
"E accettare la pace alle condizioni negoziate da Washington e Mosca. Inesistenti le opzioni di un invio di truppe europee sotto l'ombrello Onu o Nato"
Con lo stop agli aiuti militari americani all'Ucraina, Donald Trump "vuole costringere Zelensky alle dimissioni e ad accettare una pace alle condizioni che saranno negoziate da Washington e Mosca". Stefano Stefanini, senior advisor dell'Ispi ed ex ambasciatore alla Nato, dà questa lettura della decisione dell'amministrazione Trump di sospendere gli aiuti militari a Kiev, "sospensione che non è temporanea".
"Anche se non lo ha detto così esplicitamente e lo hanno detto altri della sua cerchia, per Trump questo è un modo per costringere Zelensky ad andarsene - dice all'Adnkronos - e per costringere l'Ucraina ad accettare una pace o un armistizio alle condizioni che saranno negoziate da Stati Uniti e Russia, con gli ucraini che non hanno la capacità di difendersi e gli europei che non saranno in grado di sopperire in maniera sufficiente".
Perché gli europei non lo saranno in alcun caso? "Se ci fosse un'assoluta volontà di farlo - replica Stefanini - questo richiederebbe un impegno enorme, non solo attingendo da arsenali semivuoti o facendo uno sforzo massimo finanziario, industriale e anzitutto politico per allungare la capacità di resistenza degli ucraini e non essere costretti a ingoiare qualsiasi tipo di pace". In questo caso, per gli europei la questione sul tavolo dovrebbe essere: "Fino a che punto possiamo arrivare nel sopperire al venir meno degli aiuti americani, che non è una sospensione temporanea, ma è la decisione di tagliare il cordone ombelicale con l'Ucraina per liberarsi di Zelensky e accettare qualsiasi pace venga messa sul tavolo?".
Stefanini definisce poi entrambe "inesistenti" le opzioni sull'invio di truppe di peacekeeping in Ucraina sotto l'ombrello Onu o l'ombrello Nato "L'ombrello Nato per gli Stati Uniti non esiste - sottolinea - Se Paesi europei dovessero inviare dei soldati e questi dovessero subire un attacco russo, l'Alleanza secondo Donald Trump non sarebbe obbligata a intervenire".
Quanto all'opzione di peacekeeper inviati sulla base di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, "difficilmente, e uso un eufemismo, potrebbe essere approvata in una sede in cui Cina, Russia e gli stessi Stati Uniti potrebbero mettere il veto". Se poi, spiega l'abasciatore parlando del dibattito interno in Italia, "la premier e il ministro degli Esteri sostengono queste opzioni in via del tutto teorica è per una speranza che non ha alcuna concretezza, dato che è probabile che il governo italiano non debba bere l'amaro calice". Per l'ex ambasciatore, infatti, "può darsi che la guerra duri a tempo indeterminato o che l'Ucraina sia costretta ad accettare un accordo che non prevede l'invio di peacekeeper".
Esiste poi anche la possibilità, al momento più remota, ragiona Stefanini che "la Russia accetti la presenza di una forza di interposizione coperta da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, nel caso in cui Trump fosse soddisfatto perché il suo piano è stato accettato e si sentisse in corsa per il Nobel per la pace, e a quel punto potrebbe dire che le truppe verrebbero dispiegato sotto l'ombrello della Nato".
L'ex ambasciatore parla anche della 'minaccia' trumpiana di un ritiro delle forze americane dall'Europa: "Aspettiamo di sentire cosa dirà stanotte nel discorso sullo Stato dell'Unione. L'ipotesi è plausibile, perché già il segretario alla Difesa Pete Hesgeth lo ha detto, pur senza dare indicazioni temporali". Secondo Stefanini, "è uno sviluppo che dovrebbe giocarsi tra adesso e il vertice della Nato all'Aja di fine giugno", tre mesi in cui dovrebbero avvenire due cose: "Il piano di pace per l'Ucraina con la prospettiva di una fine della guerra e un vertice tra Trump e Vladimir Putin".
Con alle spalle questi sviluppi, è l'analisi dell'ambasciatore, il presidente americano "si presenterebbe all'Aja dicendo cosa intende fare, ma, tenendo conto dell'accelerazione impressa in questi primi 40 giorni di mandato, non si può escludere che alcune decisioni che mettono in discussione l'impegno americano nella Nato vengano anche prese prima".
Infine Stefanini commenta gli 800 miliardi per il piano 'Rearm Europe' "Se i finanziamenti non saranno bloccati da pastoie burocratiche, si può fare, perché la volontà politica c'è". "A mio parere è strettamente una questione di finanziamento - dice - Se quella cifra viene messa a disposizione senza lacci e lacciuoli amministrativi e burocratici, se non è legata a pastoie amministrative troppo pesanti, è realizzabile". Perché, spiega Stefanini, "è urgente dotarci di capacità militari che non abbiamo ed è altrettanto urgente, anche se questo sviluppo avverrà in tempi un po' più lunghi, rafforzare l'industria della difesa europea".
E tutto questo, è il monito dell'ex ambasciatore alla Nato, "non può permettersi i tempi relativamente più lunghi del Pnrr, occorre che questo programma proceda più rapidamente rispetto a quanto avvenuto con gli esborsi del Recovery Fund, che erano sicuramente importanti perché si trattava di far ripartire l'economia europea" dopo il Covid. Ma oggi, sottolinea, "è altrettanto urgente darsi una capacità di difesa rapida e immediata, che non conti più sugli americani".
Stefanini si dice convinto che "la volontà politica ci sia: c'è sicuramente da parte della Commissione che ha proposto questo piano, c'è da parte francese e, presumibilmente, anche da parte della Germania, che si trova in una fase di transizione, e di altri Paesi come la Polonia". "Penso che ci sia anche da parte italiana", una volta accettato a Bruxelles il principio dello scorporo delle spese per la difesa dal Patto di stabilità, conclude l'ambasciatore, ricordando come su tutto questo "pesi l'incognita di quello che succederà in Ucraina".