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Trapianto del rene, ricercatori del Gemelli scoprono possibile soluzione al rigetto

Sulla rivista della Società americana di nefrologia pubblicato lo studio condotto dall'Irccs-Cattolica con le università di Bari, Foggia e Padova

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23 settembre 2020 | 11.22
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Medici e ricercatori dell'università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, e della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs hanno scoperto "un meccanismo fondamentale nello sviluppo del 70% delle reazioni di rigetto dei trapianti di rene". I risultati dello studio - condotto in collaborazione con gli atenei di Bari, Foggia e Padova, e pubblicato sul 'Clinical Journal of the American Society of Nephrology' insieme a un editoriale di commento - potrebbero aprire la strada a nuove terapie anti-rigetto utilizzando farmaci già in uso clinico con altre indicazioni.

Gli studiosi guidati da Giuseppe Grandaliano, professore ordinario di Nefrologia alla Cattolica-campus di Roma e direttore dell'Unità operativa complessa di Nefrologia del Gemelli, hanno osservato che "nel corso della forma più comune di rigetto del rene trapiantato - spiegano dal Policlinico capitolino - interviene una sorta di reazione allergica all'organo sostituito, associata a una aumentata produzione di interferone-alfa". La ricerca, in particolare, fa luce sul cosiddetto rigetto anticorpo-mediato nel trapianto renale. "Questa forma di rigetto è la causa più frequente di perdita del rene trapiantato - evidenzia Grandaliano - e nel nostro lavoro suggeriamo un nuovo modello patogenetico che potrebbe aprire la via a nuovi approcci terapeutici. Al momento, infatti, non c'è alcuna terapia codificata o approvata dalle autorità regolatorie".

Lo scorso anno - ricordano dal Gemelli - in Italia sono stati eseguiti 1.799 trapianti di rene e al 31 dicembre 2019 la lista d'attesa per questo intervento contava 6.573 pazienti, un numero rimasto costante negli ultimi 3 anni. La percentuale di fallimento del trapianto di rene a 10 anni è di circa il 40%. Insuccessi che nella metà dei casi sono legati alla morte del paziente con un trapianto funzionante, a seguito di complicanze o della malattia renale cronica (patologie cardiovascolari) o associate alla terapia immunosoppressiva (neoplasie e infezioni). L'altra metà dei 'flop' è legata invece al rigetto dell'organo trapiantato o a una ricaduta nel nuovo organo della malattia che aveva portato il paziente in dialisi. Il rigetto anticorpo-mediato, oggetto del nuovo studio, da solo rappresenta circa il 70% delle cause di perdita di funzione del rene trapiantato.

Il meccanismo fondamentale alla base di questa forma di rigetto è rappresentato dalla produzione di anticorpi di tipo IgG (immunoglobuline G) rivolti contro l'organo trapiantato. Questi anticorpi, una volta legati alla parete dei vasi del trapianto, attivano una reazione immunitaria di rigetto innescando un processo infiammatorio che porta al danno irreversibile del rene trapiantato. Nonostante la patogenesi sembri molto chiara, tutti gli approcci terapeutici utilizzati per trattare il rigetto anticorpo-mediato non hanno avuto il successo sperato e al momento non esiste una terapia codificata per questa condizione.

"Il nostro studio, partendo da un'analogia tra rigetto anticorpo-mediato e il danno renale in pazienti con lupus eritematoso sistemico (una patologia autoimmune in cui il danno renale è anticorpo-mediato) - riferisce Grandaliano - ha dimostrato che, come nel lupus, anche nel rigetto cronico anticorpo-mediato oltre alle IgG sono presenti a livello renale anticorpi della classe IgE che sono in grado di innescare una sorta di reazione allergica all'organo trapiantato attraverso l'attivazione di mastociti e basofili, cellule immunitarie il cui ruolo non era ben chiaro nel corso del rigetto del trapianto renale. Inoltre abbiamo dimostrato che questo fenomeno, così come nel lupus, è strettamente associato a un'aumentata produzione di interferone alfa".

"La nostra osservazione ha anche una potenziale ricaduta terapeutica - precisa lo specialista - Infatti, questa nuova via di danno dell'organo trapiantato potrebbe essere il target di farmaci già disponibili in commercio, che agiscono bloccando l'azione dell'interferone alfa".

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