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Abuso d'ufficio: verso l'udienza pubblica a Palazzo della Consulta

Mercoledì 7 maggio il dibattimento sulla sussistenza di profili di incostituzionalità e violazione di obblighi sovranazionali paventati dalla Corte di cassazione

Abuso d'ufficio: verso l'udienza pubblica a Palazzo della Consulta
29 aprile 2025 | 14.30
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Il reato di abuso d'ufficio, abrogato in Italia dalla riforma Nordio, legge 114 del 9 agosto 2024 che ha eliminato l'articolo 323 del Codice penale, approda la prossima settimana (mercoledì 7 maggio, giudice relatore Viganò) a Palazzo della Consulta. A rinviare la legge alla Corte costituzionale, è stata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9442/2025, in cui gli ermellini (nell'ambito di un ricorso in cui la difesa chiedeva l'annullamento di una condanna ex articolo 323 del codice penale appena abrogato), hanno autonomamente rivalutato la sussistenza di profili di incostituzionalità nella riforma Nordio, promuovendo l'incidente costituzionale; oltre che rilevato nell'abrogazione dell'abuso d'ufficio profili di illegittimità per violazione di obblighi sovranazionali da parte dello Stato italiano, specificatamente della Convenzione dell'Onu contro la corruzione adottata a Merida nel 2003 e ratificata in Italia con la legge 116/2003.

In particolare la Cassazione ha incentrato il rinvio ai giudici costituzionali sul contrasto dell’articolo 1 della legge Nordio con l’articolo 19 della Convenzione anticorruzione in quanto tale disposizione internazionale descriverebbe tra le astratte fattispecie penali da adottare da parte degli Stati proprio il contenuto dell'articolo 323 del Codice penale italiano. La riforma Nordio quindi tradirebbe gli impegni assunti dall'Italia (anche rispetto all'articolo 7) con la ratifica della Convenzione che "a differenza di altre convenzioni internazionali contro la corruzione cui aderisce lo Stato italiano, ha un impianto organico, in quanto non considera soltanto il crinale penale del contrasto alla corruzione, ma contempla un ampio novero di 'misure preventive', volte a istituire un articolato ed efficace sistema di 'politiche e pratiche di prevenzione della corruzione'".

Infatti, seppure la Convenzione preveda la possibilità di depenalizzare alcune condotte, la Cassazione rileva che l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, contrariamente a quanto previsto, non è stata compensata da altri meccanismi di tutela quali il sistema disciplinare interno alla pubblica amministrazione, lasciando di fatto una pericolosa lacuna nella lotta contro la corruzione. L'Italia, con la riforma Nordio, "ha violato l'obbligo di mantenere fermo, nella propria legislazione, il livello di efficacia nella prevenzione della legalità dell'azione amministrativa", si legge nell'Ordinanza. Ciò nonostante l'articolo 65, dedicato all'attuazione della Convenzione di Merida, renda "giuridicamente vincolante per lo stato contraente l'obbligo di adeguarsi alle previsioni della Convenzione".

L'articolata analisi della suprema Corte non ha tuttavia esentato gli ermellini dal riconoscere la validità dell’intento del Legislatore di evitare i fenomeni della paralisi della burocrazia amministrativa e della discrepanza tra il numero dei procedimenti avviati per abuso d'ufficio e quelli conclusi con una condanna. "... Il legislatore - ravvisa la Corte di Cassazione - ha inteso non irragionevolmente scongiurare la sempre maggiore diffusione del fenomeno della cosidetta burocrazia difensiva che comporta significativi riflessi negativi in termini di perdita di efficienza e di rallentamento dell'azione amministrativa, specie nei procedimenti più delicati".

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