitore della Real Casa.

Nel 1914, con l’inizio della Prima guerra mondiale, viene proibito l’uso dello zucchero nella preparazione di prodotti dolciari. Con intuizione e maestria, Paolo Pernigotti modifica allora la ricetta del Torrone, sostituendo lo zucchero con una quantità di miele più concentrata, ottenendo così un prodotto dal gusto e dalla consistenza unici. Il 1927 è un anno di svolta per l’azienda. Ha inizio infatti la produzione del grande classico della tradizione dolciaria piemontese: il Gianduiotto, che fonde cacao e pasta di nocciole e che diventa uno dei simboli più apprezzati della tradizione italiana nel cioccolato.

Negli anni successivi la ricerca Pernigotti non si arresta e l’azienda cresce, cambia sede e continua a proporre prodotti che entrano nella storia e nelle case di tutti gli italiani come il Cremino, le Pepitas e il Nocciolato, per arrivare negli anni ’70 a essere una delle più importanti realtà nel settore del cioccolato.

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