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Sanità, pazienti: "Oltre a telemedicina puntare su alfabetizzazione digitale"

Apmarr, Anmar e Apiafco sulla e-health, 'serve interoperabilità, non solo piattaforme'

(Fotogramma)
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24 luglio 2021 | 13.59
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Risorsa, opportunità da non perdere. È la telemedicina, e in generale la e-health, vista dalle associazioni dei pazienti. Nel caso specifico, Apmarr, Anmar e Apiafco, tra le protagoniste del webinar “Salute Digitale. L’innovazione nella cura delle malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”, promosso da Ucb Italia.

“La medicina digitalizzata è un’opportunità che non possiamo perdere – sostiene Valeria Corrazza, presidente Apiafco (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza) – un fenomeno in costante evoluzione. Ma perché abbia successo serve un cambiamento culturale del sistema che pensi a un’implementazione continua con uno sviluppo di nuove conoscenze. Ma bisogna considerare il livello di confidenza nella tecnologia di tutti gli utilizzatori, medici, pubblica amministrazione e pazienti. L’implementazione del digitale in medicina non può prescindere da un engagement consapevole e partecipe del paziente”. “Le associazioni sono coinvolte nello sviluppo di tecnologie nell’assistenza di pazienti e caregiver che le utilizzeranno – continua la presidente –. Dovremmo utilizzare queste tecnologie nei percorsi di assistenza, di cura e di accesso in modo tempestivo e coordinato. Credo che serva anche il coinvolgimento delle società scientifiche. I sistemi operativi devono colloquiare per il trasferimento dei dati più che dei pazienti. I Fascicoli sanitari elettronici e la telemedicina devono essere delineati in un percorso digitale semplice e sicuro per quanto riguarda i dati sensibili”.

E ancora: “Durante l’emergenza in circa 200 Asl – ancora Corrazza – gli operatori hanno sviluppato delle piccole piattaforme usando dei sistemi, come ad esempio Skype, che non sono nati per la sanità. Visto però il gradimento di medici e pazienti sono state acquistate piattaforme dedicate. C’è però da rispettare l’interoperabilità dei dati dei sistemi informativi delle aziende sanitarie perché scambino i dati in completa sicurezza. Alla luce delle esperienze fatte, ripartiamo da tre, non da zero, perché sono già stati utilizzati il teleconsulto, la teleassistenza, la telerefertazione, monitoraggio da remoto, un avvicinamento digitale tra il medico e i pazienti. Se sarà affrontato da chi deve prendere decisioni in modo coordinato, utilizzando la medicina digitale potremmo avere un grandissimo ritorno per la salute del paziente”.

“La telemedicina può offrire tanto, evita problemi di spostamento – spiega Antonella Celano, presidente di Apmarr (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) – aiuta ad abbattere le liste di attesa, consente al paziente di interagire con il medico anche a distanza. Anche coloro che vivono in zone impervie, quando il 5G andrà a regime, potrebbero avere maggiore accesso al sistema sanitario. Tuttavia, alcuni pazienti non la percepiscono come una grande innovazione”. Ma oltre alla telemedicina, secondo le associazioni dei pazienti ora è tempo di puntare sulla alfabetizzazione digitale. “Se non abbiamo un’adeguata preparazione – ammette Celano – non possiamo usare gli strumenti digitali. Ci sono persone che non hanno attivato lo Spid e così non possono vedere il Fascicolo sanitario elettronico”. E sul Fascicolo sanitario elettronico: “Ha grandi potenzialità ma non è implementato” aggiunge Celano.

“Durante il lockdown mi sono sentita abbandonata – ricorda Silvia Tonolo, presidente di Anmar (Associazione Nazionale Malati Reumatici) – quando non esisteva nulla, se non il whatsapp o la semplice mail per raggiungere il mio medico specialista. Inoltre, il medico di medicina generale le nostre patologie le conosce molto poco. È evidente che il medico di medicina generale non ha la possibilità di interagire con gli altri specialisti che si occupano della malattia come la mia. Si lavora a silos. La telemedicina senza interoperabilità la facciamo per chi? Io posso essere una paziente reumatologica con compromissione dermatologica, quindi se il reumatologo e il dermatologo non si parlano, non riesco a mettere i loro dati in interoperabilità insieme a quelli del medico di medicina generale, di conseguenza non posso avere la cura migliore. Serve una spinta per fare in modo che la digitalizzazione sia impiegata in modo uniforme nelle diverse regioni. Serve interoperabilità, non solo piattaforme”.

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